2025-02-24
Pompieri inglesi sotto accusa: «Sono troppo bianchi, maschi ed eterosessuali»
L’associazione dei vigili del fuoco si affida a una società di consulenza, che le contesta la mancanza di inclusione: «Conta come la competenza». È l’ennesimo delirio woke.Nell’universo distopico di Fahrenheit 451 creato da Ray Bradbury, i vigili del fuoco invece di spegnere gli incendi si dedicavano a bruciare i libri proibiti e, talvolta, le case degli incauti che si ostinavano a conservarli. Anche nel Regno Unito distopico che stanno creando Keir Starmer e i laburisti i pompieri non devono occuparsi di domare il fuoco: devono piuttosto preoccuparsi di garantire «diversità e inclusione», rispetto delle minoranze e stereotipi di genere.Il National Fire Chiefs Council, l’organismo associativo dei dirigenti dei vigili del fuoco britannici, si è rivolto a una società di consulenza specializzata in «diversità e inclusione», al fine di creare «luoghi di lavoro sicuri e inclusivi». Questa società dopo un attento studio ha prodotto un report in cui spiega che i pompieri sono «troppo maschi e troppo bianchi». Non solo: essi sarebbero anche «razzisti, misogini e omofobi» dato che fra i componenti del corpo le minoranze non sono abbastanza rappresentate.Secondo il report, infatti, nella società britannica circa il 51% della popolazione è costituito da donne e il 18,3% appartiene a minoranze etniche. Ma tra i pompieri meno del 10% della forza lavoro è composta da donne e solo il 5,4% appartenente a minoranze etniche, stando ai dati risalenti al marzo del 2024. E tutto ciò, ovviamente, agli occhi di un progressista sensibile è assolutamente ingiusto e insopportabile: «L’immagine comune di un pompiere è, per la maggior parte, quella di un uomo bianco eterosessuale che sale su un camion per combattere un incendio», dice ancora il rapporto. E aggiunge: «Sebbene siano stati compiuti progressi, il ritmo è stato lento e l’azione progressiva è stata applicata in modo incoerente. Troppe persone vengono ancora escluse». Per questo motivo, secondo gli autori dello studio, «l’inclusione è rilevante tanto quanto le competenze».Già: quello che conta non è che un pompiere sia in grado di domare un incendio o di trascinare una persona fuori da una casa in fiamme. Importa piuttosto che appartenga a una minoranza etnica e sia di sesso femminile così da fare contenti gli analisti woke. E pazienza se poi non è in grado di fare il suo lavoro.Il Daily Telegraph ha interpellato sulla vicenda Paul Embery, ex membro del consiglio esecutivo della Fire Brigades Union (Fbu), il quale ha dichiarato che i pompieri dovrebbero in effetti spegnere gli incendi e non occuparsi della «manipolazione della demografia della forza lavoro». A suo dire, «i servizi pubblici dovrebbero ovviamente garantire che individui di ogni provenienza possano unirsi ai loro ranghi e i pregiudizi devono essere affrontati laddove esistono. Ma quando stabiliscono obiettivi arbitrari per il reclutamento, si sconfina nell’ingegneria sociale. Ci sono molte ragioni per cui determinati gruppi potrebbero non intraprendere determinati mestieri: ci sono, ad esempio, pochi ostetriche uomini e quasi nessuna donna addetto alla raccolta rifiuti. La maggior parte delle volte tutto ciò ha poco a che fare con i pregiudizi. Alcuni individui e gruppi sono attratti da lavori che hanno poco interesse per gli altri: questo è solo un dato di fatto. Dovremmo smettere di fissarci sulla manipolazione demografica della forza lavoro in alcuni servizi pubblici e concentrarci maggiormente sulla garanzia che questi servizi funzionino meglio per il pubblico».Sante parole. Purtroppo non è questa la logica alla base della moribonda cultura woke. Negli Stati Uniti sta rapidamente crollando sotto i colpi inferti dalla amministrazione Trump, ma laddove è ancora viva, come in Inghilterra, seguita a produrre danni e sfornare deliri. In questo caso si tratta di una deriva estrema, che Bradbury aveva previsto già nel 1953. Uno dei passaggi chiave del romanzo è la conversazione tra il protagonista Montag, vigile del fuoco e censore riluttante, e il suo capitano Beatty, fanatico dei roghi di libri. È quest’ultimo a spiegare perché vengano eliminati tutti i romanzi: «Consideriamo ora le minoranze in seno alla nostra civiltà. Più numerosa la popolazione, maggiori le minoranze», dice Beatty. «Non pestare i piedi ai cinofili, ai maniaci dei gatti, ai medici, agli avvocati, ai mercanti, ai pezzi grossi, ai mormoni, battisti, unitarii, cinesi della seconda generazione, oriundi svedesi, italiani, tedeschi, nativi del Texas, brooklyniani, irlandesi, oriundi dell’Oregon o del Messico. [...] Più vasto il mercato, Montag, meno le controversie che ti conviene comporre, ricordalo! Tutte le minoranze, fino alle infime, vanno tenute bene, col loro bagnetto ogni mattina. [...] Non è stato il governo a decidere; non ci sono stati in origine editti, manifesti, censure, no! Ma la tecnologia, lo sfruttamento delle masse e la pressione delle minoranze hanno raggiunto lo scopo, grazie a Dio! Oggi, grazie a loro, tu puoi vivere sereno e contento per ventiquattr’ore al giorno, hai il permesso di leggere i fumetti, tutte le nostre care e vecchie confessioni con i bollettini e i periodici commerciali». Bisogna tenere buone le minoranze, non turbarle e non farle irritare. Bisogna favorire diversità e inclusione. E se la casa brucia, non importa: meglio arrostire che passare per razzisti.
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)