2020-06-06
Per l’ex Ilva in vista 4.000 esuberi. E l’acciaio si spegne anche a Piombino
Arcelor presenta il nuovo piano: conterrebbe tagli a personale e produzione. In bilico pure l'ex Lucchini ora in mano a Jindal.Da Taranto a Piombino il futuro della siderurgia italiana è sempre più incerto e l'unica via d'uscita appare, ancora una volta, l'intervento pubblico, con l'ingresso di Cassa depositi e prestiti che viene invocato da più parti come soluzione definitiva alle crisi di settore. A partire dall'ex stabilimento Ilva di Taranto, per il quale ieri gli angloindiani di Arcelor Mittal hanno presentato al governo il nuovo piano industriale al 2025, dopo il rinvio chiesto dall'ad Lucia Morselli il 25 maggio. Un piano che, secondo indiscrezioni, prevederebbe 4.000 esuberi e una produzione di circa 6 milioni di tonnellate all'anno, in uno scenario che, rispetto all'accordo concluso con il governo lo scorso 4 marzo, è «profondamente cambiato a causa del Covid-19, con il mercato che ha registrato un drastico calo». Già giovedì i sindacati erano stati informati dell'intenzione del gruppo di chiedere una proroga della cassa integrazione ordinaria per gli oltre 8.000 lavoratori dello stabilimento tarantino (praticamente tutti a esclusione dei dirigenti) per altre nove settimane a partire dal 6 luglio. Una richiesta che, insieme alle indiscrezioni sugli esuberi, è stata letta come l'ennesima provocazione di un gruppo che intenderebbe in realtà lasciare l'Italia. «Da tempo continuiamo a sollecitare il governo a prendere atto di una situazione insostenibile all'interno dell'ex Ilva. I comportamenti di Arcelor Mittal sono spregevoli: sono atteggiamenti provocatori che ogni giorno che passa creano enormi danni ambientali, occupazionali e impiantistici», ha detto ieri il segretario generale della Uilm Rocco Palombella. Per il sindacalista ancora fino a poco tempo fa il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, diceva di attendersi dal gruppo indiano un piano «serio, ambizioso e lungimirante e che non mettesse in discussione l'accordo dello scorso 4 marzo», mentre ora le cose sembrano decisamente cambiate.Ieri mattina lo stesso Patuanelli aveva dichiarato a a Radio Anch'io di considerare ormai «scontato» il fatto che da Arcelor Mittal sarebbe arrivato «un piano non in linea con quanto discusso a marzo e con le attese del governo». Un atteggiamento che sembra preludere alla volontà del gruppo indiano di puntare verso l'uscita. «Se (Arcelor Mittal, ndr) vuole andarsene, andasse», è stato infatti il commento del ministro, secondo cui in tal caso si applicherebbero «le clausole di uscita» previste dal contratto. Un'ipotesi sul piatto da tempo: come ha scritto La Verità, Arcelor Mittal avrebbe già accantonato 500 milioni per lasciare Taranto e sarebbe disposta a salire fino a 1 miliardo, trattando l'uscita a luglio. Una cifra che risulterebbe addirittura conveniente per il gruppo angloindiano, che a quanto si è appreso perderebbe circa 120 milioni al mese: lasciando a luglio il risparmio sarebbe quasi di 700 milioni.Per il futuro di Taranto, quindi, l'unica alternativa sarebbe l'ingresso di Cassa depositi e prestiti, che lo stesso Patuanelli ieri ha definito «quasi inevitabile». E in ogni caso, ha spiegato il titolare del Mise, «non ci si può più permettere di ragionare su una sola crisi aziendale. Taranto forse è il tavolo di crisi più ampio, ma se guardiamo al caso singolarmente facciamo un errore. Serve un piano strategico per la filiera».Una strategia nazionale per l'acciaio, da Taranto al Nord Italia passando da Terni e Piombino, che lo stesso Patuanelli ha prospettato giovedì nella videoconferenza su un altro sito siderurgico in crisi, appunto quello della cittadina toscana, il secondo in Italia dopo l'ex Ilva. All'ex Lucchini di Piombino lavorano ancora 1.800 dipendenti diretti, che con le maestranze di altre aziende e l'indotto portano il totale dei lavoratori coinvolti dalla vertenza a circa 5.000. Alla presenza del governatore Enrico Rossi e dei vertici di Jindal, il gruppo indiano che nel 2018 aveva rilevato il sito, il ministro ha confermato la disponibilità dello Stato a ricoprire «un ruolo attivo e temporaneo» nella società Jsw steel Italy Piombino, oltre all'impegno del ministero ad agevolarne la ripresa produttiva all'interno di un nuovo modello di ecosiderurgia, a fronte della presentazione da parte di Jindal di un «piano industriale ponte» entro due settimane. Era stato lo stesso Rossi a metà maggio a scrivere al ministro dello Sviluppo economico, suggerendo l'ingresso temporaneo della Cassa depositi e prestiti nel capitale sociale di Jsw steel Italy Piombino, attraverso una partecipazione di minoranza o con altri strumenti previsti dal dl Rilancio. Una soluzione che lo stesso governatore toscano aveva definito «straordinaria», viste anche le «condizioni straordinarie» che si sono venute a creare con lo scoppio della pandemia, ma che sembra sempre più l'unica strada praticabile per provare ad assicurare un futuro alla siderurgia italiana.