A gennaio l'Italia riceverà circa 3,6 milioni di dosi da Pfizer, ma il piano di distribuzione presenta anomalie. La regione del segretario Pd ne riceverà 12.167 per 100.000 abitanti, a quella di Fontana appena 6.106
A gennaio l'Italia riceverà circa 3,6 milioni di dosi da Pfizer, ma il piano di distribuzione presenta anomalie. La regione del segretario Pd ne riceverà 12.167 per 100.000 abitanti, a quella di Fontana appena 6.106Ufficialmente un vaccino contro il Covid ancora non c'è, ma sulla sua distribuzione il governo già da i numeri. L'esecutivo prevede di vaccinare in questa prima fase, la cui partenza è prevista per il 15 gennaio prossimo, circa 1,8 milioni di italiani tra operatori sanitari e cittadini anziani. Ogni ciclo prevede una prima somministrazione e un successivo richiamo, perciò le dosi totali si aggirano intorno alle 3,6 milioni di unità. La suddivisione delle dosi su base territoriale approntata dal ministero della Salute e dal commissario straordinario Domenico Arcuri, però, non convince le regioni. Nelle diapositive illustrate nei giorni scorsi da Arcuri agli enti locali i conti non tornano. L'esempio più eclatante è rappresentato dalla Lombardia, che con i suoi 10 milioni di abitanti dovrebbe ricevere «appena» 617.000 dosi (308.500 vaccinati), pari a 6.100 dosi ogni 100.000 abitanti. Un valore assai inferiore rispetto al Lazio, in attesa di 713.000 dosi, di fatto il doppio in base al numero di abitanti rispetto alla Lombardia. Senza contare che la regione guidata da Nicola Zingaretti è una delle poche rimaste sempre in fascia gialla. Ma davanti al Pirellone si posizionano, sorprendentemente, anche il Friuli Venezia Giulia e la Liguria (entrambi 9.300 dosi/100.000 abitanti), e l'Emilia Romagna (7.900 dosi ogni 100.000 abitanti). Nell'insieme, la Lombardia si posiziona intorno a metà classifica, e comunque sotto alla media nazionale. E se il governatore Attilio Fontana piange, nemmeno altri suoi colleghi ridono. Ultima in fondo alla graduatoria, la Puglia di Michele Emiliano, affiancata da Toscana, Umbria, Basilicata e Sicilia. Poco più su troviamo regioni che pur colpite pesantemente dal Covid dovranno fare i conti, almeno inizialmente, con un quantitativo di vaccino piuttosto limitato: si va dalla Campania, al Veneto, fino al Piemonte.La tabella con i quantitativi non sembra tenere conto nemmeno della gravità dell'epidemia. Sono ben 15 le regioni e province autonome che contano un numero di decessi per 100.000 abitanti superiore a quello del Lazio. Tra queste, oltre alla Lombardia, il Piemonte, le Marche, il Veneto e la Toscana. Buona parte dei territori, perciò, riceverà un quantitativo di dosi inferiore a quanto ci si sarebbe potuto aspettare. Risulta difficile ipotizzare quale criterio abbia guidato il ministro Roberto Speranza e il commissario Arcuri quando si è trattato di riempire le caselle della distribuzione del vaccino. Contattati dalla Verità, dalla regione Lombardia spiegano che «il commissario aveva chiesto una tabella con l'identificazione della popolazione nella “fase 1": operatori sanitari, ospiti e operatori delle Rsa. Noi abbiamo consegnato un dato effettivo e veritiero e non una stima». Secondo quanto si apprende dal Pirellone, numerose regioni hanno richiesto un approfondimento circa l'attendibilità della tabella, e oggi sono attese le prime risposte. Oltre al fattore quantità, permangono i dubbi anche sulle tempistiche. La roadmap confezionata da Lungotevere Ripa è appesa al filo dell'autorizzazione degli unici due vaccini che finora hanno richiesto autorizzazione all'Agenzia europea del farmaco. Ente che, tra l'altro, ieri ha dichiarato di essere stata vittima di un cyberattacco da parte degli hacker. Il nuovo direttore esecutivo dell'Ema, Emer Cooke, ha dichiarato in un'intervista che «probabilmente» il verdetto sul vaccino Pfizer arriverà il 29 dicembre, mentre per quello di Moderna bisognerà attendere il 12 gennaio. Nonostante i risultati preliminari siano positivi, resta il nodo sicurezza. Ribadita la necessità da parte della Cooke di valutare il «rischio in modo da dare una serie di assicurazioni su sicurezza ed efficacia a beneficio di tutta la popolazione europea», rimangono numerose incognite. Preoccupano in particolare l'assenza di report sui bambini, per i quali «uno studio specifico sarà richiesto contestualmente all'approvazione», e i possibili effetti collaterali sugli anziani, la prima categoria a essere vaccinata insieme agli operatori sanitari. «Con l'autorizzazione predisporremo misure stringenti di monitoraggio su tutta la popolazione, inclusi gli anziani», fa sapere l'Ema, «così potremo capire se eventuali casi sono legati alla vaccinazione, a particolari fasce della popolazione o a problemi individuali preesistenti». Ci prova a utilizzare parole rassicuranti Emer Cooke, spiegando che «quanto sappiamo oggi è già moltissimo, ovvero che i dati di sicurezza ed efficacia appaiono molto buoni». Rimane il fatto, per sua stessa ammissione, che «restano diverse questioni che potremo capire con il monitoraggio le cui stringenti condizioni saranno imposte alle aziende proprio dalla nostra autorizzazione». Buona parte della sperimentazione, di fatto, si svolgerà sul campo. E se il vaccino funzionerà, parafrasando Mogol e Lucio Battisti, lo scopriremo solo vivendo.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





