L’Euronext growth Milan, riservato alle Pmi, vale meno rispetto agli indici principali e da inizio anno è sceso del 4%. L’esperto: «La tendenza globale è puntare sulle grandi, ma con il ddl Capitali arriveranno incentivi».Euronext growth Milan (Egm) è la denominazione che ha assunto l’ex Aim Italia, ovvero il segmento delle società quotate a Piazza Affari dedicato alle Pmi ad alto potenziale di crescita che sono rappresentate nell’indice Ftse Italia growth. La nascita oltre dieci anni fa di questo mercato doveva facilitare la quotazione delle società di piccola e media taglia, aiutandole a reperire capitali sui mercati, a farne emergere il valore e a rendere più vivace il mercato azionario italiano grazie alle «pepite» quotate.Se si guarda, però, all’andamento dell’indice Ftse Italia growth che fotografa l’andamento delle società presenti su questo mercato, non tutto sembra essere andato alla perfezione. A dieci anni (su base 100) oggi l’indice vale circa 81, mentre l’indice delle azioni principali (Ftse mib) vale 169 e quello delle aziende di media capitalizzazione (Ftse Italia mid cap) 190. Dal punto di vista del numero di quotate, i numeri restituiscono risultati ambivalenti visto che sono oltre 200 a inizio agosto le società su questo listino, ma gli scambi come la capitalizzazione complessiva non sono esaltanti.Da inizio anno, poi, il Ftse Italia growth perde circa il 4% contro una salita di oltre il 20% dell’indice principale. Molte delle società più importanti come capitalizzazione di questo mercato (Comer industries, Cy4gate group, Unidata, Digital value, Technoprobe) negli ultimi mesi hanno chiesto di traslocare nel listino principale e su molte società quotate in questo mercato gli scambi languono. Ma l’arrivo di nuove regole permetterà il rilancio del comparto. «Da una parte questa è anche una tendenza globale che vedo in buona parte dei listini mondiali: privilegiare le azioni a larga capitalizzazione e più liquide rispetto a quelle di taglia più piccola e penalizza soprattutto le “micro cap”», spiega Salvatore Gaziano, direttore investimenti di Soldiexpert scf. «Dall’altra questo deficit di attenzione verso questo mercato ne denuncia evidentemente anche dei limiti che il governo dichiara di voler superare con alcune misure nel prossimo ddl Capitali, un progetto di legge che vuole incentivare (fra le altre cose) la quotazione delle società a Piazza Affari e la partecipazione dei risparmiatori», continua. «L’obiettivo di incentivare il risparmio italiano a investire in Borsa come nelle Pmi (siamo fra i Paesi europei con il più basso possesso di azioni), incoraggiando le aziende a quotarsi e ampliando così la dimensione e la liquidità del mercato azionario italiano è encomiabile se vogliamo far crescere il sistema italiano e renderlo competitivo. Ma occorrerebbe forse interrogarsi sulle ragioni del gap».Negli Stati Uniti, in Francia e in Gran Bretagna (Paesi dove la partecipazione azionaria è molto più elevata) per esempio un risparmiatore per una soglia significativa del proprio patrimonio può ottenere importanti vantaggi fiscali se investe in azioni, Etf o fondi. Anche in azioni di società quotate piccole e medie. E senza frontiere nazionali. Non è obbligato a passare dall’intermediazione di banche, fondi e compagnie assicurative, come invece avviene nel nostro Paese.
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