
Alzare il tetto del contante favorisce gli evasori? Sciocchezze. Le grandi frodi si fanno in altri modi. Come Finanza e Fisco sospettano abbia fatto il colosso farmaceutico, accusato di aver nascosto 1,2 miliardi di utili.«Da Meloni un regalo agli evasori», titolava ieri Repubblica. «La destra non vuole disturbare il malaffare», replicava La Stampa con un’intervista a Giuseppe Conte. «Regalo a evasori e mafie», rincarava il Fatto quotidiano. Tutto perché il presidente del Consiglio ha annunciato una revisione del tetto per i pagamenti in contanti, che oggi è fissato a due mila euro. Ma è davvero così? Sul serio lasciare che gli italiani possano usare le banconote, anziché saldare i conti con il bancomat o una carta di credito, è un favore agli evasori, alle mafie e agli uomini di malaffare come scrivono i giornali di sinistra? La risposta è semplicemente no.Per il semplice motivo che le grandi frodi non si fanno in contanti, pagando cash il ristorante o l’idraulico, come temono i commentatori più strabici, ma facendo sparire i soldi proprio con sistemi tracciabili. La prova l’ha fornita proprio l’altro ieri, mentre montava il caso della revisione del tetto al cash, una notizia che riguarda da vicino una delle più grandi aziende farmaceutiche del mondo: la Pfizer. L’Agenzia delle entrate, in collaborazione con il nucleo della Guardia di Finanza, accusa il gigante dei vaccini (e del Viagra) di aver nascosto 1,2 miliardi di utili con un complesso sistema di triangolazione tra l’Italia e il Delaware, paradiso fiscale a stelle e strisce. I soldi sarebbero finiti in due società estere invece che nelle casse della casa madre e questo avrebbe permesso al colosso farmaceutico di pagare meno imposte. Avete presente quanti pacchetti da 10.000 euro (ammesso che il tetto sia questo) ci vogliono per arrivare a 1,2 miliardi? Bisogna moltiplicare per 120.000. In pratica, è come se gli investigatori delle Fiamme gialle avessero identificato in un sol colpo 120.000 signori che pagavano in nero. Ora anche un bambino capirebbe che la grande evasione, quella di cui dovremmo andare a caccia, non è fatta dal negoziante che ha incassato qualche banconota senza rilasciare lo scontrino, ma deriva da quelle che un tempo venivano chiamate operazioni di elusione. In pratica, con un sistema di artifizi contabili si fanno sparire i soldi dai bilanci delle società, occultando gli utili al Fisco, che così resta a bocca asciutta. Del resto, Pfizer non è la prima multinazionale a cadere nella rete delle Fiamme gialle: prima del colosso farmaceutico traffici del genere erano stati contestati ai giganti dell’online e della moda. La sola Procura di Milano ha già recuperato più di due miliardi proprio indagando sulle operazioni infragruppo fra aziende che hanno società estere, spesso nei paradisi fiscali. Che l’evasione fiscale di cui tanto si parla non consista negli acquisti in contante o nelle vendite in nero ma nei pagamenti regolarmente tracciati, del resto lo dimostrano anche le grandi inchieste aperte in Europa. In Germania, che non ha alcun tetto al contante (così come una dozzina di altri Paesi europei), qualche tempo fa la Procura di Colonia ha scoperto una maxifrode fiscale da 55 miliardi che coinvolgeva banche e fondi d’investimento in tutta la Ue, Italia compresa. Pensate forse che gli evasori per sfuggire al Fisco pagassero cash? Non scherziamo: semplicemente i soldi sparivano con trucchi contabili. Insomma, non è il contante a gonfiare i numeri dell’evasione, ma le operazioni che consentono di spostare i ricavi in Paesi fiscalmente più convenienti. Come dice un investigatore, la truffa al fisco non è in contanti ma è tutta nelle carte. E per evadere oltre a trasferire i flussi finanziari là dove le imposte sono più leggere, ci sono mille modi. Ad esempio, la svalutazione del magazzino, oppure giocando sulle esenzioni dell’Iva alle importazioni dei beni di basso valore, o ancora usando la leva dell’ecommerce, con società domiciliate all’estero. La truffa principale è la cosiddetta frode carosello, che consiste nel far circolare un prodotto, in genere fra diversi Stati, in modo da aggirare le norme sull’Iva e ottenere profitti esentasse. Altro che pagamenti in contanti, tetto di 2.000 o 10.000 euro: l’evasione viaggia su grandi numeri e grandi truffe.Del resto, che le banconote non siano da criminalizzare lo spiegava tempo fa perfino Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo della Bce, il quale invitava a garantire il regolare funzionamento del ciclo del contante, assicurando che ci sia un ampio accesso alle banconote ma anche un’ampia accettazione dei pagamenti in contanti dei punti vendita. Perché un banchiere suggeriva di non rendere obbligatorio l’uso dei bonifici o delle carte di credito? La spiegazione sta in uno studio della stessa Bce, che ha evidenziato come il contante sia usato con regolarità da cittadini di ogni età, livello di istruzione e fascia di reddito. «Esso è quindi essenziale per l’inclusione finanziaria delle fasce di cittadini più vulnerabili, ad esempio quelle prive di un conto bancario o di competenze digitali». Chiaro, no? Perché obbligare un pensionato a prendersi la carta di credito se per tutta la vita ha pagato in contanti? Perché esporli al phishing, cioè alle truffe in rete, o a furti online, quando si sa che non sono loro i grandi evasori e quando è noto che chi vuol operare in nero non ha certo il problema di pagare con 2.000 o 10.000 euro in contanti? La risposta è semplice: così i grandi evasori la fanno franca. Si parla del contante e i furbi si riempiono le tasche senza ritirare un euro al bancomat.
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