
Sala ha fretta, però al momento non ha i numeri. E i dem non sono più allineati.Tutto rimandato a settembre. Il dossier sulla vendita dello stadio di San Siro a Inter e Milan è stato chiuso, sigillato e infilato in un cassetto. Se ne riparla al rientro dalle ferie agostane (lo ha confermato il sindaco in un passaggio del discorso in Consiglio), nella speranza che l’inchiestona sulle presunte trame edilizie dell’amministrazione di Beppe Sala decanti il giusto. Nuova road map: presentazione in Aula della proposta, votazione per la cessione ai club per 197 milioni (valore indicato da analisi dell’Agenzia delle Entrate), ufficializzazione del passaggio di proprietà prima del 10 novembre 2025, data in cui il secondo anello diventerà vincolato dalla Soprintendenza (dopo 70 anni) rendendo nullo ogni accordo sulla vendita.Come in un romanzo di Leonardo Sciascia, la storia semplice è molto complicata. Per due motivi. Il primo è psicologico: dopo sei anni di telenovela determinata dai pasticci procedurali del borgomastro, nessuno a Milano crede che l’affare vada in porto, men che meno Beppe Marotta e Paolo Scaroni, i quali hanno riferito ai fondi proprietari delle due squadre di non abbandonare le ipotesi B (andare a costruire a Rozzano e San Donato). Il secondo è politico: Sala in questo momento non ha la maggioranza per far passare la vendita e ha bisogno di un Ferragosto tranquillo per ricucire e ritrovarla. Neppure il Pd è più allineato alle sue spalle. Mentre il sindaco mostra fretta nonostante l’inciampo giudiziario («È importante non rallentare ulteriormente il progetto»), il partito di maggioranza in Consiglio comunale a Milano ha cambiato idea. E dalle parti di palazzo Marino si avverte uno stridio di freni. «Vogliamo trattare ma serve cautela» avrebbero detto a Sala la segretaria dem regionale Silvia Roggiani e il segretario milanese Alessandro Capelli al termine di una riunione nel weekend scorso. I dem temono che l’appiattimento dietro il sindaco possa diventare un boomerang e credono sia più saggio attendere nuovi sviluppi dell’inchiesta prima del via libera. Esiste già un problema a sinistra, dove Movimento 5 stelle e Avs hanno fatto sapere che voteranno contro la vendita. Ieri Angelo Bonelli, leader del Verdi ha ribadito: «Non faremo la stampella al Pd e alla vendita dello stadio voteremo contro; Milano non ha bisogno di ulteriori operazioni immobiliari».La vicenda giudiziaria che colpisce San Siro è tutt’altro che banale. Secondo la Procura esisterebbe un presunto «accordo corruttivo» volto a ottenere il controllo sul destino dello Stadio Mezza e del quartiere. A stipularlo - sempre secondo i pm - sarebbero stati il presidente della commissione paesaggio Giuseppe Marinoni, l’architetto Federico Pella e l’assessore alla rigenerazione urbana Giancarlo Tancredi. Nelle carte dei magistrati si legge che «veniva portato avanti un piano criminale legato ai potenziali affari sull’area di San Siro, la cui evoluzione, ancora incerta, dipende dalle decisioni del sindaco Sala, che i suddetti attendono con trepidazione».Da qui la decisione della sinistra milanese di rimandare tutto a settembre per non rimanere invischiata in una situazione ancora più pesante. Nella speranza che non arrivi troppo in fretta novembre con l’ennesimo blocco di tutto. Nel frattempo il Meazza, «affascinante nella sua unicità» solo per chi lo ha visto in tv negli ultimi 10 anni, è stato bocciato dall’Uefa come sede degli Europei 2032 perché «non soddisfa i requisiti». In realtà non li soddisfa da parecchio tempo, basta avere bisogno di un bagno per accorgersene.
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Il ministro dell'Interno e' intervenuto, insieme al capo della Polizia Vittorio Pisani, alla presentazione dell'edizione 2026 del calendario della Polizia di Stato alle Terme di Diocleziano a Roma.
Vladimiro Zarbo (iStock)
- Dopo la terza dose, a Vladimiro Zarbo si bloccarono gambe e braccia. Poi smise di vedere. Ma il Ssn ancora non riconosce la patologia.
- I pazienti pediatrici che assumono antidepressivi o similari sono raddoppiati dal 2020. Lo psichiatra Perna: «In quella fase la socialità è centrale. Il lockdown gliel’ha tolta».
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«Non si mette in discussione, non viene mai ascoltata. Questa supponenza ha portato la sinistra ai margini della vita politica, la totale assenza di umiltà, di mettersi in discussione, che non li fa ascoltare mai e li fa solo parlare tra loro in una stanza». Lo ha detto il premier Giorgia Meloni al comizio del centrodestra a Bari a sostegno del candidato alla presidenza della Puglia Luigi Lobuono, in vista delle Regionali.
Robert W.Malone (Getty Images)
L’inventore della tecnologia mRna: «I Cdc Usa hanno soppresso i dati sugli eventi avversi. La buona notizia è che si possono curare: anch’io ho avuto problemi cardiaci dopo Moderna. L’utilitarismo e lo scientismo hanno prodotto un approccio stalinista alla salute».
Robert Malone è il papà dei vaccini a mRna. È lui che, neolaureato, conduce nel 1987 uno storico esperimento al Salk Institute in California e poi, l’11 gennaio 1988, appunta sul suo taccino: «Se le cellule potessero creare proteine dall’mRna, potrebbe essere possibile trattare l’Rna come farmaco». «Scusatemi, ero giovane, avevo soltanto 28 anni», ha ironizzato qualche settimana fa a Bruxelles. Ieri il fisico e biochimico, nominato dal ministro della salute Usa, Robert F. Kennedy, presidente della commissione vaccini americana (Acip), ha lasciato Roma, dove si è fermato tre giorni per partecipare a un convegno al Senato sull’esperienza statunitense della pandemia e alla conferenza sulla sanità del XXI secolo, organizzata dai medici Giuseppe Barbaro, Mariano Bizzarri, Alberto Donzelli e Sandro Sanvenero, insieme con l’avvocato Gianfrancesco Vecchio.






