2023-07-30
«La poesia oggi ha un po’ di febbre ma riesce ancora a creare relazioni»
Parla la poetessa e animatrice culturale Rosalba de Filippis : «A Firenze ci sono molte iniziative. Alcune di esse somigliano a certe cattedrali costruite nel deserto. Nei miei testi elaboro le “radici recise” con i miei affetti personali».Rosalba de Filippis (Macchiagodena, 1959), vive e lavora a Firenze. Insegnante di scuola superiore, è un’appassionata animatrice della vita culturale fiorentina organizzando incontri dedicati anzitutto alla poesia contemporanea. Nel corso degli anni ha pubblicato diverse raccolte in versi: Sotto nevi di carta (2007, Campanotto), Il filo forte del liuto (2008, Campanotto), La luce sugli spigoli. Canti di Monteloro (2011, Stampa Alternativa), Danielle (2013, Campanotto), Le sorelle in aria (2017, Passigli) e Madrebianca (2022, Passigli). È inoltre autrice del memoir dedicato alla figura del padre, La casa del platano (2018, Cartacanta Editore).La sua ultima raccolta di poesie si intitola Madrebianca: chi è la madrebianca? Esiste oppure è un’invenzione poetica?«Madrebianca è ispirata alla figura concreta di mia madre: bianca, in quanto colta nel momento del lutto, bianca come il latte, come l’odore della sua pelle. Con il tempo, tuttavia, questa figura si è fatta diversa, quasi una madre innata, mai del tutto morente, eppure assente; in un gioco di specchi rigenerante e tremendo, che chiama a raccolta innanzitutto le cose, gli oggetti rimasti in una casa ormai deserta:Nella tua casa gli oggetti / sono in silenzio da mesi / fermi nel solito luogo / e nel buio si sentono soli / non sanno che dire a quei muri. / In silenzio con loro / ti saluto così / seduta in cucina / non parliamo / siamo entrambe lontane / come quando eravamo vicine / e ti passo il bicchiere / mentre penso / che ancora / hai bisogno / di bere.Un gioco di specchi, una scommessa per entrambe, la madre e la figlia:Ieri siamo nate, mamma / entrambe due ventri / e due figlie / ci siamo scambiate i cordoni / a succhiare la linfa. / Oggi siamo morte, mamma / mentre tu te ne vai / io viaggio con te su quelle pareti / siamo morte e poi vive / ogni giorno / anche dentro lo specchio: / tu svanisci / io esisto».Uno dei temi portanti della sua poesia sono gli affetti familiari: padri, figli, madri, sorelle… come nel precedente Le sorelle in aria. Come mai queste presenze costellano la sua riflessione poetica, il suo immaginario letterario?«Credo che tutto nasca da una radice recisa, da un distacco mai del tutto elaborato, distacco periodicamente “messo in scena” nella mia casa di collina. Ogni volta con qualche variante: un pozzo scavato per cercare l’acqua, l’apparizione di una volpe, il cimitero del pastore con una croce per ogni bestiola, le giovani donne, “le sorelle in aria”, nel loro lutto, simili a bestiole infelici. Le piante nate a caso, un figlio da “imparare”, la moltitudine di gatti che mi hanno sempre fatto compagnia, in una dimensione affollata e insieme solitaria, in cui rispecchiare tante mancanze. Il tutto immerso in un contesto naturale, quello che circonda la mia casa, a due passi da Firenze».Come sta la poesia a Firenze? I poeti si incontrano, si confrontano, si leggono o si ignorano?«A Firenze sono molte le iniziative culturali, ogni giorno. Alcune di esse, per quanto di prestigio, somigliano a certe cattedrali costruite nel deserto, meravigliose e gratuite. Come sta la poesia a Firenze? Ha un po’ di febbre, talvolta. Sembra aver preso troppo freddo, come ripiegata in un cerimoniale ripetitivo, per quanto consolatorio. Altre volte, invece, sta bene, molto bene, quando diventa terreno di incontro, di scambio, quando c’è un progetto concreto da condividere, specie se questo progetto coinvolge i giovani. Ma anche standosene in disparte». Ha composto un memoir dedicato a suo padre, La casa del platano, ambientato nella sua terra d’origine, il Molise. Che cosa voleva ricordare con questo libro? C’è qualcosa che è emerso, durante la scrittura, ma che non aveva previsto? «Il Molise, nella sua concretezza e, al tempo stesso, nella sua irriducibile arcaicità, continua ad agire nel mio quotidiano. Una parte di me, sta sempre in ascolto di certe radici, sebbene, ad oggi, i miei viaggi in quei luoghi siano alquanto rari. Per ogni casa in cui ho vissuto, c’è sempre un albero che la ricorda. In questa vicenda, per esempio, un platano secolare campeggia nella piazza del mio paese di origine. Il memoir dedicato a mio padre è ambientato negli anni cinquanta, nel periodo difficile della ricostruzione, in cui dominava la miseria più assoluta per la gente del posto: per lo più contadini e mezzadri. In un contesto del genere, di povertà e di profonda ingiustizia sociale, un professore (lu professore), mio padre, ha cercato come poteva, insieme a mia madre, di garantire innanzitutto il riscatto culturale di questa gente. Attraverso l’insegnamento, la condivisione, con molta semplicità. Ma non senza difficoltà e profonde contraddizioni. Macchiagodena, “il comunello di montagna”, in cui si sente ancora forte il legame con la storia che mi sono sforzata di narrare, è nel frattempo tanto cambiata. In meglio: attualmente la sua biblioteca è molto ricca, tante le iniziative culturali, tra cui quella di offrire ospitalità gratuita in cambio dell’offerta simbolica di un libro, a chi fosse interessato a conoscere questo territorio pieno di contrasti e di fascino».Le radici: la sua terra, la nostalgia per gli spazi ampi di un Molise agreste, e la fitta confabulazione di anime e bocche dove vive e lavora. Come dialogano - se dialogano - queste due diverse dimensioni?«Tutto è radice. Tutto è un brusio di incontri tra la mia vita attuale e il passato. Adesso il figlio è cresciuto, la casa quasi finita, ma niente è ancora a posto, tutto è nell’aria di questa collina; non resta che coltivare le assenze con dignità e malinconia. E farsi coraggio, se un piccolo frutto di limone si è saldamente sviluppato sul ramo. Se il nespolo è sopravvissuto all’inverno. Nella consapevolezza che la felicità sia davvero poca cosa, e che il segreto, forse, sta proprio nel “lasciare andare” i luoghi, lasciar andare i morti, e pure i vivi, se essi sono stanchi».
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.