
La Commissione scuce 25 miliardi (nostri). Ma alza le condizioni per versare le rate successive. Impietoso il paragone con gli Usa.«I soldi dei Btp arrivano subito, sono praticamente a costo zero perché Banca d'Italia li acquista, incassa le cedole che poi riaccrediterà quasi interamente al Tesoro sotto forma di dividendo e non hanno condizioni. Quelli del Recovery non arrivano subito, hanno un tasso negativo ma in cambio ci verrà chiesto di fare delle cose per averli». Queste parole sono state pubblicate sulla Verità lunedì 15 febbraio e riportate a chi vi scrive dall'intervistato, Carlo Cottarelli. Eravamo a un anno di pandemia. E per avere i primi soldi del tanto strombazzato Recovery avremmo dovuto attendere altri sei mesi. La cronaca di ieri è quindi questa.La Commissione Ue sborsa i quasi 25 miliardi di euro attesi dall'Italia. Sono il prefinanziamento pari al 13% dell'intero Recovery and resilience facility (Rrf) riservato all'Italia. La Commissione autorizzerà ulteriori erogazioni sulla base dell'attuazione degli investimenti e delle riforme delineate nel Pnrr. Un totale di 191,5 miliardi di euro nell'arco della durata del piano. 68,9 miliardi di euro a fondo perduto (si fa per dire) e 122,6 miliardi di euro in prestiti. Rate semestrali di importo variabile da 13 a 24 miliardi l'una. Intanto, entro la fine dell'anno, la Commissione Ue raccoglierà fino a un totale di 80 miliardi in finanziamenti a lungo termine, da integrare con emissioni a breve termine. Il programma complessivo nei prossimi anni -tutto a prezzi correnti - 800 miliardi di euro circa. Sembra una risposta straordinaria. Ma in realtà è il nulla cosmico. Il Rrf targato Ue è grosso modo pari al 4% del Pil contro il quasi 17% di quanto speso dagli Usa. Con una non trascurabile postilla: Washington ha praticamente già speso tutto, mentre Bruxelles sta cominciando a spendere col contagocce ora fino al 2026. Perché due sono le caratteristiche che qualificano l'efficacia di uno stimolo fiscale: tempestività e quantità. Per chi sta morendo dissanguato, ricevere l'agognata trasfusione subito anziché in sedute semestrali nel corso degli anni successivi fa differenza: la stessa che passa fra la vita e la morte.Sappiamo, certo, che il Rrf non è che una parte dell'intervento. Non essendo l'Ue uno stato federale, bisogna considerare anche i piani di stimolo attuati da ciascun Paese a livello nazionale. Difesa apparentemente logica, che però non regge per due ordini di ragioni. La prima è che, anche considerando le misure anticicliche approvate da ciascun Paese Ue, arriveremmo comunque a un 10-11% del Pil, ben lontani da quanto fatto dagli Usa. Ma soprattutto, seguendo questa logica, il Piano Ue avrebbe alla fine un impatto nullo, e quindi scenderemmo di nuovo al 6% circa. Il motivo? Il Rrf altro non è che un po' di soldi in più nel bilancio dell'Ue 2021-2027. E i soldi dentro questo bilancio ci stanno perché qualcuno ce li ha messi prima. Se si considerano come stimoli fiscali anticiclici i soldi che riceveranno il Portogallo o l'Italia (e quindi contabilizzabili col segno «più»), vanno tolti quelli che metterà l'Olanda (e quindi da contabilizzare col segno «meno»). Comunque la si rigiri, i conti non tornano mai. Perché i sussidi anti Covid nel Missouri non li ha mica materialmente pagati il Texas: la Fed ha stampato i dollari necessari. E ancora non abbiamo parlato delle «cose da fare» per ricevere questi soldi, per usare il gergo di Cottarelli. Stiamo parlando di ben 528 condizioni. È quanto riportato in un report pubblicato dal suo Osservatorio dei conti pubblici. Sono 214 «milestone» (ovvero condizioni qualitative) e 314 «target» (ovvero obiettivi quantitativi). Centonove condizioni in più rispetto a quanto ipotizzato nella prima stesura del piano dell'esecutivo Conte 2. Niente male come traguardo ottenuto dal «governo dei migliori». E ottenere i soldi delle rate successive è tutt'altro che scontato. L'articolo 52 del regolamento ricorda la necessità del «conseguimento soddisfacente di obiettivi e traguardi del Pnrr (528 appunto) e la possibilità in via eccezionale che possano essere rimandati i successivi pagamenti. Basterà una richiesta da un qualsiasi Paese e tutto finisce nelle mani del Consiglio Ue, l'organo dove risiedono i premier dei paesi membri. La maggior parte delle condizioni si concentrano nei primi due anni. Su tutte svetta la riforma del processo civile. Che, tradotto in maniera più diretta, vuol dire accelerare la riscossione di un credito. Previdenti, lorsignori a Bruxelles: vedono in anticipo l'arrivo di una montagna di nuovi crediti in sofferenza (ancora oggi sono oltre 70 miliardi i crediti bancari in moratoria) e quindi servono procedure più snelle per spezzare i mignolini ai debitori. Nel frattempo, il sottosegretario Roberto Garofoli invia ai ministri la sua road map per il Recovery fund. Lotta all'evasione per un fisco più equo (che tradotto vuol dire: più tasse) e spending review dal 2023 al 2025, che più o meno vorrà dire minori prestazioni rese dal Ssn per finanziare la telemedicina nelle comunità più difficilmente accessibili. L'immagine è più o meno questa: il medico di base vi risponde subito a distanza, grazie alla potentissima fibra in rete, e vi prescrive una risonanza magnetica. La cui lista di attesa rischia di aumentare da 6 a 9 mesi grazie alla spending review. Non andrà tutto bene.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.