2024-02-27
Ormai il potere (vero) decide chi ha diritti
Gustavo Zagrebelsky (Ansa)
Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Consulta, vede «repressione» negli scontri di piazza e sente puzza di regime con l’arrivo del premierato. Ma tre anni fa, chi manifestava contro gli obblighi Covid esercitava un «arbitrio»: la Carta si piega a piacimento.Con rustica ed efficace espressione, alcune zie risolute e d’una certa esperienza paragonano gli uomini volubili alla pelle di una parte maschile non nobile né elastica, che tende a farsi tirare qua e là e, diciamo, a tenere poi la posizione. È una metafora che, nella sua brutalità, si attaglia ai diritti e alla Costituzione, almeno per come vengono spintonati e adattati al momento. Il caso degli incidenti di Pisa e Firenze nel corso di alcune manifestazioni studentesche si presta perfettamente a cogliere il paragone. A nessuno (o quasi: ci sono sempre le perversioni) piacciono le manganellate. Parrebbe abbastanza chiaro che il principio - proprio se è tale - valga sempre, e non a prescindere dai manganellati. E invece no, dipende: non solo da chi governi, ma pure da chi cada sotto i colpi degli uomini in divisa. Ecco, in coraggiosissima scia dell’incredibile nota del Colle sul «fallimento» rappresentato dall’uso della forza pubblica contro i manifestanti, il presidente emerito della Corte costituzionale (di nomina quirinalizia) Gustavo Zagrebelsky. Per una curiosa congiunzione astrale, il suo è un ruolo che tende ad allineare le opinioni con quelle gradite al capo dello Stato in carica. Zagrebelsky preferisce la regola all’eccezione, e infatti l’intervento di Mattarella , dice a Repubblica nell’intervista di ieri, «ha la mia condivisione totale». E però c’è anche una profonda inquietudine, perché il capo di Stato ha dovuto far lezione di diritto costituzionale a una maggioranza e a un governo che ne hanno molto bisogno, e ricorrono alla «intimidazione» e alla «repressione, per ora tiepida», instaurando un «clima di apatia che sempre piace a tutti i regimi illiberali». Qui anche il giurista si fa tirare con una certa facilità da Repubblica, che chiude con l’inevitabile e telefonatissima domanda sul premierato incipiente: «Quella riforma costituzionalizzerebbe un’idea di democrazia del vincitore e del vinto. Il vincitore si può facilmente considerare abilitato a usare tutti gli strumenti della vittoria. Quale più classico del manganello?». Ed ecco servito il titolo - falso, in senso letterale - «Così iniziano i regimi. Con il premierato sarà anche peggio».Tre anni fa (era solo il primo mandato) al Colle c’era sempre Sergio Mattarella. Per la nota coincidenza astrale, anche allora Zagrebelsky viveva una spontanea sintonia con le posizioni del Quirinale. «Non si invochi la libertà per non vaccinarsi», diceva il capo di Stato il 5 settembre 2021. Nove giorni dopo, il presidente emerito della Consulta spiegava all’Huffington Post (sempre gruppo Gedi): «Sa qual è un’altra parola usata a sproposito di questi tempi? Libertà. Quelli che manifestano in piazza con il megafono contro le vaccinazioni dovrebbero usare la parola giusta: arbitrio. È questo che rivendicano: il diritto di fare ciò che vogliono, senza limiti. È una forma di arroganza, di prepotenza. Non dobbiamo accettare che il discorso venga portato su questo terreno».È qui che assume valore luminoso nella sua perfezione anche letterale la grande battuta di Altan: «“Babbo, si può difendere la libertà limitando la libertà?”. “Dipende. Chi l’ha detto?”». Perché bisognerebbe essere dei volgari faciloni per pensare che Zagrebelsky pieghi la Costituzione al bisogno del momento. Zagrebelsky fa qualcosa di più: attua lo stesso meccanismo che ha consentito alla Consulta di diventare co-legislatore irresponsabile, e cioè fissa un criterio extra-costituzionale di cui egli è giudice per interpretare la Carta. Non c’è nulla di improvvisato né di strumentale. Nel suo Tempi difficili per la Costituzione (Laterza, 2023) il metodo si esprime nella sua geometrica potenza. Tornando sul problema della compressione delle libertà in tempo di Covid, lo studioso introduce la categoria extra-costituzionale dell’«egoismo». Chi manifesta contro gli obblighi e il green pass è egoista, dunque siccome c’è una «situazione d’emergenza» (che la Carta come noto non prevede, ma che Zagrebelsky ha decretato, giurando che essa però non è «stato d’eccezione»), ecco che una «gerarchia dolorosa» stabilisce le giuste priorità. Più in là, spiega che la «disobbedienza alle leggi, nei casi in cui sono in questione i valori essenziali come la vita, la libertà, la dignità delle persone, la democrazia - non quando è espressione di solitario egoismo -, è una virtù repubblicana».Oplà: stessa Costituzione, stessa protesta contro una legge, ma nel caso dell’«egoismo» di chi - magari vaccinato - si oppone agli obblighi, è giusto reprimere; nel caso in cui si protesti senza «egoismi», si esercita la virtù repubblicana e guai a chi la tocca. Chi decide cosa sia egoista? Il potere.Se le premesse sono queste, sarebbe perfino ingenuo accusare Repubblica, Mattarella o Zagrebelsky di incoerenza. Il problema è a monte: nell’aver accettato che la Costituzione, i diritti, eccetera, diventassero la pelle morbida di cui sopra. A quel punto studenti, medici, vaccinati o meno, non ha più senso chiedersi cosa dica un articolo della Carta, ma molto più semplicemente basterà domandare chi comandi. E scegliere se adeguarsi o meno.