2024-03-20
Benvenuti nel regno della percezione (purché non vada contro il potere)
A Rio de Janeiro il 17 marzo la temperatura «percepita» è stata di 62.3°C. Quella reale di 40,4°C (Ansa)
Sesso, temperatura, salute: la realtà ormai è un accidente e contano soltanto le sensazioni e i sentimenti personali. A una condizione: che non venga turbato il racconto prevalente, l’unico che si vuole «oggettivo».In questi anni abbiamo il privilegio di assistere a un fenomeno epocale: la definitiva scomparsa della realtà. Ciò che conta, oggi, non è più il reale, ma il percepito; non quello che davvero accade, ma ciò che noi pensiamo accada o dovrebbe accadere. Ogni giorno ci viene ribadito che la realtà è del tutto ininfluente, anzi è fuorviante, sbagliata, modificabile e correggibile alla bisogna. Se un bambino nasce maschio, ad esempio, non conta nulla. Se egli - in maniera più o meno arbitraria - si percepisce femmina, tutti sono obbligati a riconoscerlo come femmina, e se rifiutano di farlo sono etichettati come odiatori, bigotti, violenti. La realtà biologica del corpo svanisce, ciò che è non conta perché rileva soltanto ciò che dovrebbe essere. Il mondo concreto che ci circonda è in via di dissoluzione, è considerato corrotto, impuro, un regno della falsità. Meglio allora sostituirlo con un universo artificiale in cui le costruzioni mentali dettano legge. Un altro esempio sorprendente lo fornisce la meteorologia. Apprendiamo che domenica, a Rio De Jainero, l’indice di calore ha registrato un nuovo record. «La temperatura», scrive Meteo.it, «ha sfiorato i 62,3 gradi percepiti, circa 144,1 gradi Fahrenheit. Si tratta del valore più di alto registrato negli ultimi dieci anni stando a quanto comunicato dalle autorità meteorologiche. Domenica mattina alle ore 9:55 locali (le 13:55 italiane), la colonnina di mercurio ha visto schizzare la temperatura a 62,3 gradi come sensazione termica». A quanto pare, «è il valore più alto mai registrato dal 2014, basti pensare che il precedente record dell’indice di calore era stato stabilito a novembre con 59,7°C (139,5 gradi Fahrenheit)». Nel dare la notizia, l’agenzia Ansa non si è nemmeno preoccupata di riportare quale fosse la temperatura effettiva in gradi Celsius (sembra di capire che il termometro segnasse 40 gradi circa). A importare, appunto, è soltanto la «sensazione termica», la «temperatura percepita». Che è precisamente di 62,3 gradi, non mezzo grado di più né mezzo grado di meno. Come qualcuno ha notato, è proprio quello 0,3 a dare la sensazione della precisione, della certezza scientifica. Anche se si tratta semplicemente di una percezione che - in quanto tale - dovrebbe poter cambiare a seconda di una complessa serie di variabili. Il cortocircuito è piuttosto evidente: la percezione è mutevole per definizione, ma per essere imposta deve essere misurata alla perfezione, così che la si possa imporre su base scientifica. La scienza stessa, dunque, perde di fondamento, perché non si basa più sull’osservazione del reale: è ridotta a pura speculazione, fantasia, a magia. Funziona così anche per la questione genitale. Si dice che il gender è uno spettro e che - come insegna Judith Butler - esso è pura performance, cioè rappresentazione teatrale. Eppure questa performance è diventata incontestabile: è normata, burocraticamente inquadrata, medicalizzata. La percezione di sé che si oppone alla realtà biologica diventa «disforia di genere», cioè qualcosa che non è una malattia né un disturbo ma è, più vagamente, una «condizione caratterizzata da una intensa e persistente sofferenza causata dal sentire la propria identità di genere diversa dal proprio sesso» (lo scrive l’Istituto superiore di sanità). La disforia è quindi una condizione che dipende da una sensazione, ma su cui però bisogna intervenire modificando la realtà. In pratica non è l’individuo che deve adattarsi al mondo: è il mondo che va adattato a lui, anche se poi è sui corpi dei singoli che si interviene con il bisturi. Riguardo alla temperatura il discorso non è poi troppo diverso. A che cosa serva in quel caso l’insistenza sulla percezione del caldo è chiaro: a giocare sulle emozioni, a far aumentare l’ansia riguardante il cambiamento climatico. Se ci dicono che in Brasile ci sono 40 gradi ci impressioniamo il giusto; se ci dicono che se ne percepiscono 60 e rotti ci immaginiamo l’inferno. È facile intuire il senso di tutto ciò: sulla realtà si può influire più faticosamente che sulla percezione. Quest’ultima, a ben vedere, è facilmente manipolabile e influenzabile. Dunque più confortevole per il potere. Non è un caso che la percezione sia sovrana soltanto quando non turba il racconto prevalente. Se i cittadini si sentono insicuri nelle metropoli europee, e questa sensazione contrasta con la narrazione prevalente in materia di immigrazione (gli stranieri sono una risorsa e mai una minaccia o un problema), allora i giornali scrivono che la percezione degli europei è sbagliata, influenzata dalla propaganda di destra. Se si nota spannometricamente che c’è un numero inconsueto di morti improvvise, stessa solfa: è una percezione errata, viziata dalla emotività dei complottisti che sono in preda a deliri e vivono in un mondo tutto loro. Se i cittadini vedono che, nonostante il green pass, i loro conoscenti si ammalano comunque di Covid, di nuovo è una percezione dannosa e bisogna intervenire sui media per aumentare la pressione. La realtà è svanita, conta la percezione. Ma questa percezione deve essere corrispondente al quadretto disegnato dall’ideologia dominante. Non possiamo agire come vogliamo, ma siamo liberi di percepire quel che ci viene imposto.
Nicolas Sarkozy e Carla Bruni (Getty Images)