2021-01-04
«Prima o poi anche la Consulta boccerà le misure anti Covid»
Il giurista Sabino Cassese: «Le colpe del governo? L'imprevidenza e i dpcm. I tribunali si pronunciano solo a posteriori, però varie sentenze già mettono in discussione la legalità dei decreti».Sabino Cassese, da giudice emerito della Corte costituzionale, è stato uno dei primi «competenti» a suonare la carica contro i provvedimenti anti Covid del governo. A cominciare dagli ormai famigerati dpcm di Giuseppe Conte. Professore, all'esecutivo mancavano strumenti legislativi più adatti? «Lo strumento c'è, ed è il decreto legge. Che va adottato “in casi straordinari di necessità e d'urgenza"». Con che limiti costituzionali?«La Costituzione ne detta tre: straordinarietà, necessità e urgenza. Prenda la seconda ondata della pandemia: era straordinaria? Non era stata prevista? Non si potevano, quindi, apprestare per tempo gli strumenti per fronteggiarla? Questa imprevidenza è il primo difetto dell'azione del governo».Il secondo qual è?«Il secondo è di aver trasposto contenuti normativi nei noti dpcm, che sono atti amministrativi, e quindi non dovrebbero avere contenuti normativi».Perché istituzioni di garanzia e tribunali hanno taciuto?«I giudici arrivano necessariamente a sera, cioè con un certo ritardo, perché la loro azione è mossa dai cittadini. La risposta non è mancata. Vi è già un buon numero di pronunce di corti che mettono in discussione la legalità dell'azione governativa».La Consulta poteva o può intervenire? «L'accesso al giudice costituzionale, in Italia, è indiretto, cioè avviene attraverso un giudice di merito che ritenga non palesemente infondata la questione di costituzionalità. Anche qui ci vuole del tempo». Conte ha commesso solamente errori tecnici, o ha intravisto, dietro una gestione personalistica dell'emergenza, la possibilità di costruirsi un capitale politico personale?«Nel “mondo gnomo" (l'espressione è di Eugenio Montale) della politica attuale, chi abbia una qualche preparazione eccelle e ha anche l'impressione di poterlo fare. In ogni azione umana, si mescolano ambizioni personali e fini altruistici. E non ritengo quindi negativo coltivare ambizioni (peraltro negate dall'interessato)». Crede che la facilità con cui ci sono state sottratte certe libertà essenziali - qualcuno ha parlato di «Costituzione sospesa» - e la sostanziale assenza di reazione da parte della popolazione, probabilmente troppo spaventata dal virus, possano costituire un precedente storico pericoloso?«L'articolo 16 della Costituzione consente di disporre limiti alla circolazione per motivi sanitari, ma con legge, in via generale. Altri limiti sono stabiliti per altri diritti, come quello alla libertà personale, quello alla libertà di culto, che avrebbero dovuto esser disposti in altro modo, o che non potevano esser disposti». Parla del divieto di andare in chiesa nel primo lockdown?«Perché consentire di alimentare il corpo andando in un negozio di alimentari e proibire di coltivare lo spirito, impedendo di recarsi nei luoghi di culto, alle stesse condizioni e con gli stessi limiti della frequentazione di mercati e farmacie?».Il controllo dell'epidemia è parso riuscire meglio non solo al regime cinese, ma anche alle democrazie «all'asiatica», come la Corea e Taiwan, in cui, rispetto all'Occidente, è meno forte l'attaccamento alla privacy - il che ha agevolato il tracciamento dei contagi. Subiremo ancor più il fascino delle autocrazie?«La pandemia ci ha posti dinanzi a tre dilemmi». Quali?«Primo: conviene rinunciare a qualche libertà per assicurarci maggiore sicurezza? Secondo: conviene cedere un po' di democrazia per garantirci maggiore tutela della salute? Terzo: conviene ridare spazio allo Stato, limitando la globalizzazione, se questa porta con sé anche una diffusione delle malattie?».Come risponderebbe?«Credo che siano tutti falsi dilemmi. Che le Costituzioni odierne contengano già accurati sistemi di bilanciamento delle opposte esigenze, che consentono di mantenere un giusto equilibrio tra libertà, democrazia e globalizzazione e i relativi opposti».C'è chi invoca un governo tecnico. È possibile continuare a ricorrere agli esperti per sopperire alle lacune della politica? Non è anche colpa dei fallimenti dei tecnici se è proliferato il tanto vituperato populismo?«L'espressione “governo tecnico" è errata. Nessun governo in carica, che abbia la nomina presidenziale e la fiducia parlamentare, lo è. Quella espressione indica soltanto che i componenti del governo sono prescelti dall'esterno del corpo politico, tra persone che non sono politici di professione, come Benedetto Croce nel governo Giolitti, Pietro Badoglio dopo la seconda guerra mondiale, più tardi Carlo Azeglio Ciampi, ora Conte». Come giudica questi «esterni»?«Credo che, per lo più, queste persone estranee alla politica dei partiti abbiano svolto onoratamente il compito al quale erano chiamati, alcuni con maggiore capacità di governo, altri con minor forza. Altro il giudizio sulle scelte che hanno operato, in quanto titolari di un potere pubblico».Lei ha spesso criticato l'operato delle Regioni. Non le pare, però, che sia stato il governo a confondere le acque, centralizzando e spettacolarizzando certe decisioni, per poi scaricare sui presidenti di Regione le «patate bollenti», o le colpe di ritardi e inefficienze?«Questo è uno dei punti nei quali l'azione di governo è stata più carente e contraddittoria. Si è scelta la strada sbagliata, e poi non si è riuscita a correggerla».Cioè?«Voglio dire che, una volta stabilito (erroneamente) che si era in un ambito di competenze concorrenti, si dovevano attivare tutti i meccanismi di collaborazione Stato-Regioni. Invece, ognuno è andato per la sua strada, in modi diversi e in tempi diversi. Così l'Italia si è vestita da Arlecchino». In tanti hanno individuato, sia nel Recovery fund sia nella gestione dei contratti per i vaccini, un segnale di cambiamento dell'Europa. Però, il Recovery fund implica pesanti condizionalità sulle politiche economiche e fiscali; e, in tema di vaccini, la Commissione avrebbe tentato di favorire la francese Sanofi, mentre la Germania ha fatto da sé, infischiandosene degli accordi stipulati a Bruxelles. La solidarietà europea è solo di facciata?«Non concordo con il suo giudizio. Il Recovery fund rappresenta un meccanismo rivoluzionario, perché arricchisce l'Unione, che è un gigante regolatorio ma non ha potere di spesa se non limitato. L'Unione diventa un mobilizzatore di risorse a beneficio di chi ne ha più bisogno, in questo caso l'Italia (che avrà finanziamenti doppi rispetto alla potente Francia)». Risorse vincolate a rigide condizionalità.«Ha mai visto un ente che eroga risorse finanziarie - alcune a fondo perduto - a un altro ente, senza stabilire dove vanno spese? Sarebbe ragionevole accettare che risorse raccolte dall'Unione possano esser spese liberamente dagli Stati, ad esempio, per incentivare giochi e svaghi, o per finanziare il turismo?».E sui vaccini, come giudica la Germania, che ha stipulato un contratto aggiuntivo con Pfizer?«Credo che sia stato rispettato l'articolo 7 del contratto stipulato dall'Unione europea». L'hanno soddisfatta le capacità di coordinamento da parte dell'Ue? Questa è dotata di una serie di strutture di controllo del rischio sanitario, che si sono rivelate inutili o inermi. La stessa Ema s'è risvegliata da un certo torpore burocratico solo sulla spinta dell'accelerazione in Gran Bretagna e Usa. Siamo sicuri che cedere prerogative all'Europa sia una scelta saggia? Non rischiamo di paralizzare la rapidità delle risposte?«Posso rispondere in tre modi».Prego.«Primo: le ragioni dell'Europa vanno ben al di là del coordinamento. Nascono dall'orrore delle ecatombi, come scrisse un intellettuale tedesco: 60 milioni di morti, il triplo di feriti, solo in Europa, durante le due guerre mondiali. Secondo: se c'è una struttura decentrata, questa è l'Unione, con le sue diverse sedi e con i suoi diversi rami. Terzo: quel che ha fatto l'Europa ha del miracoloso, perché le sue competenze sanitarie erano sostanzialmente concentrate nel settore del controllo dei farmaci. Partendo da lì, è riuscita a dotarsi rapidamente di una capacità di acquisto di centinaia di milioni di dosi di vaccino».Dell'Oms, cosa pensa? Prima la condiscendenza verso la Cina; poi la copertura garantita al nostro governo sulla questione della risposta inadeguata all'epidemia e del piano pandemico; quindi, i balletti e le contraddizioni sui protocolli e sulle mascherine. Si può pensare di rafforzare un'organizzazione internazionale, se le premesse sono queste?«Visto che i virus non rispettano le frontiere, conviene ritornare indietro e seguire l'orientamento di Donald Trump, che aveva osteggiato l'Organizzazione mondiale della sanità, oppure, al contrario, accertare quali sono i suoi punti deboli e rafforzarla?».Si criticano tanto No vax e «complottisti». Finora, la scienza e la tecnica ci sono state presentate come il rimedio alle difficoltà della politica. Alla prova dei fatti, però, entrambe hanno mostrato i rispettivi limiti. Non è normale che la gente perda fiducia? E ha senso affrontare questa crisi di credibilità ricorrendo alla coercizione - ad esempio, il vaccino obbligatorio?«L'obbligo di un trattamento sanitario può essere disposto solo con legge. Una legge sull'obbligo di vaccinazione contro il Covid 19 non c'è. Quindi, non c'è obbligo generale. Altra cosa riguarda chi lavora in un ospedale, chi lavora in grandi strutture a contatto con il pubblico o con molti dipendenti. Qui sopravviene una responsabilità del direttore sanitario e/o del capo della struttura. Può pensare che il direttore sanitario possa consentire che un chirurgo entri in sala operatoria se può essere portatore di germi o virus?».