
La débâcle di domenica del mio Parma contro il Milan, proprio quando ero inviato a San Siro per Quelli che il calcio, mi costringe ad ammettere che la sconfitta insegna, ma il trionfo rende felici. Anche a costo di dovermi dissociare da Andre Agassi.L'ultima delle dieci partite di calcio che mi hanno più impressionato, nella mia vita, è l'ultima partita di calcio che ho visto, allo stadio Meazza di Milano, Milan-Parma, anticipo della tredicesima giornata del campionato di calcio di serie A che si è giocato domenica 2 dicembre alle 12 e 30. Lo stadio Meazza di Milano, la prima volta che ci sono entrato, 50 anni fa, si chiamava stadio San Siro e era uno stadio bellissimo che aveva la caratteristica che, in qualsiasi posto uno si sedesse, la partita la vedeva benissimo. Dopo, in Italia ci sono stati i Mondiali del 1990, con quella mascotte disgustosa che si chiamava Ciao, che era una specie di Pinocchio stilizzato bianco rosso e verde, una cosa che non si poteva guardava, ma, a parte quello, una conseguenza dei Mondiali del 1990 è stato il fatto che gli stadi italiani, in seguito ai lavori di miglioramento a cui sono stati sottoposti per i Mondiali del Novanta, sono peggiorati tutti. Lo stadio di Bologna, il primo stadio italiano, che in origine si chiamava il Littoriale, e che era stato inaugurato da Benito Mussolini il 31 ottobre del 1926, il giorno che il giovanissimo Anteo Zamboni, in via Indipendenza, gli avrebbe poi sparato, a Mussolini, mancandolo di poco, il Littoriale, dicevo, che adesso si chiama Renato Dall'Ara, nel 1990 l'hanno coperto con una enorme struttura metallica talmente utile che adesso, 28 anni dopo, toglierla e rottamarla è uno dei principali interventi di manutenzione che credo stiano pensando di fare allo stadio Renato Dall'Ara, già Littoriale. Nello stadio Meazza, invece, già stadio San Siro, il terzo anello che era stato aggiunto nel 1990, per questa partita Milan-Parma è chiuso, non accessibile, tranne uno spicchio dietro la porta a sinistra della tribuna dove prendono posto i tifosi del Parma. Cioè non tutti, i tifosi del Parma, perché io per esempio vado in tribuna stampa e sono molto contento, di andare in tribuna stampa a San Siro, perché, in uno stadio dove, escluso il terzo anello, si vede benissimo in qualsiasi posto tu vada, io credevo che in tribuna stampa ci sarebbe stata una vista spettacolare, solo che il nostro posto, in tribuna stampa, di quelli che, come me, sono inviati per la trasmissione televisiva Quelli che il calcio, è nell'ultima fila di sedie del secondo anello, cioè il posto più vicino al terzo anello che si possa immaginare. Che si vedrebbe ancora bene, si vede bene dovunque tu sia, nei primi due anelli, come devo avere anche detto, solo che, davanti a me, c'è una balaustra, un tubo di metallo che, quando la palla è sulla fascia sinistra io mi devo alzar sulle punte, o devo piegare la testa sul tavolino che ho davanti per riuscire a vedere chi ha la palla e cosa sta facendo, proprio un bel posto, mi è stato riservato. Mi consolo col fatto che mio fratello, che tiene per il Milan, è anche lui allo stadio con mia nipote, sua figlia, sono tutti e due abbonati, al secondo anello dall'altra parte, di fronte a me, e ci telefoniamo e ci mettiamo in un posto che ci si possa riconoscere e ci riconosciamo da una tribuna all'altra a un centinaio di metri di distanza e ci salutiamo e siamo contenti come se fossimo due bambini piccoli e mica tanto intelligenti. Una cosa che mi colpisce, poi, è lo striscione che c'è appeso sulla balaustra del secondo anello di fronte a me, uno striscione a strisce rossonere con scritto, in bianco: «Commercialisti rossoneri». Che io quando lo vedo penso che, se facessero delle cene sociali, i commercialisti rossoneri, io ci vorrei andare. O forse no. Forse vorrei stare a casa. Dopo poi comincia la partita e il primo tempo non succede molto, tiene più la palla il Milan ma il Parma ha tre occasioni, il Milan una sola, comunque 0 a 0, alla fine del primo tempo. Poi comincia il secondo tempo e, dopo pochi minuti, segna il Parma, un bellissimo gol su calcio d'angolo di Roberto Inglese, 1 a 0 per noi, io esulto con compostezza, alzo le mani ma poco, non grido neanche tanto, son bravo. Passa qualche minuto e il Milan pareggia, un gol viziato, come si dice, dal fuorigioco di un giocatore turco che gioca nel Milan del quale non scrivo il nome per semplicità, perché ha un nome complicato, e l'arbitro aspetta a riprendere il gioco perché aspetta che i suoi colleghi al Var rivedano l'azione e annullino il gol, l'azione la rivedono ma il gol non l'annullano 1 a 1. Nello stadio esultano tutti, o quasi tutti, alcuni con compostezza alcuni in modo scomposto e pazienza. Passa ancora qualche minuto e l'arbitro, nel bel mezzo di un'azione, interrompe il gioco e si mette ad ascoltare quel che gli dicono i suoi colleghi al Var, e tutti pensano che non gli diranno niente di particolare, nessuno si è accorto di niente, nessuno ha visto irregolarità, e dopo alla fine lui fa il segno della televisione e fischia un rigore a favore del Milan. Esultano tutti con anche segni di far dei salami, che è un'espressione emiliana che significa una cosa commendevole poco. Tira il rigore un giocatore del Milan che si chiama Franck Kessié e, chi l'avrebbe mai detto, fa gol. Due a 1 per il Milan. Esultano ancora tantissimo, intorno Che io, l'altro giorno ho letto un libro scritto in francese dallo scrittore di Praga Patrik Ourednik, e in quel libro a un certo punto un istitutore dice che c'è la gentilezza e c'è il savoir vivre; e che, se uno starnutisce, non bisogna dire, «Che Dio la benedica» o «Salute», è meglio astenersi, dal momento che, se la persona starnutisse ancora, e poi ancora, e poi ancora, bisognerebbe ripetere all'infinito le stesse frasi, e sarebbe fastidioso, e allo stesso modo questi che esultano tre volte, devo dire, per me è proprio fastidioso, ha ragione l'istitutore del libro di Ourednik. Comunque, in questo contesto di maleducazione poi il Parma si mette ad attaccare e il Milan sbaglia tre o quattro gol in contropiede però alla fine poi vince lo stesso, 2 a 1 per loro, e dalla televisione (io sono sempre in collegamento con Quelli che il calcio) un comico ligure che si chiama Dario Vergassola dice che la mia faccia sembra la faccia di sua moglie il giorno che si sono sposati, con i baffi e tutto, e io la mia faccia non la vedo e sua moglie non la conosco non so se ha ragione. Però so che quando abbiam cominciato questa rassegna ho citato il tennista americano Andre Agassi che, quando ha vinto il suo primo Wimbledon, ha detto che ha avuto la sensazione di essere stato messo a parte di un piccolo segreto, che vincere non cambia niente. «Adesso che ho vinto uno slam», ha detto Agassi, «so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quant'è dolorosa una sconfitta. E ciò che provi dopo aver vinto non dura altrettanto a lungo. Nemmeno lontanamente». Quindi, ho detto in quel primo articolo, per me perdere è forse più interessante, che vincere, e lo penso ancora, non ho cambiato opinione, però se il Parma vinceva l'altro giorno a Milano secondo me era poi meglio.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





