2021-01-28
Il piano europeo dei vaccini è un flop ma Bruxelles incolpa Astrazeneca
Ancora scontro tra la casa farmaceutica e la Commissione, che accusa la prima d'aver dirottato le dosi e ora pretende quelle prodotte in Gran Bretagna. Il premier Boris Johnson frena: «Le nostre forniture sono blindate».Ormai tra Astrazeneca e la Commissione europea è scontro all'ultimo sangue. O forse sarebbe meglio dire all'ultima fiala. La temperatura, in realtà, si era già fatta rovente da alcuni giorni. Nella tarda serata di venerdì scorso era trapelata la notizia, poi confermata, di un taglio del 60% nella fornitura delle dosi del vaccino anti-Covid destinate all'Ue nel primo trimestre 2021, con le consegne crollate dagli 80 milioni di dosi attese ad appena 31 milioni. Un colpo durissimo, specie dopo il ridimensionamento di quasi un terzo dell'approvvigionamento annunciato da parte di Pfizer e Biontech a metà gennaio. E proprio nell'arrivo del vaccino Astrazeneca, per il quale è atteso domani il via libera dell'Ema, erano riposte grandi speranze. Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso nei rapporti tra Bruxelles e l'azienda britannico-svedese è stata l'intervista rilasciata dall'amministratore delegato Pascal Soriot ai quotidiani dell'alleanza Lena e pubblicata nel nostro Paese martedì sera da Repubblica. Un colloquio durante il quale Soriot ha approfittato per togliersi più di un sassolino dalla scarpa. Piccato dalla reazione scomposta degli euroburocrati e dai leader dell'Ue, non ultimo le minacce di azioni legali da parte dell'esecutivo giallorosso annunciate da Giuseppe Conte, il numero uno di Astrazeneca ha esposto la sua versione. Prima rispedendo al mittente le accuse rivolte dall'Ue di girare sottobanco dosi a terze parti: «Non dirottiamo i vaccini degli europei ad altri Paesi che, secondo questa ricostruzione ingiusta, ci pagherebbero. Sarebbe insensato da parte nostra, dopo il nostro pubblico impegno nei confronti di Oxford e della collettività tutta». Poi la bomba. «Non c'è alcun obbligo verso l'Unione europea», ha spiegato Soriot, «nel nostro contratto c'è scritto “best effort", ossia “faremo del nostro meglio"». Una formula inserita nell'accordo perché «all'epoca l'Ue voleva avere la stessa capacità produttiva del Regno Unito, nonostante il contratto sia stato firmato tre mesi dopo». Apriti cielo. In particolare, a far indispettire Bruxelles le affermazioni dell'ad di Astrazeneca sulla filiera dedicata al vaccino: «Per quanto riguarda la catena di produzione dedicata all'Ue», ha spiegato Soriot a Repubblica, «la prima fase viene realizzata in due stabilimenti in Belgio e Paesi Bassi; la seconda fase invece in due centri in Germania e in Italia». Ma se l'infialamento procede bene, a preoccupare l'azienda è proprio la prima parte del lavoro: «Le difficoltà nascono con la produzione della sostanza basica del vaccino [...] alcuni siti generano più “raccolto", altri meno, come è accaduto in uno dei nostri siti europei».È stato questo il leitmotiv che ha animato il battibecco tra la Commissione e Astrazeneca per tutta la giornata. Nella mattinata di ieri, fonti europee hanno contestato le dichiarazioni di Soriot, chiarendo che secondo gli accordi la produzione delle dosi destinate all'Ue non sarebbe dovuta avvenire esclusivamente in Belgio. «Non c'è una gerarchia negli impianti di produzione, nel contratto ce ne sono elencati quattro, ma non c'è differenza tra quelli europei e quelli del Regno Unito, che sono parte dell'accordo di pre-acquisto e quindi devono consegnarci le dosi», ha tuonato il commissario alla Salute, Stella Kyriakides. Che poi ha buttato la questione sul piano etico. «Le aziende farmaceutiche hanno una responsabilità morale, sociale e contrattuale da rispettare, forse la logica del “chi arriva prima, prima viene servito" funziona nel negozio sotto casa, ma non nei nostri contratti e nei nostri accordi». A un certo punto la strappo è sembrato insanabile. Di fronte alla minaccia di pubblicare il contratto, Astrazeneca ha revocato la disponibilità a partecipare a una riunione convocata per la serata di ieri. E gli stracci hanno continuato a volare per tutta la giornata. Nei contratti con le case farmaceutiche «abbiamo reso molto chiaro che in caso di incapacità di fornire le dosi vogliamo i soldi indietro», ha dichiarato nel primo pomeriggio un funzionario Ue. Mica bruscolini, dal momento che per l'acquisto sono stanziati - anche se non interamente erogati - la bellezza di 336 milioni di euro.Con il passare delle ore, le acque si sono calmate e Astrazeneca ha confermato la presenza al meeting del comitato direttivo dell'Ue sui vaccini durante il quale ci si augura sia possibile raggiungere un punto d'incontro. Sullo sfondo del battibecco, ancora una volta, la ferita ancora aperta della Brexit. «Noi siamo molto sicuri delle nostre forniture e dei nostri contratti, sono blindati», ha dichiarato il premier britannico Boris Johnson, che di fronte al suo Parlamento ha difeso la scelta di condurre negoziati indipendenti rispetto all'Ue per la fornitura di vaccini. E i numeri gli danno ragione: fino a ieri 7,1 milioni di britannici avevano ricevuto la prima dose, pari al 10,8% della popolazione, contro il 2,5% dell'Italia, il 2,3% della Germania e l'1,8% della Francia. Numeri che sanciscono il fallimento definitivo della strategia vaccinale dell'Ue.