
Lo stesso giorno dello «Svuota carceri», l'ex capo Francesco Basentini ha firmato una circolare per consentire ai reclusi di ricevere bonifici su conti correnti online e per innalzare a 1.200 euro la soglia di spesa mensile. Poco meno dello stipendio da poliziotto penitenziario.Deve essere stato un giorno maledetto per l'ex capo del Dap Francesco Basentini quel 21 marzo. E non solo per la famosa circolare firmata dalla direttrice del cerimoniale Assunta Susy Borzacchiello e ribattezzata «Svuota carceri», con la quale si raccomandava ai direttori degli istituti di pena di inviare «con solerzia» ai magistrati di sorveglianza l'elenco dei detenuti con gravi malattie e anche quelli over 70. L'asserito rischio da Covid-19 ha portato a impensabili scarcerazioni, anche di boss detenuti in 41 bis, il regime di carcere duro dell'ordinamento penitenziario. Quello stesso giorno Basentini ha firmato un'altra circolare che, però, finora era passata inosservata. Anche nel secondo documento, e sempre per gli effetti del coronavirus, ci sono degli aspetti anomali: il primo riguarda la possibilità per i detenuti di ricevere bonifici su conti correnti online; il secondo innalza la soglia massima di spesa mensile. E con una seconda circolare, datata 23 marzo, sempre Basentini stabilisce il tetto oltre il quale ogni detenuto non può più fare acquisti dalla propria cella: 1.200 euro. In pratica cento euro in meno di uno stipendio mensile da poliziotto penitenziario.L'Osapp, Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, è già sul piede di guerra, soprattutto per la possibilità di spendere fino a 1.200 euro al mese in carcere, «dove l'alloggio e il vitto sono già gratuiti». «Si tratta», spiega il segretario dell'Osapp Leo Beneduci, «di condizioni che tuttora persistono e rispetto alle quali restiamo sgomenti». Beneduci si chiede «per quanto tempo ancora la polizia penitenziaria debba avere a che fare con un Dap che continua a perpetrare giochi dalle oscure motivazioni?». Deve essersi posto lo stesso quesito anche il consigliere del Csm Nino Di Matteo, che ieri in Commissione parlamentare antimafia è tornato a parlare della questione della sua mancata nomina al Dap. E ha alzato il tiro, definendo le scarcerazioni con la scusa del Covid «un segnale ai boss». Poi è tornato sulla sua faccenda personale: «Nel 2018», ha spiegato, «ricevetti la telefonata del ministro Alfonso Bonafede per assumere la direzione del Dap o, in alternativa, per prendere il posto di direttore generale degli Affari penali. Più volte nel corso della telefonata il ministro mi ha detto “scelga lei", me lo ha ripetuto almeno tre volte. Io chiusa la telefonata, non ho avuto alcun dubbio ad accettare il Dap». Di Matteo ha spiegato di aver chiesto al ministro 48 ore di tempo per pensare alle offerte, ma Bonafede premeva per tempi più brevi. «La mattina dopo», ha raccontato Di Matteo, «mi recai al ministero e dissi subito che accettavo l'incarico del Dap. Con sorpresa il ministro cominciò a dire che l'incarico era sì importante ma prevedeva competenze che non avevano in fondo a che fare con la mia esperienza. Insistette perché accettassi invece l'incarico agli Affari penali. Mi parlò di aver pensato al dottor Basentini per il Dap». La seconda notte deve aver portato consiglio a Di Matteo, che il giorno seguente è tornato al ministero: «Ho detto a Bonafede di non tenere assolutamente in conto nessuna mia disponibilità per gli Affari penali. Non sono disponibile. Lui insistette più volte e poi mi disse: “Dottor Di Matteo, La prego di rifletterci perché per quest'altro incarico non ci sono dinieghi o mancati gradimenti che tengano"». Quindi, stando al racconto di Di Matteo, un «niet» sul suo nome era arrivato al ministro. «Se avessi avuto elementi per ritenere che il ministro avesse cambiato idea perché indotto dai mafiosi», ha aggiunto Di Matteo, «lo avrei detto subito. Mi sono fatto l'idea di un ministro che determinate dinamiche della lotta alla mafia non era in grado di valutarle bene». E Di Matteo è rimasto in silenzio. «Poi, spiega, sono successe alcune cose che mi hanno indotto a parlare. C'erano state centinaia di scarcerazioni di detenuti per mafia, avevo saputo dai media della circolare del 21 marzo, erano intervenute le dimissioni di Basentini, iniziavano a filtrare le voci di un mio incarico come capo del Dap. Io ho continuato a non parlare e Bonafede ha scelto Dino Petralia (beccato, fresco di nomina, nelle chat di Luca Palamara, ndr)». La stoccata finale arriva quasi a fine audizione: «Penso che le scarcerazioni di mafiosi siano state un segnale devastante dal punto di vista simbolico e che, purtroppo, dal punto di vista mafioso, viene letto come cedimento, come speranza». Nonostante ciò Bonafede resta ancora ben ancorato alla poltrona.
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Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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