2019-01-22
Gli Usa organizzano in Polonia un convegno anti Iran. La Mogherini come al solito sta con gli ayatollah
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La Casa Bianca organizza a Varsavia una riunione per definire i rischi provenienti da Teheran e la diplomazia Ue si sfila per non prendere posizione. Intanto Israele si muove in Siria. Passaggio di consegne con i militari americani per evitare che il regime iraniano costruisca sul terreno un corridoio a favore dei terroristi.Nelle ultime 36-48 ore, la Siria è stata teatro di ripetute e efficaci azioni israeliane contro i pasdaran iraniani. Le ostilità erano state aperte dagli stessi pasdaran (o forse da milizie sciite, non è ancora chiaro) con il lancio di missili e razzi contro il Golan. La reazione israeliana è stata chirurgica: colpite alcune basi iraniane e depositi presso l'aeroporto siriano di Damasco, con un bilancio oscillante tra le 4 e le 11 unità iraniane rimaste uccise. Ma Gerusalemme - e qui sta il cambio di passo rispetto agli ultimi anni, quando azioni di questo tipo non venivano né confermate né smentite - ha diffuso immagini inequivocabili dei blitz e dei successi riportati sul campo. Essenzialmente verbale - invece - la reazione di Teheran, con il capo dell'aeronautica iraniana che ha scagliato la consueta minaccia: «Generazioni di piloti iraniani sono impazienti di cancellare Israele dalla faccia della terra». Ma, al di là delle provocazioni del regime islamista di Teheran, la situazione sul campo è ben diversa. E non solo perché il premier israeliano Netanyahu ha tenuto il punto in una dichiarazione molto dura («Chi minaccia di eliminarci sarà colpito»), ma perché Gerusalemme ha tutta l'intenzione di mostrare che, dopo l'annuncio del ritiro americano dalla Siria, non consentirà all'Iran di guadagnare terreno. Anzi: Israele intende accrescere il proprio protagonismo nella soluzione della crisi. E per ora anche Mosca, che pure tradizionalmente protegge il suo cliente Assad, ma che ora ha buoni rapporti con il governo di Gerusalemme, non sembra avere granché da eccepire. Le stesse intenzioni di Washington non vanno travisate. Trump ha deciso il ritiro dalla Siria, ma mantiene Teheran assolutamente nel mirino, non solo attraverso l'irrobustimento delle sanzioni contro il regime islamista, ma anche attraverso l'azione diplomatica del Segretario di Stato Mike Pompeo, che lavora per isolare Teheran, e ancora sette giorni fa ha formalmente condannato il programma missilistico iraniano, per violazione della risoluzione 2231 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Il tema sul tappeto è invece un certa inerzia europea. Washington e Gerusalemme non possono certo contare su Lady Pesc Federica Mogherini, da sempre sensibile al dialogo (per non dire catturata nell'interlocuzione) con Teheran. Né ha avuto adeguata eco politica e mediatica l'accusa che pende su Teheran di aver a vario titolo ordinato o pianificato azioni terroristiche in Europa (obiettivi in Olanda, Danimarca e Francia), fino alle recenti rivelazioni del Ministero degli Esteri olandese secondo cui agenti legati a Teheran sarebbero stati responsabili di omicidi mirati nel 2015 e nel 2017.Il punto è se in Ue crescerà la consapevolezza che l'Iran non punta solo al predominio nella sua regione, ma mira anche a minacciare l'Europa su più piani: cyberwarfare, programma missilistico, perfino narcotraffico, e ovviamente terrorismo qui e destabilizzazione in Medioriente. Su questi temi, gli Usa stanno lavorando a un summit in Polonia, a Varsavia, il 13-14 febbraio, centrato proprio sul tema del contrasto all'influenza iraniana. Pompeo ha annunciato l'evento - che sarà coorganizzato da Usa e Polonia - nel corso del suo recente tour in Medio Oriente. Ma già diversi rappresentanti europei hanno preannunciato o lasciato intendere la loro intenzione di boicottare l'appuntamento. La prima è stata ovviamente la stessa Mogherini, nei cui uffici pare si parli della conferenza come di un evento anti-iraniano a cui non si può partecipare. Stessa scelta da Francia e Lussemburgo, mentre non c'è ancora una posizione ufficiale di Germania e Regno Unito. Sarebbe interessante se l'Italia rompesse alcuni schemi e annunciasse la sua partecipazione, anche corrispondendo a una serie di gesti di amicizia da parte dell'amministrazione Trump. Sarebbe anche un modo per voltare pagina rispetto alle scelte dei governi Renzi e Gentiloni, che - rilette a posteriori - appaiono letteralmente surreali. Calenda, allora Ministro dello sviluppo, arrivò a patrocinare una Fiera di amicizia Italia-Iran; vi furono svariate missioni governative per incoraggiare le relazioni commerciali Roma-Teheran; e l'attivismo fu frenetico, esponendo imprese pubbliche e private al rischio di sanzioni Usa.
Jose Mourinho (Getty Images)