2021-01-16
Pfizer tira il freno a mano sulle fiale e così svanisce l’effetto sesta dose
Il colosso farmaceutico annuncia: -29% di fiale in Italia. A rischio il piano vaccinale in tutta Europa. Domenico Arcuri minaccia cause impossibili, il premier ungherese Viktor Orbán si smarca da Bruxelles e compra l'anti Covid cinese Pfizer ritarda le consegne del vaccino. Di tre o quattro settimane, fanno sapere, con effetti pesanti sulla distribuzione in Europa. Prende così sempre più corpo la tesi che il colosso farmaceutico stia cambiando politica di fornitura, come riportavamo ieri, dopo la raccomandazione del Comitato per i medicinali per l'uomo (Chmp) dell'Ema di ricavare non più cinque ma sei dosi da una fiala. La disponibilità di prodotto aumenta del 20% ma l'Italia, assieme ad altri Paesi, ha concordato l'acquisto per numero di dosi, non di fiala. Immaginiamo che Pfizer non si possa far pagare a parte il vaccino in più, quindi l'unica risposta per non regalarlo è forse quello che sta dando: ritarda le prossime consegne. Anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, deve essere preoccupata perché ha subito chiamato l'amministratore delegato della società. «Mi ha assicurato che il ritardo sarà ridotto al massimo». Domernico Arcuri ha cercato di fare la voce grossa attraverso una nota: «Il commissario all'emergenza, preso atto della gravità della comunicazione nonché della sua incredibile tempistica, ha inviato una formale risposta a Pfizer Italia, nella quale esprime disappunto, indica le possibili conseguenze di una riduzione delle forniture e chiede l'immediato ripristino delle quantità da distribuire nel nostro Paese. Riservandosi, in assenza di risposte, ogni eventuale azione conseguente in tutte le sedi». E ancora: «Alle 15.38 di oggi Pfizer ha comunicato unilateralmente che a partire da lunedì consegnerà al nostro Paese circa il 29% di fiale di vaccino in meno rispetto alla pianificazione». Ieri si è superata la soglia di 1 milione di vaccinati, ma a partire dal 20 di questo mese il commissario straordinario prevede di mettere a disposizione solo 1.500 dei 15.000, tra medici e infermieri, reclutati con l'avviso di massima urgenza dello scorso dicembre. Non basteranno, soprattutto non basterà il vaccino se Pfizer rallenta le consegne e Moderna è ancora ferma a pochi quantitativi: 66.000 dosi la prossima settimana, 163.000 in quella dell'8 febbraio e 488.000 per quella del 22 febbraio. Per Astrazeneca, l'Ema deciderà a fine gennaio quando è previsto anche l'annuncio dei dati di fase 3 del vaccino Johnson & Johnson, uno di quelli opzionati dall'Ue ma che non sarà certo disponibile a breve. Una settimana fa, la von der Leyen esultava per aver ottenuto il raddoppio delle dosi del vaccino Pfizer Biontech, fino a 300 milioni però solo dal secondo e terzo trimestre 2021. Sono bastati pochi giorni, per dimenticare l'euforia e prendere atto che l'azienda farmaceutica sta fornendo pochi farmaci rispetto alle promesse. Eppure Albert Bourla, amministratore delegato della società, ha confermato di aver aumentato la produzione di farmaco anti Covid, passando da 1,3 miliardi a 2 miliardi di dosi per il 2021. Nel corso di una chiacchierata alla JP Morgan healthcare conference, il simposio di investimenti sanitari più ampio e informativo del settore a livello mondiale, martedì scorso Bourla si è vantato di averlo fatto «in modo molto diverso e molto fuori dagli schemi nella produzione». Pfizer rallenta e il premier ungherese, Viktor Orbán, ha così deciso che non vuole aspettare consegne con il contagocce. Per l'acquisto di un vaccino anti Covid si è già accordato con Sinopharm, azienda farmaceutica cinese controllata dallo Stato. «Con il vaccino cinese torneremo alla normalità prima dell'estate», ha dichiarato il primo ministro ieri alla radio. Più volte si era lamentato per come arrivano troppo lentamente le spedizioni del siero Pfizer. A novembre l'Ungheria era stato anche il primo Paese europeo a ricevere campioni di prova del vaccino russo Sputnik V. L'Italia intanto aspetta di conoscere quante dosi saranno disponibili dalla prossima settimana e di quali vaccini, perché le modalità di conservazione e somministrazione sono diverse. Si attendono anche le nuove linee guida sulle priorità da rispettare nella seconda fase delle vaccinazioni, perché le Regioni hanno chiesto più attenzione alle persone con fragilità. Quindi non solo ultraottantenni e forse gli insegnanti, ma anche i malati oncologici. «Rendiamo facile l'accesso ai vaccini in tutta Italia», chiede su Facebook l'infettivologo Matteo Bassetti. «Io credo che occorra affidarci di più a chi è sul territorio», sostiene. «Si dovrebbe evitare di centralizzare l'organizzazione delle vaccinazioni con una struttura unica che compra le siringhe e assume i medici, gli infermieri e gli assistenti sanitari». Per la parte pratica, secondo il direttore della clinica malattie infettive del San Martino di Genova «si dovrebbe lavorare su ciò che esiste già, coinvolgendo nelle vaccinazioni, con accordi regionali, oltre agli ospedali e le Rsa (già coinvolti), le farmacie, i medici di medicina generale, i laboratori privati, usando anche le caserme e i medici militari e affidando alle Regioni la gestione dell'eventuale personale in più che dovrebbe arrivare». Il professore ritiene utile anche chiedere la collaborazione di dentisti e pediatri, come già fanno altri Paesi.