
Il male di vivere ci ha mangiucchiato l'anima nonostante un'epoca piena di vantaggi. Reagiamo ai professionisti del pessimismo (i primi talvolta siamo noi) caricandoci di endorfine e ottenendo il meglio da ogni istante. Allora venire al mondo avrà avuto senso.Appena ci prendiamo il 100% delle responsabilità, la vita diventa nostra. Si chiama costruttivismo la parte della psicologia che afferma che costruiamo la nostra visione della realtà mediante una mappa di significati diversa per ciascuno. In realtà possiamo allargare la visione e affermare che ognuno di noi costruisce la propria realtà, anche se non da solo certo, ove non esistano limitazioni oggettive (malattia, imprigionamento, miseria, persecuzione). E anche quando le limitazioni esistano e siano tragiche, possiamo sempre decidere come affrontarle. La scelta è nostra. Noi costruiamo la nostra realtà: possiamo considerarla la versione laica o secolarizzata del cristianesimo. Dio creò l'essere umano, a sua immagine e somiglianza lo creò, maschio e femmina lo creò. Se siamo creati a immagine e somiglianza del creatore, è perché anche noi siamo creatori. Se queste cose continuano a essere dette, è perché sempre più persone hanno sperimentato che funzionano. Perché funzionino, però, occorre tempo e autodisciplina. Raggiungere la felicità «da fermi», indipendentemente dalle circostanze, nel senso vero di felicità, qualcosa di travolgente, avere le endorfine a palla, da non riuscire nemmeno a respirare, è il risultato di un'autodisciplina eroica, come frutto di un'autodisciplina eroica è la capacità di suonare il pianoforte. Occorre quello che muove il sole e le altre stelle (l'amore), e tempo perché impariamo. Quando impariamo, la nostra potenza di modificare la realtà è aumentata. Noi non possiamo decidere cosa la vita ci mette davanti, ma possiamo sempre, sempre, decidere come affrontarlo. A seconda poi di come la affrontiamo, modifichiamo la realtà in maniera superiore a quello che pensiamo. L'ottimismo consiste nel vivere il momento presente nella migliore maniera possibile. Alla fine, la vita è un'enorme somma di momenti presenti. Se ogni istante sarò stata il più felice possibile per quello che le circostanze permettevano, il nostro stare al mondo avrà avuto un senso.Ogni volta che salgono alle labbra, o anche impazzano nel pensiero, le solite frasi «la vita è brutta, non ce la farò mai», cambiate frase. È possibile cambiare frase. Possiamo limitarci a dire: «Oggi ho la serotonina non proprio a posto». Tutto qui: «Devo tirarmi su la serotonina» è una frase che contiene in sé una soluzione: starò meglio se compio una qualche operazione che alzi la serotonina: camminare, stare al sole, fare l'amore, ascoltare musica, suonare uno strumento, mangiare cioccolato, pregare, fare meditazione, una qualche vittoria, dipingere, guadagnare denaro, in assoluta e irrimediabile mancanza di uno qualsiasi di questi elementi, prendere un antidepressivo. «La sfortuna mi perseguita» è un'altra frase ricorrente. In realtà, se analizziamo bene la situazione, per il solo fatto che siamo vivi, qualcosa per il verso giusto deve essere andato.Negli ultimi due decenni la scoperta straordinaria e rivoluzionaria è stata la neuroplasticità. Fino agli anni Ottanta si riteneva che il cervello adulto fosse statico e immobile, con sempre gli stessi circuiti e sempre le stesse sinapsi a fare sempre le stesse cose. Non è vero niente. Il nostro cervello continua ad adattarsi a imparare a modificarsi a seconda di come lo usiamo. In realtà i primi anatomisti e neurologi studiavano cervelli in formalina, gli ultimi studiano cervelli vivi grazie alla tomografia a emissione di positroni e alla risonanza magnetica, e quindi sanno che il cervello cambia. Possiamo diventare ottimisti. È una questione di autodisciplina. Più ci sforziamo di restare positivi, più l'impresa diventa facile e piacevole. Imparare l'ottimismo è come imparare a suonare uno strumento, imparare una lingua, imparare a sciare: il primo anno è questione di autodisciplina e determinazione, poi diventa sempre più facile e piacevole e una volta imparato non si può disimparare.La seconda grande scoperta degli ultimi due decenni è la psiconeuroendocrinoimmunologia. La psiconeuroendocrinoimmunologia, tredici sillabe, la parola più lunga della lingua italiana, indica la correlazione tra la mente e il cervello, il sistema endocrino e il sistema immunitario. Più siamo ottimisti più produciamo serotonina ed endorfine, migliore è il nostro stato emotivo e migliore è il nostro stato fisico. Noi abbiamo rese preferenziali nel nostro cervello le vie di pensiero che portano all'infelicità e al pessimismo.Un libro importante sul tema della felicità è il mitico Istruzioni per rendersi infelici di Paul Watzlawick (Feltrinelli). Quando uscì, me ne regalarono una copia. Perché tediare dei professionisti con un manuale per dilettanti? Sono stata per decenni un professionista nella solida e creativa arte di rendere un inferno la mia vita e quella di tutti quelli che avevano avuto l'idea di farne parte. L'infelicità è lo spot delle generazioni attuali, praticata e reclamizzata a ogni piè sospinto. Abbiamo dovuto sforzarci: non ci sono più guerre mondiali, le grandi carestie e le grandi epidemie sono sospese e moriamo pochissimo. I quattro cavalieri dell'apocalisse sono in ferie, eppure lo sconforto, lo scontento e l'astio dominano incontrastati.La nostra realtà emotiva domina la nostra mente. Molti di noi godono tutto sommato di ottima salute, vivono all'interno di una democrazia, hanno un lavoro e anche un'auto, eppure sono in collera con marito/madre/sorella/suocera/collega/capufficio/società/governo e tutta l'emotività produce soltanto scontento, astio e, alla fine, sconforto.«Un'altra giornata lungo cui strisciare». È una battuta di Charlie Brown, personaggio a fumetti che si muove in un mondo senza carestia e senza guerra, bambino con testa sferica, proprietario del cane Snoopy, esempio perfetto di infelicità cronica e inutile, di incapacità a creare gioia: non a caso, un successo mondiale. Noi siamo dei professionisti nel renderci infelici; ed essere infelici è anzi considerato un merito, una prova di intelligenza. Abbiamo creato l'infelicità gratuita, autoindotta. Negli ultimi 60 anni nel mondo occidentale - il primo periodo dall'inizio del mondo senza guerre che interessassero le nostre case, senza fame, senza più le grandi epidemie - la depressione, il verme strisciante che mangia le vite da dentro, aumenta ogni anno. È nato il suicidio assistito per gente sana. Lo praticano nelle civilissime Svizzera, Svezia e Olanda. Qualcuno ti uccide, visto che il male di vivere ti ha mangiato l'anima e non hai nemmeno gli attributi per ammazzarti da solo. Il male di vivere ci ha mangiato l'anima. L'anima, smangiucchiata come le unghie, può essere ricostruita, sempre come le unghie, ma anche per l'anima - come per le unghie - ci vuole l'esperto.Per le unghie basta l'esperto, per l'anima occorre anche l'apposito farmaco: senza Prozac e psicoterapia è impossibile guarire, cinguettano i giornali femminili, internet, e le associazioni degli psichiatri sponsorizzati da produttori di farmaci. Uno psicoterapeuta, se serio e valido, aiuta e accelera la guarigione, se prescritti correttamente gli antidepressivi possono essere di grandissima utilità, ma è falso che senza questi presidi sia «impossibile» guarire. La parola «impossibile» risuona come una campana a morto. Non ci proviamo nemmeno a guarire da soli. Forse potremmo guarire nella maniera «sbagliata», sarebbe dunque un errore provarci: allora, guarire è impossibile. Inoltre se antidepressivi correttamente prescritti e uno psicoterapeuta serio e onesto possono essere una benedizione, c'è un esercito di professionisti problematici che sta facendo disastri come disastri stanno facendo gli effetti collaterali di prescrizioni eccessive, inutili o semplicemente insensate.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





