2024-05-11
La procreazione assistita cambia: l’uomo non può revocare il consenso
Nuove linee guida: resta il diritto all’impianto pure dopo il divorzio o la morte del partner.Padre comunque anche se morto o con un’altra famiglia e altri figli. È la donna che decide e il ministero della Salute lo ha messo nero su bianco nelle linee guida contenenti le indicazioni delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, come richiesto dalla legge numero 40 del 2004. In sostanza, sulla procreazione medicalmente assistita il consenso non è più revocabile dopo la fecondazione dell’ovulo e la donna può chiedere l’impianto dell’embrione anche se il partner è deceduto o se il rapporto è finito.È una delle principali novità del testo, già in Gazzetta Ufficiale. Esso sostituisce quello emanato nel 2015, che ha lo scopo di «fornire chiare indicazioni agli operatori delle strutture autorizzate all’applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita affinché sia assicurato il pieno rispetto di quanto dettato dalla legge». Previsto anche il pagamento di un canone (100-150 euro l’anno) da parte delle coppie per la conservazione degli embrioni non utilizzati, pratica finora gratuita nei centri privati.Sono 217.000, in costante aumento ogni anno, i bambini nati grazie alle tecniche di Pma da quando è entrata in vigore la legge 40 orma 20 anni fa.Nessun «potere» maschile però (a parte aver dato il seme): addirittura, si può diventare padri post mortem, o più semplicemente post divorzio, perché il consenso alla Pma non può essere revocato e la donna può richiedere l’impianto dell’embrione in ogni caso, anche di una relazione precedente, come dicono le linee guida in base e due sentenze della Corte di Cassazione (2019) e della Consulta (2023). In questo caso, la Corte costituzionale aveva dato ragione a una donna che aveva richiesto l’impianto dell’embrione crioconservato, nonostante nel frattempo fosse intervenuta la separazione dal coniuge. Questi si era opposto ritirando il consenso precedentemente prestato, ritenendo di non poter essere obbligato a diventare padre. Il giudice ha quindi sollevato la questione di costituzionalità in riferimento alla irrevocabilità del consenso. Stessa procedura per una donna che aveva vantato il diritto di utilizzare il seme crioconservato di un uomo, deceduto prima della formazione dell’embrione.Nel testo ministeriale si legge: «Per tecniche di Pma si intendono tutti quei procedimenti che comportano il trattamento di ovociti umani, di spermatozoi o embrioni nell’ambito di un progetto finalizzato a realizzare una gravidanza. Questi procedimenti, che possono essere effettuati sia con gameti della coppia sia con gameti donati, includono: la inseminazione intrauterina; la fecondazione in vitro e il trasferimento intrauterino di embrioni; la microiniezione intracitoplasmatica dello spermatozoo; la crioconservazione dei gameti e degli embrioni; la biopsia embrionale per eseguire i test genetici di preimpianto».Per qualcuno non basta. Questo diritto, secondo Ermanno Greco, presidente della Società italiana della riproduzione (Sidr), è senza dubbio una nota positiva, «ma andrebbe esteso anche alle donne single, in quanto di fatto la donna il cui partner è deceduto o è separato è una donna single». Filomena Gallo, avvocato e segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, insiste: «Noi chiediamo che siano rimosse tutte le disuguaglianze territoriali legate alla sanità regionale, che ancora non consente un equo accesso a queste tecniche su tutto il territorio italiano, e chiediamo che il nomenclatore tariffario sulla fecondazione assistita entri senza ulteriori rinvii in vigore».
Xi Jinping e Donald Trump (Ansa)