2024-10-11
Picasso lo straniero: la grande mostra a Palazzo Reale
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Pablo Picasso dipinge la tela "Guernica" nell'atelier dei Grands-Augustins, Parigi, nel maggio-giugno 1937.Musée national Picasso-Paris© Succession Picasso by SIAE 2024© Dora Maar by Siae 2024.Photo © RMN-Grand Palais (Musée national Picasso-Paris) / Adrien Didierjean
A Palazzo Reale di Milano (sino al 2 febbraio 2025) una mostra dal contenuto inedito, che racconta il Genio spagnolo attraverso più di 80 opere e apre a più riflessioni sui temi dell’accoglienza, dell’immigrazione e della relazione con l’altro. Di Pablo Picasso (Malaga,1881-Mougins,1973), artista geniale, innovativo, poliedrico, rivoluzionario, titano della storia dell’arte occidentale, si è detto e scritto di tutto: se ne conoscono le origini (era figlio primogenito di un pittore mediocre, Josè Ruiz y Blasco e di Maria Picasso y López de Oñate , una donna di origini genovesi), la disordinata vita amorosa ( ebbe due mogli e un numero esponenziale di muse-amanti), le «fasi» cruciali della sua arte (semplificando al massimo: periodo rosa, blu, cubismo), le sue opere, il suo impegno politico ( dichiaratamente antifranchista , nel 1937 denunciò la politica del Generalissimo nel pamphlet di vignette Sogno e menzogna di Franco, mentre nel 1944 aderì ufficialmente al Partito Comunista Francese). Eppure, di questa lunga, notissima esistenza, c’è un aspetto decisamente «in ombra», per non dire quasi totalmente sconosciuto ai più: la sua condizione di straniero, di anarchico, di artista d’avanguardia poco gradito alla nazione in cui aveva scelto di vivere, la Francia (Picasso, da Barcellona, si trasferì definitivamente a Parigi nel 1904 e in Francia trascorse tutta la sua vita), Paese che non gli concesse mai la cittadinanza. E non solo: nel 1901 lo schedò come «sorvegliato speciale » con il numero 74.664 , nel 1940 gli rifiutò la naturalizzazione (in quanto «Straniero privo di titoli per ottenere la naturalizzazione; comunque, visto quanto precede, dev’esser considerato estremamente sospetto» ) e, nonostante la sua fama planetaria, sino al 1947 nelle collezioni pubbliche francesi erano presenti solo due sue opere. Fatto, questo, che può sembrare assurdo, ma che ha un illustre precedente nel 1929, quando il Louvre mise il veto alla donazione delle Demoiselles d’Avignon perché giudicato troppo scandaloso…Eppure, a dispetto della sua condizione di «straniero », Picasso in Francia vi rimase quasi 70 anni , qui diede vita alla maggior parte dei suo capolavori e qui, a Mougins, nell’amatissima Provenza, morì nel 1973. Ed è qui che sta l’originalità - e l’impressionante attualità - della straordinaria mostra milanese ( complementare a quella allestita a Palazzo del Tè a Mantova, ricca di oltre 50 opere, in dialogo con gli affreschi di Giulio Romano) , nel raccontare la vita e l’arte di Pablo Picasso alla luce della sua condizione di esule. « … mentre la Francia continuava a malapena a riconoscerlo - ha spiegato la curatrice Annie Cohen-Solal- lui riuscì a proteggersi creando una rete di amici potenti, collezionisti collaboratori e acquirenti in tutta l’Europa dell’Est che lo aiutarono a esporre nei posti più prestigiosi… La scoperta della precarietà nascosta dell'artista e degli ostacoli lungo il suo percorso non ci restituisce un'immagine brutale e poco conosciuta della xenofobia comune, del nostro contemporaneo, e di noi stessi? Queste due mostre complementari diventano anche una radioscopia della Francia, con i sogni che ispira, le sconfitte che impone e i demoni che la affliggono. In tempi caotici come oggi, Picasso diventa un nostro contemporaneo: il suo esempio è una lezione d’ottimismo, un modello da seguire, una spinta all'impegno politico e alla pratica artistica».La Mostra e i documenti ineditiRicco di oltre 80 dipinti ( tra cui Femme assise au chapeau, La Lecture de la lettre, La Baie de Cannes), oltre a ceramiche, disegni, collage e stampe, del percorso espositivo fanno parte anche un nutrito gruppo di documenti inediti, fotografie, lettere e video (provenienti dal MNPP e dal Musée National de l’Histoire de l’Immigration di Parigi), testimonianze importanti, che fino a oggi giacevano da decenni negli scaffali della polizia francese e che solo la determinazione di Annie Cohen-Solal hanno riportato alla luce: «Ho trovato documenti, impronte e fotografie che dimostrano come la polizia considerasse Picasso un alieno e un reietto … Per tutta la vita fu tenuto sotto controllo per tre motivi: non parlava francese e veniva trattato come uno straniero; era sospettato di essere anarchico perché aveva frequentato alcuni catalani e, infine, in quanto artista all’avanguardia, era stato rifiutato dall’Accademia di Belle Arti». Nessuno ha mai indagato questo aspetto della vita dell’artista ed è proprio qui che sta l’originalità della mostra a Palazzo Reale, un’esposizione «non facile », che permette al visitatore di guardare il mondo di Picasso da una prospettiva completamente nuova: quella dello straniero.
Sergio Mattarella con Qu Dongyu, direttore generale della FAO, in occasione della cerimonia di inaugurazione del Museo e Rete per l'Alimentazione e l'Agricoltura (MuNe) nella ricorrenza degli 80 anni della FAO (Ansa)
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