2021-04-18
La Procura di Bergamo contro l’Oms: «Intralcia l’indagine sulla pandemia»
H.Cunningham/Getty Images
Nessuna risposta alla rogatoria dell'8 marzo dell'inchiesta sulla mancanza di un piano anti Covid. «Testimoni invitati a non presentarsi». Continua la strategia del silenzio dopo la censura del report sugli errori dell'Italia.Viste le circostanze, non risulterebbe inopportuno un cambiamento di nome: l'Oms andrebbe ribattezzata Organizzazione mondiale del silenzio. Basterebbe citare, a questo proposito, il comportamento tenuto da alcuni funzionari piuttosto in vista dell'istituzione sull'ormai famoso report realizzato da Francesco Zambon e altri studiosi riguardo la gestione italiana del Covid. Il direttore vicario Ranieri Guerra (attualmente «consigliere speciale») ha brigato per censurare il documento, considerato imbarazzante per il governo italiano. Su indicazione del capo di gabinetto del ministro Roberto Speranza, Guerra si prodigò per «far morire» il report, cioè per seppellirlo sotto una coltre di silenzio istituzionale dopo averlo ritirato dal Web. Non è tutto. Cristiana Salvi, una responsabile della comunicazione di alto profilo dell'Oms, si prodigò affinché il report fosse per lo meno ridimensionato. Lo definì «una bomba mediatica» e, assieme a Guerra, propose 106 modifiche utili a non irritare l'esecutivo giallorosso, che avrebbe potuto trovare fastidiose le critiche presenti nel testo.Una certa predisposizione al silenzio, tuttavia, riguarda anche gli altissimi dirigenti dell'Oms. Quando la storia del report esplose a livello globale, l'organizzazione inviò a tutti i dipendenti un memorandum contenente una serie di risposte preconfezionate allo scopo di scansare le domande dei giornalisti sulla vicenda. Nel frattempo, il direttore generale Tedros Adhanom e il direttore europeo Hans Kluge non sono stati esattamente un esempio di loquacità, anzi: hanno evitato il più possibile la questione e, quando se ne sono occupati, hanno tentato di scaricare le responsabilità. Non è finita qui. Apprendiamo infatti che la regola del silenzio non è stata applicata soltanto nei confronti dei media, ma pure verso i magistrati italiani. A Bergamo, infatti, la Procura da tempo lavora sul modo in cui le autorità italiche hanno affrontato la prima ondata di Covid. Come noto, nell'ambito dell'inchiesta è indagato, tra gli altri, Ranieri Guerra, con l'accusa di aver fornito false informazioni agli inquirenti. Come è facile intuire, infatti, ai fini delle investigazioni è centrale la faccenda del piano pandemico che - ormai è acclarato - non è mai stato aggiornato né applicato dal ministero della Salute (a certificare l'inadempienza è stato, per primo, proprio il report di Zambon e soci). Dunque per i pm bergamaschi è fondamentale chiedere lumi in materia ai rappresentanti dell'Oms. Solo che i funzionari non sembrano essere molto disposti a collaborare. «Attendiamo fiduciosi che ci venga data risposta alla rogatoria inviata all'Oms oltre un mese fa, ma fino a oggi è stato un muro di gomma con noi», ha detto all'agenzia Reuters il procuratore aggiunto di Bergamo, Maria Cristina Rota. Quella rogatoria contiene una serie di domande molto precise e fondamentali ai fini dell'indagine. Gli investigatori l'hanno inviata a Ginevra l'8 marzo scorso, ma ancora non hanno avuto risposta. Secondo il portavoce dell'Oms, Christian Lindmeier, «è prassi dell'Oms assistere sempre le autorità locali in tali questioni, se richiesto e nel modo appropriato». Sarà. Ma a noi risulta che questa sbandierata assistenza alle autorità locali non ci sia stata. Quando la censura sul report di Zambon è divenuta pubblica, i pm hanno chiesto di poter sentire il ricercatore e altri suoi colleghi. Si sono addirittura rivolti al ministero degli Esteri e all'ambasciata italiana a Ginevra per farsi aiutare. Nonostante ciò, spiega il procuratore Rota, «l'Oms non ha mai trasmesso le citazioni come testimoni ai diretti interessati e anzi ha invitato tutti a non presentarsi». Zambon ha dovuto presentarsi spontaneamente, disobbedendo agli ordini dei superiori. In compenso, a Ranieri Guerra è stato permesso fin da subito di rilasciare dichiarazioni sia agli investigatori sia alla stampa. Sarebbe sbagliato, però, concentrarsi solo sui silenzi dell'Oms. Perché ad avere la lingua annodata sono anche le autorità italiane. I pm di Bergamo, infatti, indagano per epidemia colposa e falso anche sulla Regione Lombardia, sul ministero della Salute e sull'Istituto superiore di sanità. Hanno ascoltato sia l'ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sia il ministro della Salute Roberto Speranza. E hanno convocato anche numerosi dirigenti del ministero. Il procuratore aggiunto Rota, tuttavia, ha definito «reticente» il comportamento dei funzionari ministeriali interrogati. «Noi chiedevamo a chi competesse una certa funzione all'interno del ministero e la risposta era sempre “al ministero"», ha detto.Non stupisce che i funzionari agiscano così. Dopo tutto, il primo a non dare risposte è proprio il ministro Speranza. Il quale ha sempre difeso l'operato dell'Oms, ha tentato di minimizzare la vicenda del piano pandemico e non ha mai voluto commentare il caso Guerra, anche se il suo capo di gabinetto gioca un ruolo fondamentale nella storia. In compenso, Speranza ha trovato il tempo di fare la vittima su Repubblica, lamentando feroci attacchi dalla destra. Pare persino che abbia perso 10 chili per il dolore. Davvero non ce n'era bisogno: per alleggerirsi gli sarebbe bastato dire la verità.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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