2025-04-01
«Altro schiaffo allo Stato di diritto. Ma il consenso verso il Rn crescerà»
Nicola Procaccini (Imagoeconomica)
Il copresidente di Ecr, Nicola Procaccini, sulla la condanna arrivata a Marine Le Pen: «Sentenza iniqua, Bayrou fu assolto per le stesse condotte».Per Nicola Procaccini, co-presidente di Ecr al Parlamento europeo, la condanna arrivata a Marine Le Pen, insieme a otto europarlamentari e dodici assistenti parlamentari, dichiarati colpevoli per aver firmato dei contratti fittizi, «è inquietante». «Un attacco allo stato di diritto» e un ulteriore caso in cui «in nome della democrazia, si infrange la democrazia. Uno dei più atroci paradossi dell’Unione europea e di questa epoca».Tecnicamente ora cosa succede?«Per quello che sappiamo l’ineleggibilità non comporta automaticamente la decadenza dalla carica in corso. A ogni modo, uno degli europarlamentari coinvolti è Nicolas Bay, (vicepresidente di Ecr e capo delegazione francese di Identité-Libertés di Marion Marechal, dopo aver militato per anni nel Rassemblement National). Dal punto di vista tecnico è ancora tutto da capire, è lunga: appello, sospensiva, commissione Juri». Ecr a livello disciplinare intende prendere provvedimenti?«Assolutamente no, anzi. Ho già espresso la mia vicinanza al mio parlamentare Nicolas Bay, ma anche a Jordan Bardella, copresidente del gruppo dei Patrioti con cui abbiamo un ottimo rapporto di lavoro. In generale esprimo stupore e preoccupazione per la condanna di Marine Le Pen che di fatto la estromette dalla corsa per le presidenziali. Una condanna che suona come un’aperta violazione per lo stato di diritto. Parliamo di un potere giudiziario che invade il campo della democrazia e lo fa in maniera violente e in maniera iniqua».Perché iniqua?«Perché a febbraio 2024 è stato assolto l’attuale premier François Bayrou esattamente per le stesse accuse che sono state rivolte a Le Pen. Accadeva infatti che gli assistenti locali svolgevano anche attività politica per il proprio partito nazionale. Nel caso di Bayrou questa attività è stata considerata legittima mentre nel caso Le Pen è arrivata la condanna». La decisione del tribunale di Parigi ha un peso notevole, Marine Le Pen non potrà candidarsi alla presidenza della repubblica francese per cinque anni ed era considerata la favorita al primo turno delle prossime elezioni presidenziali del 2027.«Questo fatto rende la condanna ancora più grave perché continuiamo a vedere violazioni dello Stato di diritto. Come in Romania dove viene escluso un candidato, le cui idee non mi piacciono, che già aveva vinto le elezioni al primo turno senza uno straccio di processo per il semplice fatto che veniva considerato un pericolo per la democrazia. In nome della democrazia si infrange la democrazia. È uno dei più atroci paradossi dell’Unione europea e di questa epoca».Il consenso elettorale in questi casi poi aumenta?«Esattamente. Non ci si rende conto che in questo modo l’opinione pubblica non si spaventa, anzi si rafforza e si produce una sorta di eterogenesi dei fini». In Francia come in Italia c’è un problema con il potere giudiziario? «È il solito discorso: il potere giudiziario, non essendo espressione della volontà popolare, rischia di sentirsi impegnato in una missione etica. È una dinamica inquietante. Lo abbiamo visto anche in Italia con i centri in Albania. Oggi (ieri, ndr) che il portavoce della Commissione europea per gli Affari interni, Markus Lammert ha confermato ancora una volta la bontà delle politiche migratorie messe in campo dal governo dicendo che l’ultimo decreto sui Cpr in Albania è “in linea con la legge Ue”. Non mi illudo che in Italia non ci sarà comunque una parte della magistratura che tenterà di contrastare anche questo nuovo decreto, nonostante le dichiarazioni della politica. Come in Francia anche in Italia una parte della magistratura si muove su presupposti politici perseguendo una vera e propria agenda politica. Questo lega drammaticamente Italia e Francia in uno scenario che non può che preoccupare». Per altro sul tema migrazione abbiamo una linea comune con il Rassemblement National pur stando Fratelli d’Italia nel gruppo dei conservatori e loro nel gruppo dei Patrioti».
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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