2025-03-29
Polizze catastrofali, la scadenza è prorogata
Dal Consiglio dei ministri un decreto rinvia l’obbligo per le imprese: 1 ottobre per le piccole, 1 gennaio 2026 per le medie. Grandi aziende da regolarizzare entro il primo aprile, ma senza sanzioni per ulteriori 90 giorni. Accolte le richieste delle associazioni.Le imprese avranno più tempo per sottoscrivere una polizza contro le catastrofi naturali quali inondazioni, nubifragi e terremoti. Dopo lo stop della commissione Attività produttive della Camera, che ha dichiarato inammissibile l’emendamento di Fratelli d’Italia al decreto bollette, per rinviare di sette mesi la stipula di una copertura assicurativa ai disastri ambientali, ieri il tema è stato affrontato in Consiglio dei ministri.La decisione arriva, dopo un lungo dibattito interno al governo per trovare la soluzione migliore a cui hanno preso parte soprattutto i ministri del Made in Italy, Adolfo Urso, e dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. E l’approvazione del decreto legge arriva proprio a ridosso della scadenza fissata al 31 marzo, introducendo una diversificazione in base alla dimensione delle imprese. Lo stop è differito al primo ottobre 2025 per le medie imprese e al primo gennaio 2026 per le piccole e micro. Rimane invece fermo al primo aprile il termine per le grandi imprese per le quali però non scatteranno le sanzioni. Per ulteriori 90 giorni non si terrà conto dell’eventuale inadempimento dell’obbligo di assicurazione nell’assegnazione di contributi, sovvenzioni o agevolazioni di carattere finanziario a valere su risorse pubbliche, anche con riferimento a quelle previste in occasione di eventi calamitosi o catastrofali. Il governo ha quindi agito d’urgenza per evitare che i due emendamenti al decreto sulla Pubblica amministrazione, presentati rispettivamente dalla Lega e da Fratelli d’Italia, fossero in balia dell’iter parlamentare. Inoltre sarebbe stato necessario che il provvedimento Pa diventasse omnibus, ovvero capace di contenere altri temi. In questo modo la decisione governativa viene blindata e non si presta a imboscate. La Lega chiedeva una proroga dell’obbligo assicurativo di nove mesi, al 31 dicembre di quest’anno. Molte le voci che si sono levate a chiedere uno slittamento del termine. A cominciare dal presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, che ha sottolineato i problemi posti da tempi stringenti. Confcommercio inoltre ha posto il tema del ritardo nell’attivazione del portale Ivass (l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) per la comparabilità delle offerte assicurative. Il che pone alle aziende l’impossibilità di valutare conformità e costi delle polizze sul mercato. Tutte le associazioni imprenditoriali hanno fatto un forte pressing sul governo, sottolineando che il decreto ministeriale attuativo è uscito soltanto il 28 febbraio, a un mese dall’entrata in vigore, lasciando pochissimo tempo agli imprenditori per mettersi in regola.L’obbligo riguarda oltre 4 milioni di imprese che, secondo una valutazione di Unimpresa, dovrebbero affrontare un costo importante per queste coperture assicurative, con premi fino a 12.000 euro all’anno.L’obiettivo del provvedimento governativo è tutelare il patrimonio aziendale con un meccanismo di protezione finanziaria, che riduca l’impatto economico dei disastri naturali e distribuisca il rischio tra aziende, compagnie assicurative e Stato. Fin qui tutto bene, solo che per le imprese, già gravate dagli aumenti del costo energetico, è un salasso. Inoltre qualcuno potrebbe essere tentato di estendere l’obbligo anche alle abitazioni private. È più di una ipotesi. L’Ania, l’Associazione delle imprese di assicurazione, lo ha chiesto più volte e anche alla sua ultima Assemblea annuale è tornata sul tema fornendo la soluzione che vi sia «un ausilio, almeno in avvio, di incentivi di tipo fiscale». La proposta è arrivata dalla presidente dell’Ania, Maria Bianca Farina, che ha sottolineato come nel 2023 si sia registrato il massimo storico dei danni assicurati: oltre 6 miliardi, di cui 5,5 miliardi causati da eventi atmosferici e 800 milioni dalle alluvioni in Emilia-Romagna e in Toscana. Ma nonostante assistiamo a catastrofi sempre più estreme, frequenti e distruttive, gli italiani sono ancora sottoassicurati, insiste l’associazione delle assicurazioni. Dai dati Ania emerge che solo il 6% delle 35,3 milioni di unità abitative esistenti ha una copertura assicurativa contro questa tipologia di disastri, nonostante l’80% delle abitazioni civili sia esposto a un livello di rischio medio-alto dal punto di vista sismico e di dissesto idrogeologico, con quasi il 95% dei Comuni italiani a rischio frane, alluvioni o erosione di costiera. L’Ania sottolineava poi che il patrimonio delle imprese soggette al nuovo obbligo assicurativo per i rischi CatNat (catastrofi naturali) ammonta a circa 4.000 miliardi. Di questi, 2.500 miliardi sono già presenti nel portafoglio delle compagnie di assicurazioni, mentre 1.500 miliardi deriveranno da nuovi rischi.Un balzello in più, hanno già detto preoccupati i proprietari delle case. Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, non ha usato mezzi termini per bocciare la proposta: «L’assicurazione obbligatoria contro le calamità naturali sarebbe il colpo di grazia alla proprietà immobiliare diffusa». La norma per le imprese è una grande tentazione per estenderla sulla proprietà privata.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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