2022-01-29
Per ridurre le bollette le facciamo alzare
L’Europa è in un circolo vizioso: ha ripreso a usare il carbone per contrastare i rincari del gas, ma così ha fatto schizzare il prezzo della CO2 a 100 euro. Altra botta sulle aziende in crisi per la transizione. E nel Sostegni ter spuntano pure 100 milioni di tasse verdi.Dopo una settimana il decreto Sostegni ter è stato bollinato e pubblicato in Gazzetta ufficiale. Confermati i pochi soldi in supporto alle aziende vittime del lockdown di fatto e il miliardo e 700 milioni di euro di ulteriori sussidi per calmierare il prezzo delle bollette di gas ed elettricità. Un pacchetto che si va ad aggiungere agli oltre 3 miliardi stanziati dalla legge finanziaria ma che per bocca di Daniele Franco già si dimostrano insufficienti. Il ministro è infatti intervenuto l’altro ieri a un convegno lanciando l’allarme sui rincari. Fa specie che l’abbia fatto mentre il decreto era ancora in fase di riscrittura post Consiglio dei ministri. D’altronde non è l’unica stranezza. Il Sostegni ter non porta un nome a caso. L’intento sarebbe quello di supportare i fatturati in difficoltà, eppure nell’articolo 18 spuntano ben 100 milioni di tasse aggiuntive. Il titolo dell’articolo prevede lo stop ai sussidi dannosi. Di fatto è uno dei tasselli della famosa carbon tax europea. Si penalizzano le attività che usano gas o carburante fossile senza però fornire una concreta o reale alternativa. A partire da giugno verranno affrontate tutte le partite di sostegno a ciò che non è green e l’effetto sarà appesantire con nuove tasse settori che sono già in crisi perché fiaccati dal lockdown e dalla stessa transizione ecologica che mette i prezzi delle materie prime fuori mercato. Nel mondo avulso della Ue ciò dovrebbe servire a spingere il piede sull’acceleratore del cambiamento. Ovviamente non sarà così. O almeno non avverrà salvo lasciare sul terreno una lunga scia di aziende morte che non si convertiranno. Gli esempi concreti sono già sotto gli occhi di tutti. Soprattutto nel settore dell’automotive. La direzione di Bosch ha formalmente dichiarato ai sindacati 700 esuberi nello stabilimento di Bari su un organico di 1.700 persone. La Marelli, inoltre, ha annunciato un esubero entro giugno di 550 dipendenti su un totale in Italia di 7.900 occupati. «La transizione verso l’auto elettrica ha avuto un’accelerazione troppo repentina, che sta schiacciando tutta l’industria automobilistica», ha dichiarato ieri il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana. «La difficile prospettiva rappresentata da Bosch a Bari è conseguenza di questa veloce trasformazione del mercato e di politiche europee drastiche, che penalizzano l’Italia più di altri Paesi, perché l’Italia è la seconda realtà manifatturiera d’Europa», ha concluso facendo un’ottima sintesi.Purtroppo non finisce qui. Perché le scelte errate dell’Ue si misurano anche con un altro parametro del tutto paradossale. Gli interventi che si sono resi necessari negli ultimi mesi al fine di evitare che il costo delle bollette energetiche schizzasse stanno contribuendo a farle nuovamente alzare. All’interno di un circolo vizioso che si spiega proprio con le norme e le tasse Ue anti inquinamento. Quando i prezzi del gas sono schizzati alle stelle per via delle problematiche della supply chain, dei colli di bottiglia sulle materie prime e della pressione sulla filiera imposta dalla transizione ecologica, si è reso necessario riaccendere centrali elettriche a carbone. È accaduto qui in Italia, ma anche in altre nazioni. Bruxelles ha da tempo imposto un mercato delle emissioni di CO2 che serve a penalizzare chi ne emette di più. Alle aste partecipano anche fondi finanziari che dal canto loro contribuiscono a far salire il prezzo penalizzando ancor di più le aziende «inquinanti» costrette a comprare per compensare. Inutile dire che la riattivazione delle centrali a carbone ha impresso un ulteriore balzo dei prezzi. Che in meno di un mese sono passati da circa 85 euro ai 100 di ieri.Un record assoluto e distruttivo se si pensa che il valore di una tonnellata di CO2 era di 75 euro a novembre, 50 a giugno e meno di 30 a inizio del 2021. Tali costi impattano su uno spicchio della bolletta energetica, ma in ogni caso impattano infilando il Continente in un paradosso che aggiunge spese ai costi diretti della transizione. Non dovrebbe servire altro per suggerire di fermare tutto e cercare un sistema alternativo a questa folle transizione. Invece si insiste a correre contro il muro. Basti immaginare che la prossima settimana Bruxelles deciderà la propria posizione sulla cosiddetta tassonomia. Si deciderà la possibilità di usare fondi comuni per investire nel gas, nel nucleare oppure soltanto sulle rinnovabili o su quei nuovi impianti che sostituiscono il carbone. Se così avvenisse noi, più virtuosi, finiremmo penalizzati due volte. Non abbiamo il nucleare e da tempo abbiamo abbandonato il carbone per passare al gas, meno inquinante e più efficiente. Per le aziende a quel punto l’energia sarà ancora più cara. Avremo più chiusure. E le aziende si troveranno a invocare i blackout.