2022-04-15
Petrolio, Ue pronta allo stop con aiutino a Berlino e Parigi
Emmanuel Macron e Olaf Scholz (Ansa)
Il «Nyt» cita funzionari Ue: «Embargo graduale per tutelare la Germania e dopo il ballottaggio per non favorire la Le Pen».Mentre si parla con insistenza di un bando delle importazioni di gas e petrolio dalla Russia, il sistema energetico italiano si trova in grave tensione. Dopo la magra produzione idroelettrica registrata a gennaio (2.474 GWh contro 3.749 GWh del 2021, -34%) e a febbraio (1.720 GWh contro 3.532 GWh del 2021, -51%), anche a marzo, stando ai dati preliminari di Terna, si registra una produzione dimezzata rispetto allo stesso mese del 2021 (1.652 GWh contro 3.190 GWh, -48%). Aprile, data la scarsa pioggia, non si preannuncia migliore del trimestre appena concluso. La curva delle precipitazioni cumulate presenta un preoccupante deficit rispetto agli anni passati, difficile da recuperare.La siccità dell’ultimo inverno colpisce la produzione idroelettrica e mette pressione su quella termoelettrica, dunque sulla richiesta di gas. Ciò in assenza di quella distruzione della domanda che ci si aspetterebbe con prezzi elettrici così alti: nonostante il record storico del Pun registrato proprio a marzo (308,07 euro/MWh), il mese appena concluso ha visto infatti un aumento dei consumi elettrici, a 27,35 TWh contro 26,67 TWh del marzo 2021 (+2.5%).Dunque, nell’ipotesi che dal 1° maggio il governo decida di fare a meno del gas russo, il nostro Paese non dispone di alternative al razionamento. Giova ripetere una cosa importante: l’Italia in tutti i mesi dell’anno ha un consumo minimo di 4 miliardi di mc/mese, cui vanno aggiunti circa 2,5 miliardi di mc/mese, che d’inverno coprono parte della curva di consumi termici e d’estate vanno a riempire gli stoccaggi. Il sistema gas Italia nel suo complesso ha cioè sempre bisogno di 6,5 miliardi di mc di gas al mese (in media), da import o da produzione. Affermare che con l’estate il fabbisogno diminuisce è errato: quello che diminuisce d’estate è il consumo, ma il fabbisogno del sistema è costante. Senza il gas russo, in media mancherebbero tutti i mesi più di due miliardi di metri cubi.L’innegabile attivismo del governo lascia intravedere qualche timido risultato, che non si concretizzerà però prima del prossimo anno e solo parzialmente. La cruda realtà è che se domani si interrompessero i flussi di gas dalla Russia, l’Italia non avrebbe alternative a un duro razionamento, in conseguenza del quale ci ritroveremmo in una catastrofe economica e sociale paragonabile, negli effetti, a una guerra. Lo stesso governo lo sostiene implicitamente nel Def presentato qualche giorno fa: in uno scenario di sostituzione solo parziale (85%) del gas proveniente dalla Russia, nel 2022 vi sarebbe un calo del Pil del 2,3% rispetto al tendenziale. Possiamo immaginare cosa accadrebbe se quella percentuale di sostituzione fosse più bassa ancora. Esiste, in qualche cassetto, il vero piano di austerità che ne deriverebbe? Nei giorni scorsi si è molto parlato di piani del governo per la sostituzione delle forniture russe. Ma cosa accadrebbe se la situazione precipitasse e non ci fosse il tempo di trovare le alternative? Quali tagli si prospettano e a carico di chi? Forse questo piano non c’è?Considerato l’entusiasmo di una parte della maggioranza che sostiene il governo italiano, se ancora l’Europa non ha rinunciato a petrolio e gas russo sembra sia solo grazie alla Germania. È vero che l’Italia si trova in una situazione migliore rispetto a Berlino, perché dispone di più alternative ed ha un asset importante, l’Eni, che i tedeschi non hanno. Ma risulta difficile credere che ciò che per la Germania sarebbe una catastrofe epocale, per l’Italia si possa ridurre a qualche settimana di sudate extra con i condizionatori spenti.Il governo tedesco ha fatto quello che gli riesce meglio, cioè i conti, e ne ha tratto la conclusione che il disastro economico e sociale sarebbe di proporzioni enormi. Un prezzo troppo alto da pagare, non in cambio della pace, ma di una mera ipotesi di pace. Si tratta di capire se questa sanzione è davvero utile a far cessare l’orrenda guerra: ebbene, non vi è certezza alcuna che rigettare gas e petrolio russo avrebbe l’effetto di far terminare gli scontri in Ucraina. La storia, semmai, insegna che più le condizioni di una parte belligerante si fanno critiche, più la guerra si fa feroce e sanguinaria.Nella serata di ieri il New York Times, citando anonimi funzionari, riportava che l’Ue starebbe per varare un embargo sui prodotti petroliferi russi (non sul gas, quindi, almeno per il momento). Il divieto di acquisto sarebbe graduale, per dare alla Germania e ad altri Paesi il tempo di organizzarsi con fornitori alternativi. Se ne discuterà concretamente però solo dopo il secondo turno delle elezioni presidenziali francesi, per garantire che l’impatto sui prezzi della benzina «non aiuti il candidato populista di destra Marine Le Pen e danneggi le possibilità di rielezione del presidente Emmanuel Macron», hanno affermato i funzionari. Il che dà una idea molto chiara di quale sia il concetto di democrazia che vige nei corridoi dei palazzi di Bruxelles.Posto che non sono in dubbio le responsabilità principali di questa guerra, a monte della vicenda delle sanzioni rimane un non-detto. E cioè che se le tensioni tra Russia e Ucraina sono infine sfociate in una guerra di invasione è anche a causa della goffa e pretenziosa politica estera dell’Unione europea e di alcuni Stati membri. Una piccola o grande concausa, che, come la lettera rubata nel racconto di Edgar Allan Poe, è sotto gli occhi di tutti ma che in troppi fanno finta di non vedere. Il conto, ancora una volta, sarà a carico dei cittadini.