2023-04-18
Payback, le aziende vanno in piazza
Manifestazione delle Pmi sanità a Roma (Ansa)
Protesta a Roma delle imprese del settore, ancora gravate dal debito ereditato da Roberto Speranza. «Se chiudiamo, agli ospedali mancheranno persino i respiratori».Erano in piazza della Repubblica, ieri a Roma, «perché il governo continua a non ascoltare il nostro grido d’allarme». Centinaia di imprenditori, in rappresentanza di oltre 100.000 addetti del comparto biomedicale, hanno manifestato ribadendo che la norma sul payback metterà in ginocchio gran parte delle 4.500 aziende. Sarà «una catastrofe per le imprese che si troveranno costrette a chiudere, causando l’interruzione delle forniture di dispositivi medici. Mancheranno stent, valvole cardiache e dispositivi salvavita. Una cosa indegna per un Paese civile», è stato l’allarme lanciato da Massimo Riem, presidente di Fifo sanità Confcommercio. È ormai prossima la scadenza del 30 aprile (inizialmente era il 31 gennaio, poi rinviata alla fine di questo mese), termine entro il quale gli imprenditori sono tenuti all’obbligo di ripiano del superamento del tetto di spesa, posto a loro carico da un decreto dell’ex ministro della Salute, Roberto Speranza. Dovranno effettuare versamenti in favore di Regioni e Province autonome per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, pur non avendo alcuna responsabilità per lo sforamento operato dalle varie amministrazioni. Sono costretti a ripianare fino al 50% dello sfondamento del tetto di spesa, per una cifra calcolata sul 4,4% del Fondo sanitario nazionale. Il 28 marzo, il Consiglio dei ministri ha stanziato circa 1,1 miliardi di euro in favore di Regioni e Province autonome per limitare l’impatto del payback sulle aziende fornitrici di dispositivi medici, ma sono appena la metà del dovuto, circa 2,2 miliardi di euro, senza contare che per il periodo successivo (2018-2022) dovrebbero sborsare altri 3,6 miliardi di euro. «Per la stragrande maggioranza delle Pmi questo sconto non comporterebbe alcun tipo di differenza sul piano economico e si troverebbe comunque costretta a fallire, mandando in tilt le forniture di dispositivi medici agli ospedali», sottolineava ieri Riem. Il governo è sordo, protestano gli imprenditori, perlopiù a capo di micro, piccole e medie imprese che rappresentano il 95% del comparto. Inoltre, in cambio dello sconto, è stata chiesta alle aziende «la rinuncia al Tar, ma questo toglierebbe l’ultimo pilastro di protezione», hanno tuonato Fifo e Pmi sanità in una nota congiunta. Senza la possibilità di impugnare il decreto del 6 luglio 2022, stabilito da Speranza di concerto con l’allora ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, non sarà poi possibile per un’impresa contestare le richieste delle Regioni, per ogni anno di ripiano in quota percentuale del disavanzo del bilancio sanitario. Ovvero, 40% per il 2015, 45% per il 2016, 50% per il 2017 e 2018.È una «norma vessatoria», denuncia il comparto. «Lavoro e salute sono i pilastri della nostra nazione. Le ultime due vere ricchezze. Cosa c’è di più importante per il governo, che distoglie risorse da questi due asset italiani?», si è chiesto Gennaro Broya de Lucia, presidente Pmi sanità. «Abbiamo condiviso i dati preliminari dell’autorevole centro studi Nomisma, commissionato congiuntamente con Fifo, che evidenzia gli effetti distruttivi di questa svista normativa. Adesso è il momento di agire. Basta con le scuse, basta giocare con le nostre vite e le nostre libertà», ha così concluso il suo intervento.In caso di stop alle forniture (intanto, le imprese resteranno chiuse per un giorno in segno di protesta), negli ospedali potranno mancare anche ferri chirurgici, ventilatori polmonari per rianimazioni, terapie intensive; sterilizzatori, dispositivi per dialisi, protesi ortopediche e molti altri strumenti indispensabili per la cura e l’assistenza dei pazienti. Il silenzio del governo sta provocando «una crisi senza precedenti dell’intero Sistema sanitario nazionale, le cui cure al cittadino sono in serio pericolo», avverte Broya de Lucia.
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