2021-10-04
Piero Stanig e Gianmarco Daniele: «Che errore chiuderci tutti in casa»
Piero Stanig e Gianmarco Daniele (iStock)
Due professori della Bocconi contro il lockdown: «Nessun piano pandemico prevedeva la reclusione. Era noto che favorisse il virus e i precedenti erano falliti. I colpevoli? Politici e media guidati dal panico».Piero Stanig, politologo, si occupa di sistemi comparati, opinione pubblica e comportamento di voto nelle economie avanzate. Gianmarco Daniele - economista - di selezione e performance della classe politica, criminalità organizzata ed economia pubblica. I due docenti universitari hanno scritto un saggio per Egea Uni-Bocconi. Titolo e sommario parlano da soli: Fallimento Lockdown. Come una politica senza idee ci ha privati della libertà senza proteggerci dal virus.Libro controverso!Stanig: «In realtà analizziamo queste politiche partendo dalla nostra competenza accademica e professionale. L'emergenza è stata gestita male».Eravamo impreparati?S: «Fosse stata un'invasione di dinosauri replicanti creati in laboratorio, sì! Ma tutti i Paesi erano preparati a una pandemia. Dopo la Sars, l'Oms aveva dato un forte impulso alla preparazione di piani pandemici nazionali».E ve li siete letti tutti.S: «Fatti molto bene. Improntati a criteri di razionalità, flessibilità e proporzionalità negli interventi; con analisi costi-benefici e soluzioni suggerite o sconsigliate in base alla possibile gravità degli scenari».È stato scritto che il piano italiano non fosse aggiornato con tanto di inchieste giudiziarie.S: «No. L'errore è stato piuttosto non aver seguito il piano gettandolo nel cestino. In preda al panico i nostri politici non lo hanno letto ed hanno semplicemente improvvisato».In tutto il mondo si è fatto così.S: «“La Cina è un regime comunista, ci siamo detti. Non avremmo mai potuto chiudere l'economia. Poi lo ha fatto l'Italia e ci siamo resi conto che potevamo farlo anche noi". Sono parole di Neil Ferguson, influente epidemiologo inglese che ha avuto un forte peso nella gestione della pandemia. “Le scelte italiane hanno pesato moltissimo nel portare le altre democrazie occidentali ad adottare queste politiche". Lo conferma il filosofo australiano Godfrey Smith».Mi faccia capire. I piani pandemici che non abbiamo seguito non prevedevano le chiusure? «È una crisi economica senza precedenti nella storia recente. Una recessione causata in gran parte da decisioni prese consapevolmente dai governi». Parole di Mario Draghi.S: «È proprio questo il punto. In tutti i piani pandemici la chiusura non era mai contemplata come scelta deliberata ma come conseguenza della pandemia. I documenti descrivevano programmi operativi volti ad assicurare la continuità della vita economica e sociale anche in presenza di tante persone ammalate e impossibilitate a lavorare. Si prevedevano interventi straordinari volti non “a chiudere l'economia" ma “ad aprirla nonostante il virus". La filosofia di fondo non era “fermare il virus ad ogni costo" bensì “che la vita continui" nonostante il virus».Magari l'effettiva gravità della pandemia ha reso quei piani impraticabili.S: «No. Tutti i piani prevedevano diversi livelli di gravità in base ai decessi. Il Covid è una malattia terribile. Ma il livello di gravità effettivamente registrato ex post è sempre stato inferiore a quello massimo previsto. L'Irlanda, ad esempio, è arrivata al secondo dei tre livelli previsti. La Spagna al secondo di cinque. I piani cioè erano stati ancor più prudenziali nelle previsioni».Gianmarco Daniele: «Da nessuna parte mai si prevede di ordinare alla gente di stare “in" casa e non uscire se non per motivi di necessità e urgenza. Mai. La bizzarra idea del lockdown era stata precedentemente sperimentata per pochi giorni e due sole volte durante l'epidemia di Ebola in Sierra Leone (2014 e 2015). Esperienze duramente criticate. Medici senza frontiere dichiarava che un lockdown “distruggerebbe il rapporto di fiducia tra medici e popolazione aiutando la diffusione della malattia". E i mezzi di informazione ci hanno messo del loro».Mettiamoli sul banco degli imputati. A lei la parola.D: «Ci hanno più o meno consapevolmente preparato al panico. Ricorderà i primi video amatoriali cinesi a fine 2019: persone in giacca e cravatta che stramazzavano a terra. Se c'è una cosa che abbiamo appreso è che di Covid si muore soffocati e dopo lunghe sofferenze respiratorie, non certo per fulminanti arresti cardiaci».Su questo hanno forse più responsabilità i social network.D: «Le responsabilità nello stravolgimento del messaggio da parte dei media mainstream sono devastanti. Lo stare “a" casa diventa stare “in" casa. L'esaltazione della clausura quando invece vi è un ampio consenso scientifico sul fatto che stare all'aperto è la cosa da fare. Il piano pandemico giapponese evidenziava con tre C gli errori da non commettere in pandemia: evitare “closed spaces" (luoghi chiusi), “crowded places" (spazi affollati) e “close contacts" (contatti ravvicinati). Ha mai riflettuto sul perché in estate ci si ammala di meno?».Ehm sì… ma lo dica lei.D: «La letteratura scientifica in proposito è sterminata. L'abbiamo presa a riferimento. Ci si ammala di meno perché si fanno molte più cose all'aperto. Gli studiosi di tubercolosi lo sanno fin dalla fine dell'Ottocento. Chicago rimase praticamente indenne nella seconda ondata di spagnola del 1918 grazie a tutta una serie di accorgimenti: ovunque finestre aperte anche se l'inverno lì è rigido. Gli abitanti indossavano panni molto caldi. I locali dovevano essere ben riscaldati proprio perché le finestre erano spalancate e con molta meno energia di noi oggi. Non sarebbe affatto un'idea bislacca far viaggiare i mezzi pubblici in superficie con i finestrini aperti».Come aveva ipotizzato la ministra De Micheli. Pensavo fosse una sciocchezza.D: «È un'opzione intelligente. Invece si sperperano montagne di risorse in rituali rassicuranti, forse, ma senza senso. Atm a Milano impiega 400 persone per la sanificazione - anzi san(t)ificazione - di bus, tram e vagoni due volte al giorno. Uno dei candidati a sindaco vorrebbe estenderle addirittura a cinque. Non mi fraintenda. A tutti piace stare in ambienti puliti. Ma questo non sconfigge il virus. Meglio i finestrini aperti. Cosa peraltro complicata nei mezzi di ultima generazione».Allora domando… perché i politici fanno cose senza senso? Se fossero in buona fede sarebbero degli incapaci. Ma non credo siano stupidi. Quindi dico che sono in malafede e vado di complottismo.Stanig: «Sa perché non siamo complottisti e lo spieghiamo - credo bene - nel nostro libro? Perché essere complottisti significa sopravvalutare la classe dirigente ritenendola capace di pensare e soprattutto realizzare piani sofisticati. Insomma, dei geni del male. Sia chiaro. La tentazione di utilizzare scientemente la pandemia per ridurre gli spazi di libertà è forte. In un paper uscito sul British Medical Journal la tesi di fondo è che la democrazia sia incompatibile con l'eradicazione del virus e quindi occorre superarla affidando pieni poteri a un organismo tecnocratico (nazionale o addirittura sovranazionale) con facoltà di reprimere gli spazi di libertà. Ma al netto di tali deliri, vi è un numero straordinario di incentivi che inducono i politici a fare cose senza senso. Perché incapaci più che malvagi». Daniele: «Più semplicemente, e lo spieghiamo in dettaglio, una volta che l'informazione ha alimentato il panico nella gente, il politico ha tutto l'interesse a fare cose. A mostrare i muscoli. Non pagherà pegno per scelte draconiane. Si parla di salute. E se c'è la salute c'è tutto. Mettere l'esercito per strada o il coprifuoco sono azioni che non costano nulla anche se senza alcun razionale scientifico. Ma il consenso per chi governa in quel momento aumenta fisiologicamente qualunque cosa straordinaria faccia. Anzi, più grossa la si fa, e meglio è. Sarebbe stato più saggio, ad esempio, individuare i luoghi dove il virus si propaga con grande facilità facendo danni e regolarsi di conseguenza. Ad esempio le Rsa. Ma era più teatrale chiudere le scuole invocando un malinteso senso di precauzione. Senza alcuna idea dei danni attuali e prospettici sulle abilità cognitive dei nostri giovani. A questo si aggiunga una crassa ignoranza. Ha presente la demenziale sanificazione delle spiagge. Pure lì si fa vedere alla gente che si sta “facendo qualcosa". Poi la popolarità televisiva dei monsignori virologi. Perché privarli di questa ebbrezza? Infine, come avete dato conto su questo giornale, con l'emergenza arrivano faccendieri senza scrupoli capaci di lucrare su commesse e appalti. Per controllare servono dati. Ma questi devono essere prodotti in tempo reale e con sufficiente grado di dettaglio. Un database rilevante è stato consegnato all'Accademia dei Lincei che però si è rifiutata di renderlo pubblico».Con quale motivazione?«Archivio troppo pesante a loro dire. Per la cronaca, era un giga. Nella mia cartella Dropbox ne gestisco 700».Il green pass è arrivato quando il vostro libro era in stampa. Ma siete stati quasi profeti nel prevedere un'assuefazione a metodi autoritari. Paventate in futuro «nuove tipologie di punizione» per «supposte ragioni di salute pubblica» e che diventano «tecniche di coercizione per orientare le decisioni delle persone».S: «Esatto. E premetto che non sono in linea di principio contrario all'obbligo vaccinale. Ma la Costituzione è chiara. “In nessun caso", dice la Carta, deve venire meno il “rispetto per la persona umana". Più semplicemente significa che un vaccino non può essere imposto a categorie di persone che non corrono alcun rischio e quindi non trarrebbero alcun beneficio. È il caso dei più giovani. Mentre il green pass impone un obbligo surrettizio anche e soprattutto in capo a loro».
Il primo ministro del Pakistan Shehbaz Sharif e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman (Getty Images)
Riyadh e Islamabad hanno firmato un patto di difesa reciproca, che include anche la deterrenza nucleare pakistana. L’intesa rafforza la cooperazione militare e ridefinisce gli equilibri regionali dopo l’attacco israeliano a Doha.
Emanuele Orsini e Dario Scannapieco