2019-10-27
Goffredo Bettini: «Perdere in Umbria non ha importanza. Il patto non si tocca»
Il grande vecchio del Pd: «L'alleanza con il M5s è l'unica strada. Conterà capire quanto avremo recuperato rispetto alle europee».Senatore Bettini, lei è il padre spirituale dell'alleanza giallorossa. Ci spiega la foto di Narni? «È un punto di partenza. Narni, e dunque l'Umbria, sono solo la prima tappa di un percorso che porta alla nascita di una esperienza nuova». L'«alleanza larga»? «Chiamiamola “alleanza di prospettiva". Perché se non ha respiro e progetto è una cosa senza senso». È la sua creatura, questa alleanza? «Per carità. Guardi, questo accordo ha diversi padri. È giusto ricordare che la rottura l'ha determinata Renzi, rimuovendo la sua pregiudiziale a un accordo con il M5s».Però Renzi immaginava solo un governo istituzionale, una transizione. Lei scrisse su Facebook un celebre post che o si pensava più in grande o non aveva utilità. «Ne sono convinto ancora, a maggior ragione dopo questa foto. Renzi pensava a una risposta difensiva a Salvini. Io credo che si debba costruire una alternativa alla destra». E se perdete in Umbria? «È più che una possibilità Partiamo in svantaggio, è innegabile».Ha fatto bene Zingaretti a mandare a casa la Marini per lo scandalo dei concorsi? «Benissimo. Ci sono stati evidenti elementi di opacità nella direzione della Regione». Adesso la Marini è data in avvicinamento a Renzi. «Ma la responsabilità, politica, di un sistema di relazioni che ha segnato un distacco dai cittadini è anche sua. Da anni la destra prendeva piede città dopo città nel sonnambulismo del Pd». Proiettiamo quella foto a livello nazionale. Renzi si nota perché non c'è. Non condivide questa alleanza.«Se è così è folle: l'unica alternativa all'alleanza giallorossa era - ed è - il voto». E lei cosa vede in quei quattro uomini in posa? «Un messaggio giusto: “Siamo in campo". È una immagine incoraggiante, doveva arrivare prima». Parlo con Goffredo Bettini in Thailandia. È la mia prima videochiamata su messenger, lui ormai è pratico. Il grande vecchio del Pd ha scelto di non ricandidarsi in Europa, e passa molto più tempo nella sua seconda casa a studiare e scrivere. È stato il maestro politico di Nicola Zingaretti; un suo celebre post dall'Asia aprì la strada all'accordo con il M5s. Torniamo all'Umbria. Una sconfitta può segnare la morte della maggioranza nella culla, dopo la foto di Narni?«No. Conterà capire quanto avremo recuperato rispetto al disastro delle ultime europee, dove Salvini era in testa». Ha poche speranze. «È una regione con un tessuto complesso, associativo, solidale, che con la Lega sarebbe messo in discussione». Lei considera Salvini il male assoluto? «No. Quando sento dire che è il fascismo mi sembra una imbecillità assoluta. È stato bravo a riorganizzare la destra, che ora è la sintesi di un populismo moderno, autoritario e regressivo. Oggi più accattivante perché ha abbandonato l'aspirazione dichiarata ai “pieni poteri". Salvini si è riconvertito a leader di coalizione. Ma nel guanto di velluto nasconde il pugno di ferro».Più rassicurante o più pericoloso? (Sorriso). «Entrambe le cose. Lo dico con una punta di invidia: il nostro campo di forze appare ancora troppo diviso. Ma la strada dell'unità è l'unica che si può praticare. A meno che Renzi...». Non pensi a sganciarsi. «Per noi sarebbe un dramma. Per lui sarebbe un suicidio. Dove va, da solo, con il 5%?».Dice che non c'è alleanza ma un accordo tattico con il M5s.«Mi pare un gioco di parole. Tu governi insieme per tre anni, dici che vuoi eleggere un presidente della Repubblica... puoi chiamarla anche Pippo, ma quello è: un'alleanza!». Ci possono essere altre formule?«L'accordo tra centrosinistra e le altre forze liberali? Renzi ha forse il 4,5%, Calenda il 2,5%, il Pd massimo il 25%. E poi? Salvini ha il 48%! La politica non è un gioco». Quindi con il M5s si deve fare un patto. «Anche il Pci che mangia i bambini aveva una proposta di governo».Renzi pensa di crescere dando filo da torcere a voi.«Lo capisco. Hai un partito neonato, devi farti notare. Ma deve stare attento a non tirare troppo la corda». Lei voleva qualcosa di più dalla manovra? «Si. Bisognava rimodulare l'Iva, usare anche questa leva per riequilibrare tra i ricchi e i poveri. Ma ho visto accenti di sfida da parte di Italia viva. È stato necessario, quindi, un compromesso». «Redistribuzione» è la sua parola chiave di questi tempi. «Vorrei che diventasse la parola identitaria del nuovo Pd. Tu dici “immigrazione" e pensi alla Lega, dici “reddito di cittadinanza" e pensi al M5s... ma cosa ti fa pensare a noi? Se dici “giustizia sociale" dovresti pensare al Pd. O il Pd di Zingaretti diventa questo o non funziona».Torniamo alla manovra.«Ci sono provvedimenti che vanno incontro alle fasce più deboli. C'è la lotta all'evasione fiscale. C'è un rilancio degli investimenti, nei limiti del disastro ereditato. La riduzione del cuneo fiscale».Pochi soldi, dice qualcuno. «È un'inversione di tendenza a favore dei lavoratori. Anche quando c'è poco in frigo si distribuisce a chi ha più fame e più bisogno. Il Pd sta facendo tanto contro la rendita, per uno sviluppo verde, per salvare i grandi presidi industriali. Ma vorrei che il motore di tutta la sua ispirazione fosse accorciare le distanze tra chi ha troppo e chi non ha nulla. Vede, la Lega il conto con questa società liquida e arrabbiata - cito Baumann e De Rita - l'ha fatto». In che senso? «Salvini la risposta a questa domanda di senso e dispersione delle persone l'ha data: ideologica e identitaria. A noi non piace, ma è una risposta: dazi, protezione, muri, tradizione, sovranità. Loro si sono sporcati le mani, noi no!».Se si perde in Umbria l'alleanza può interrompere il suo percorso? «No, non deve».Deve proseguire anche in Emilia Romagna e Calabria? «Deve ripartire in tutte le regioni. Va rodata. E deve crescere in fretta. Se cade il governo è un disastro. Ma voglio ricordare a tutti che, anche in caso di voto, il Pd avanza una prospettiva politica e di alleanza». Un avviso chiaro a chi vorrebbe rompere: lei sta in Thailandia, ma sembra molto vicino a Narni, e all'Italia. «Da lontano si vede molto meglio. Aristotele diceva che la politica è “il luogo della libertà". E io, così lontano e così poco pressato e privo di vincoli materiali, non sono mai stato tanto libero».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
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