2023-08-30
Pregliasco redivivo: «Presto più contagi»
Fabrizio Pregliasco (Imagoeconomica)
Con l’avvicinarsi dell’autunno, ripartono gli allarmi sul virus e le bordate al governo per lo stop ai diktat. La virostar: «Prepariamoci alla salita dei casi, cruciali le vaccinazioni». Ma le iniezioni sono invocate dagli esperti anche contro l’influenza, per fragili e sanitari.Fallita la vendita del 27% della biotech, acquisito dall’ex commissario per 15 milioni. Lo speciale contiene due articoli. Il mese di agosto non si è ancora concluso, eppure già ha preso il via il martellamento sul rischio infezioni in circolazione. A minacciare la popolazione non sarebbe solo la nuova variante del Covid, Eris, ma anche la solita influenza stagionale. Senza dimenticare, con il perdurare delle temperature alte, delle «malattie vettoriali o arbovirosi, cioè trasmesse dalle zanzare», come ricorda sul Corriere del Veneto Vincenzo Baldo, docente di Igiene all’Università di Padova. Le cavallette no, non sono ancora finite sotto accusa per creare problemi di salute. Devastano «solo» i raccolti. Il professore ha puntato il dito contro «l’abrogazione delle misure di contenimento dell’infezione, ultima la cancellazione dell’obbligo di isolamento per i positivi al virus, che oggi possono uscire, anche senza mascherina». C’era da aspettarselo che il decreto legge del 10 agosto sarebbe stato il pretesto per allertare sul moltiplicarsi dei contagi, invocando il ritorno a misure restrittive. La stessa edizione regionale del Corriere della Sera evidenzia che «tra il 17 e il 23 agosto i contagi nel Veneto sono cresciuti del 136%», omettendo di chiarire che si tratta solo di positivi al tampone, non di pazienti intubati. La Regione Umbria segnala +222% di casi, la Sardegna +220%, Friuli e Abruzzo +198% ma già si era detto che pubblicare questi dati non ha alcun significato, se dobbiamo convivere con un virus diventato endemico. Semmai, sono le dichiarazioni di Alessandro Grimaldi, primario del reparto di malattie infettive dell’ospedale San Salvatore dell’Aquila, a ben descrivere questa situazione che «fa presagire una minore efficacia dei vaccini su queste varianti», come ha detto alla testata giornalistica regionale Infomedianews. Invece, ogni intervento sugli organi di informazione ha il medesimo epilogo: vaccinatevi. Contro il Covid, l’influenza, l’encefalite virale, il papilloma virus, ma con la massima allerta per la pericolosità dei primi due. «È cruciale il rilancio della vaccinazione», si è fatto sentire l’immancabile Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario del Galeazzi di Milano, avvisando: «Prepariamoci a quello che sarà un rialzo dei contagi Covid». Il professore di Igiene ha sottolineato: «Io credo sia importante non sminuire la situazione che c’è oggi. Ci sono più di mille persone in ospedale. Non sono tantissime, se si considera che nello stesso periodo dell’anno scorso erano circa 6.000, ma comunque sono pazienti che sviluppano una patologia che non è quella dell’influenza. E in ogni caso anche l’influenza può fare male». Se non è il virus mutato di Wuhan, è quello stagionale a dover allarmare i cittadini al rientro dalle ferie. Eppure, qualche parere ragionevole si coglie, nel panorama di crescente allarmismo. «C’è, sì, un incremento adesso dei casi, che a livello quantitativo restano comunque pochi, così come per fortuna i ricoveri. Da un paio di settimane le infezioni sono raddoppiate ma, ribadisco, si tratta di un calcolo che parte da una base prossima allo zero», ha dichiarato sulla Nazione Marco Falcone, professore di malattie infettive all’Università di Pisa. Ha sottolineato che «i giovani sani non rischiano niente», però «gli anziani, i malati e le persone con patologie croniche devono mettersi al riparo dall’eventualità di contrarre la malattia». Filippo Saltamartini, vicepresidente con delega alla Sanità della Regione Marche, dove nell’ultima settimana si è passati da 26 ad 80 casi di positività ma senza aumento significativo dei ricoveri, ha dichiarato di essere «convinto che il sistema sanitario regionale e nazionale, dopo l’esperienza degli anni passati, sia in grado di rispondere a tutte le sfide del post Covid 19». Invece, le Cassandre di turno trovano sempre amplificate le loro dichiarazioni. «Un eventuale incremento di casi Covid rischia di portare i nosocomi al collasso», avverte Pasquale Perrone Filardi, presidente della Società italiana di cardiologia, su Quotidianosanità.it. È convinto che «per creare una “gabbia” di protezione intorno al paziente», occorra «vaccinare con cadenza semestrale i fragili e tutti gli over 60 contro il Covid, ma anche contro l’influenza e lo pneumococco».Non è finita. Il richiamo, dice, deve essere fatto da «famigliari, caregiver e tutti gli operatori sanitari». Andiamo ben oltre alle raccomandazioni, da qui alla parola obbligo passa ben poco. Francesco Cognetti, presidente della Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi, è preoccupato perché il test Covid non è più obbligatorio. «In molti ospedali, ormai, non vengono più effettuati di routine i tamponi ai pazienti, ai sanitari e ai famigliari che li frequentano», lamenta il professore, che vuole di nuovo norme precise «sull’esecuzione e la frequenza» con cui devono essere fatti. Il rischio, sostiene Cognetti, è che i positivi non vengano isolati e infettino così i pazienti più fragili, perché il ministero della Salute ha tolto la quarantena ma non ha dettato norme ospedaliere. Vengono invocati ancora i reparti Covid? Non basta curare l’affetto da altre patologie in una stanza dedicata, però sempre nella divisione ospedaliera che risponde alle sue primarie esigenze di cura? Essere positivi non vuol dire finire ancora una volta in un lazzaretto, dove il tuo tumore, diabete o problema chirurgico che sia finiscono in secondo piano. Secondo Pregliasco, è «il calo dopo sei mesi», della protezione offerta dal vaccino o dalla guarigione, a consentire la moltiplicazione di varianti. Di questo passo, la corsa a vaccinarsi sarà senza logica e senza fine. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pregliasco-redivivo-presto-piu-contagi-2664636772.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="invitalia-paga-ancora-i-flop-di-arcuri-naufragata-luscita-da-reithera" data-post-id="2664636772" data-published-at="1693383464" data-use-pagination="False"> Invitalia paga ancora i flop di Arcuri: naufragata l’uscita da Reithera Niente da fare, Invitalia non riesce a recuperare i 15 milioni di euro spesi da Domenico Arcuri per acquistare il 27% di partecipazione nella società di biotecnologie Reithera. L’azienda, con sede operativa a Castel Romano ma controllata dalla svizzera Keires A.G, aveva tentato senza successo di lanciare un vaccino italiano contro il Covid basato su un vettore adenovirale. A gennaio 2021, l’allora amministratore delegato dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo, nonché commissario straordinario per l’emergenza, pensò di entrare nell’operazione acquistando una quota così da avere «una qualche indipendenza nella dotazione dei vaccini». Invece «non solo non abbiamo avuto il vaccino italiano», come scrisse La Verità, ma quando si è trattato di rivendere la quota a un fondo, l’agenzia controllata dallo Stato non ci è riuscita. E non ci sta riuscendo. Nel frattempo, con il cambio di governo da Conte a Draghi, Arcuri era stato sostituito dal generale Francesco Figliuolo, ma soprattutto a maggio 2021 c’era stato lo stop della Corte dei Conti a un progetto di finanziamento pubblico ben più ampio. Invitalia intendeva sostenere Reithera con altri 50 milioni di euro (41,2 milioni a fondo perduto e 7,8 milioni di finanziamento agevolato), per realizzare la fase 3 della sperimentazione del vaccino e avviare la produzione industriale. Però mancava un valido e sufficiente investimento produttivo, la spesa non era ammissibile per «le finalità generali - produttive o di ricerca, anche per conto terzi - perseguite da Reithera, né per le ancor più generali finalità di rafforzare la consistenza patrimoniale dell’impresa», scrisse nella sentenza la Corte dei Conti. L’operazione di Arcuri naufragò. Dopo i cambi al vertice dell’agenzia, nel giugno 2022, e la sostituzione dell’uomo delle mascherine faloppe e dei banchi a rotelle con Bernardo Mattarella, dal bilancio societario diffuso a luglio si scoprì che Invitalia aveva messo in vendita la sua quota del 27%. Già nel dicembre del 2021, infatti, aveva ricevuto «una manifestazione di interesse da un importante fondo che opera nel settore farmaceutico per l’acquisto fino al 100% della partecipazione di Reithera. Le attività di due diligence sono ancora in corso», si leggeva nel documento. Però non sono approdate a nulla. Quel 27% in Reithera non è stato ceduto e non si sa quando rientreranno i 15 milioni di euro spesi da Arcuri per entrare nel capitale sociale della biotech. «A oggi sono pervenute diverse manifestazioni di interesse per l’acquisto del pacchetto azionario detenuto da Invitalia che sono in corso di valutazione», è l’unica dichiarazione a riguardo fatta dall’agenzia pubblica. Nel suo ultimo bilancio, si legge che l’accordo sottoscritto il 17 febbraio 2021 da Reitera, l’allora ministero dello Sviluppo economico (oggi ministero delle Imprese e del made in Italy) e l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa - Invitalia, «volto a sostenere il programma di sviluppo industriale nel settore farmaceutico presso lo stabilimento produttivo di Castel Romano, è stato risolto senza ulteriore seguito». Tramontata l’ambizione di avere un vaccino italiano, grazie ad Arcuri restano per Invitalia una quota in un’azienda che non interessa, e 15 milioni di euro da recuperare tentando di rivenderla a un fondo alla stessa cifra.
Leonardo Apache La Russa (Ansa)
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)