La paventata siccità secolare non c’è, i bacini idrici più grandi sono in rapida risalita grazie alle precipitazioni. Ma servono più infrastrutture per affrontare i periodi di scarsa piovosità: l’Ue tolga i vincoli agli investimenti.Tanto tuonò che piovve, stavolta per davvero. Sino a dieci giorni fa il teatrino mediatico emetteva bollettini catastrofici per una siccità ormai conclamata che avrebbe provocato danni irreparabili. Poi è arrivata la pioggia.Vero, il 2022 è stato un anno di minime precipitazioni, con i livelli di molti fiumi e laghi che sono rimasti sotto la media o in alcuni casi hanno fatto segnare nuovi minimi. Questo mese di maggio, però, dopo un inverno asciutto, sta facendo segnare valori che si innalzano vicino alle medie di periodo.Qualche dato. In due settimane il livello del Po si è alzato di 2,5 metri e la portata d’acqua a Cremona è passata dai 277 metri cubi al secondo del primo maggio a un picco di 806. Secondo l’esperto di cambiamenti climatici Edoardo Cremonese, ricercatore dell’Arpa Valle d’Aosta, la neve caduta in quota nelle ultime settimane porta la situazione in Valle «nella media degli ultimi 20 anni, quindi non più critica, tranne forse per la parte più orientale della regione, le valli di Champorcher e Gressoney, che invece sono un po’ sotto. Quest’anno», aggiunge Cremonese, «siamo a 870 milioni di metri cubi di acqua stoccata nella neve, rispetto a una media di 930».Il livello idrometrico del Lago Maggiore è salito a 123 cm, con un riempimento del 91,4%. In Lombardia, l’assessore regionale a Enti locali, montagna, risorse energetiche e utilizzo risorsa idrica, Massimo Sertori, ha affermato che «il deficit di risorsa idrica registra in Lombardia un recupero. All’appello manca ancora un miliardo di metri cubi di risorsa idrica rispetto alla media storica, ma l’anno scorso in questo periodo avevamo una disponibilità inferiore di quasi 500 milioni di metri cubi. La situazione rimane attenzionata, ma più alleggerita rispetto ai mesi precedenti. In questo momento tutti i laghi lombardi hanno recuperato altezza in modo sostanziale, con alcune differenze che vanno dal lago Maggiore, che ha raggiunto quasi il valore massimo, passando dal lago di Como il cui livello è di circa 80 cm in risalita, per arrivare ai dati del lago di Garda che ci consegnano una situazione in lento miglioramento».In Europa, il quadro è diviso in due. Quella Centro-orientale e quella del Nord, a parte la Svezia, presentano un bilancio idrogeologico in linea con le medie di lungo periodo. I due grandi fiumi, Danubio e Reno, sono su livelli ottimi e sono navigabili senza problemi. Francia e Italia sono, invece, in deficit rispetto alle medie di lungo periodo, ma stanno recuperando velocemente.Il bacino delle Alpi, composto da Italia, Francia, Svizzera e Austria, mostra un netto miglioramento dai minimi di marzo, con il 2023 meglio del 2017 e dello scorso anno, seppur ancora in deficit rispetto alla media. Nello stesso bacino, le precipitazioni cumulate sono superiori a quelle del 2022 e 2020, sotto la media di circa un 10% e in rapido recupero.Sulla presunta siccità secolare si è avventata la propaganda degli ambientalisti massimalisti che gridano alla vicina estinzione dell’uomo, colpevole di nefandezze contro il pianeta. Però, così come oggi dagli esperti arrivano inviti a non cantare vittoria rispetto a un bilancio idrogeologico ancora in via di assestamento, sarebbe bene che avvenisse anche il contrario e cioè che non si gridasse all’emergenza a ogni anomalia. Il ritornello che viene ribadito così spesso («Il meteo non è il clima e il clima non è il meteo!») dovrebbe essere fatto proprio innanzitutto da chi non perde occasione per ripeterlo.Il fine di questo ambientalismo apocalittico è sempre quello di creare emergenze, anche dove non ci sono, perché l’emergenza consente di rimuovere cautele e garanzie, annacquando, in più, le responsabilità politiche. Un film già visto. Ma l’emergenza non può essere la cifra di governo di un Paese. Sarebbe anche arrivato il momento di affrontare i problemi per tempo e per quello che sono. Il cosiddetto dissesto idrogeologico è da decenni un tema caldo che racconta la storia di un territorio lasciato a sé stesso, con investimenti pressoché assenti. Porre rimedio a questo dissesto significa anche investire in opere per la cattura delle precipitazioni, per la mitigazione dei periodi asciutti.Lo dice anche Francesco Vincenzi, presidente dell’Associazione nazionale consorzi gestione tutela territorio ed acque Irrigue (Anbi): «L’apporto delle abbondanti piogge non è tesaurizzabile per la mancanza di adeguate infrastrutture di stoccaggio. Per questo è necessario programmare un futuro idrico che, avviando concretamente un piano di invasi medio-piccoli, multifunzionali ed ecocompatibili, eviti il ripetersi delle litanie degli stati d’emergenza; i progetti ci sono». Le soluzioni esistono, dunque, anche per gestire periodi di scarsa piovosità. Vedremo a cosa porterà l’operato del commissario straordinario Nicola Dell’Acqua e se la cabina di regia sulla siccità presieduta da Matteo Salvini darà qualche frutto.Se c’è un’emergenza, questa sta nel vincolo europeo sul bilancio, ostaggio del paradigma germanico della scarsità di risorse e dell’austerità. Se c’è qualcosa che l’Europa può fare oggi non è prestarci soldi per fare ciò che essa ritiene, come fa con il Pnrr, ma permettere agli Stati di escludere gli investimenti dal computo del saldo corrente del bilancio pubblico. Questo libererebbe ingenti risorse, a tutto vantaggio della risoluzione di problemi annosi, come il dissesto idrogeologico e della crescita economica.
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