2022-01-30
        Il platano di Napoleone veglia su Bologna
    
 
        Parco della Montagnola, Bologna (iStock)
    
Nei giardini della Montagnola svetta uno degli arbusti più longevi della città, con i suoi due secoli. Chi gli si avvicina, mentre gli alunni della scuola adiacente giocano chiassosi, può ascoltare le sue confidenze su come il tempo non passa se non ti soffermi a misurarlo.Esiste un vecchio platano bernoccoloso intorno al quale è stato costruito un edificio nel 1934, quando si stavano finendo i lavori per la linea ferroviaria direttissima che avrebbe finalmente unito le città di Bologna e Firenze. Un edificio leggero, rotondo, e con la particolarità di abbracciare un albero già secolare, un platano che era stato messo a dimora in quella terra agli inizi del secolo precedente, quando i giardini vennero ridisegnati così come sono arrivati a noi. Questo è, dal 1662, il più antico giardino del centro della città, corre in cima alla montagnola che costeggia quella che oggi conosciamo come Piazza XX Settembre e l’inizio di Via dell’Indipendenza, a pochi passi dalla Stazione Centrale. I platanoni presenti nei Giardini della Montagnola sono tra gli alberi più annosi del capoluogo, assieme ad altri alberi esotici presenti all’Orto botanico dell’Università, il ciclopico platano di Piazza Malpighi, le sequoie del Parco Melloni e i cedri dei Giardini Margherita. Nel tessuto urbano del centro città gli spazi franchi, e arborei, non mancano: si pensi al Giardino Busoni, al parco di Villa Ghigi, su verso la collina, oppure, alle porte diametralmente opposte della città, al Parco Velodromo. Non è mai facile impedire che la voracità del cemento e dell’asfalto trovino un modo per portar via terra alla terra, e quindi terra alle radici. Il maggiore platano presente in Montagnola è un gemello, con una grande base da cui s’innalzano due distinti fusti secolari; la misura del suo tronco tocca i 650 centimetri di circonferenza.Tra le tante storie degli umani compare ad un certo punto la figura di Lea Giaccaglia Betti (1897-1936), insegnante di scuola elementare, socialista, sposata ad un ferro-tramviere anch’egli socialista, Paolo Betti, si impegna per la rivendicazione dei diritti delle donne ed è attiva nel sindacalismo difficile dei suoi anni, e infatti il regime fascista la arresta e la manda al confino a Lipari e poi a Ponza. Viene liberata nel 1936, 40 giorni prima di morire. Quando negli anni Settanta l’edificio noto come padiglione della Direttissima, presente nei giardini della Montagnola, cerca una nuova destinazione d’uso, si sceglie di farne una scuola e viene intitolata alla Betti. Da allora qui diverse generazioni di bambini vengono a imparare, a studiare, a fare amicizia con altri bambini, e a trovare un vecchio platano che non ha mai smesso di crescere e che è stato chiamato Napoleon Platano, poiché piantato, molto probabilmente, negli anni in cui a Bologna Napoleone volle far sistemare i giardini. Sono trascorsi oltre 200 anni.Lo spazio dove si trova è piccolo, ed è interno alla struttura dell’edificio. O forse questo spazio sembra piccolo perché il suo tronco poderoso sbuca dalla terra e risale fino a spingere le ramificazioni ben oltre il tetto. Lentamente mi avvicino, mi inginocchio, chiedo scusa e poso la nuca al fusto legnoso e scaglioso.Gentile Signor Platano, come sta? Chiedo a voce bassa, quasi un sussurro.Mmm… ci si incorteccia.Quest’anno l’inverno non è tanto freddo, dico.No, quest’anno le foglie quasi non volevano cadere.Lei è molto vecchio. Chissà quante cose avrà sentito in un secolo e oltre?Che cos’è un secolo? Mi chiede la voce baritonale, profonda, che sale dal terreno.Sono 100 anni, cento giri di primavere e autunni.Noi alberi non contiamo il tempo, mi rimbrotta, come se fosse la cosa più naturale da sapere. Ce ne dimentichiamo sempre.Noi umani invece contiamo tutto, anche quando dormiamo.Una vita molto difficile, la vostra…Resto un po’ in silenzio, mi guardo intorno, i giochi dei bambini, e qualche fogliona di platano arricciata caduta ultimamente. In alto i rami sono spogli.Lei è contento di essere così ben voluto dai bambini?Fanno tanto chiasso! Riprende la voce. Sento i loro passi che disegnano piccole ghirlande di suoni intorno alle radici. Ogni tanto qualcuno si siede nella mia pancia, mi fa sempre il solletico, eh-eh, mi accorgo quando non ci sono. Tutto è improvvisamente silenzio e pace.Lei non si sente mai solo? Non parla con gli altri alberi?I miei compagni sono il sole e la pioggia, il vento e la nebbia, il caldo e il freddo. Questa pietra che mi ripara non dice mai nulla, non è viva. Per fortuna la mia solitudine non mi pesa, a noi alberi può capitare di restare soli come un’isola.
        Mahmoud Abu Mazen (Getty Images)
    
        (Guardia di Finanza)
    
I Finanzieri del Comando Provinciale di Varese, nell’ambito di un’attività mirata al contrasto delle indebite erogazioni di risorse pubbliche, hanno individuato tre società controllate da imprenditori spagnoli che hanno richiesto e ottenuto indebitamente oltre 5 milioni di euro di incentivi per la produzione di energia solare da fonti rinnovabili.
L’indagine, condotta dalla Compagnia di Gallarate, è stata avviata attraverso l’analisi delle società operanti nel settore dell’energia elettrica all’interno della circoscrizione del Reparto, che ha scoperto la presenza di numerose imprese con capitale sociale esiguo ma proprietarie di importanti impianti fotovoltaici situati principalmente nelle regioni del Centro e Sud Italia, amministrate da soggetti stranieri domiciliati ma non effettivamente residenti sul territorio nazionale.
Sulla base di tali elementi sono state esaminate le posizioni delle società anche mediante l’esame dei conti correnti bancari. Dall’esito degli accertamenti, è emerso un flusso finanziario in entrata proveniente dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), ente pubblico responsabile dell’erogazione degli incentivi alla produzione di energia elettrica. Tuttavia, le somme erogate venivano immediatamente trasferite tramite bonifici verso l’estero, in particolare verso la Spagna, senza alcuna giustificazione commerciale plausibile.
In seguito sono state esaminate le modalità di autorizzazione, costruzione e incentivazione dei parchi fotovoltaici realizzati dalle società, con la complicità di un soggetto italiano da cui è emerso che le stesse avevano richiesto ad un Comune marchigiano tre diverse autorizzazioni, dichiarando falsamente l’installazione di tre piccoli impianti fotovoltaici. Tale artificio ha consentito di ottenere dal GSE maggiori incentivi. In questi casi, infatti, il Gestore pubblico concede incentivi superiori ai piccoli produttori di energia per compensare i maggiori costi sostenuti rispetto agli impianti di maggiore dimensione, i quali sono inoltre obbligati a ottenere l’Autorizzazione Unica Ambientale rilasciata dalla Provincia. In realtà, nel caso oggetto d’indagine, si trattava di un unico impianto fotovoltaico collegato alla stessa centralina elettrica e protetto da un’unica recinzione.
La situazione è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Roma, competente per i reati relativi all’indebita erogazione di incentivi pubblici, per richiedere il sequestro urgente delle somme illecitamente riscosse, considerati anche gli ingenti trasferimenti verso l’estero. Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha disposto il blocco dei conti correnti utilizzati per l’accredito delle somme da parte del GSE e il vincolo su tutti i beni nella disponibilità degli indagati fino alla concorrenza di oltre 5 milioni di euro.
L’attività della Guardia di Finanza è stata svolta a tutela del corretto impiego dei fondi pubblici al fine di aiutare la crescita produttiva e occupazionale. In particolare, l’intervento ispettivo ha permesso un risparmio pari a ulteriori circa 3 milioni di euro che sarebbero stati erogati dal GSE fino al 2031 alle imprese oggetto d’indagine.
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