2019-10-12
I partigiani in guerra con il mio libro: belli, ciao
Un'ex consigliera di Sesto San Giovanni ha aizzato l'estrema sinistra. Vuole impedirmi di presentare un libro nella sala dedicata al padre partigiano. Diffonderei l'odio infangandone la memoria, ma non so chi sia. Benvenuti nella democrazia dei compagni.Caro direttore, scusa se ti chiedo un intervento per un fatto personale. Ma ti pare possibile che, in questo disgraziato Paese, sia ancora proibito manifestare le proprie idee, soltanto perché non sono perfettamente allineate con i manganelli dei nuovi e vecchi fascisti rossi? È quello che mi sta succedendo. Ho appena mandato una mail al Comune di Sesto San Giovanni per dire che rinuncio alla serata che avevano organizzato per la presentazione del mio libro, L'Italia non è più italiana, il prossimo 18 ottobre, dal momento che una ex consigliera comunale, Olga Talamucci, ha chiamato gli antifascisti alla lotta per impedirmi l'accesso nella sala intitolata a suo padre, operaio, assessore e partigiano. O bella ciao. «Giordano non ci deve entrare», ha detto. O bella ciao ciao. Ha annunciato che lei sarà lì per evitare che io possa compiere cotanto sacrilegio. O bella ciao ciao ciao. E ha chiesto la mobilitazione di massa al suo fianco perché stamattina s'è svegliata e ha trovato l'invasor. Ora ci sarebbe perfino da ridere, con tutto il rispetto per Olga-partigiano-portami-via-Talamucci, che ha trovato il modo di vivere la sua Resistenza combattendo con sprezzo del pericolo contro un libro. Non ti pare? Lei dice che così vuole onorare la memoria di suo padre e di quelli che hanno combattuto il nazifascismo, a me sembra che li stia coprendo di ridicolo. Lotta dura, contro la copertina senza paura. Per altro ho scritto il mio libro proprio per cercare di difendere l'Italia da chi ce la sta portando via pezzo a pezzo, multinazionali in primis. E ho il velato sospetto che chi è morto in montagna durante la Resistenza non l'abbia fatto per lasciare che il nostro Paese diventasse terreno di conquista dei grandi gruppi americani o cinesi o turchi che comprano le varie Merloni o Zanussi o Pernigotti per depredarle lasciando i lavoratori in strada. Magari la ex consigliera Talamucci la pensa diversamente. È legittimo. Sarebbe stato utile confrontarsi. Ma come facciamo a confrontarci se lei ancor prima di sapere quello che dico vuole vietarmi di parlare? Mi spiace rinunciare al dibattito. E penso che sia uno strano modo di difendere la democrazia quello di impedire la manifestazione delle idee e la presentazione dei libri. Ma tant'è. Ormai ci dovremmo anche essere abituati: l'unico vero fascismo che si è manifestato con una certa evidenza, negli ultimi tempi, è proprio quello rosso. E io non voglio che un libro, che dovrebbe essere occasione di dialogo e confronto, diventi invece il pretesto per l'esibizione muscolare dei fascisti rossi, che a quanto leggo hanno già cominciato a usare i loro manganelli verbali, in attesa di passare al resto. Olio di ricino sulle pagine maledette? O direttamente un bel falò in stile nazista? Questo è il fiore del partigiano, o bella ciao. O meglio del nuovo partigiano. Il quale, anziché combattere l'invasore vero (un'azienda ogni 48 minuti passa nelle mani di un gruppo straniero e molto spesso finisce per essere chiusa), preferisce prendersela con chi queste cose le racconta. La Talamucci-portami-via infatti mi accusa di «infangare la memoria di suo padre» (ma quando mai? Dove? Perché?) e di aver usato «terribili parole d'odio» (ripeto: ma quando mai? Dove? Perché?). Ora capisco che l'impegno dell'ora e sempre Resistenza le porti via molto tempo e non pretendo certo che legga un libro prima di contestarlo (sarebbe troppo), ma se si fosse appena un po' informata prima di organizzare mobilitazioni, si sarebbe accorta che il mio è un racconto di quello che sta succedendo in Italia, tutto documentato, spesso anche con qualche rischio personale. Si può essere d'accordo o no con il taglio, con le riflessioni, con le considerazioni. Ma i fatti sono fatti e meriterebbero, per lo meno di essere conosciuti. Ora, però, è difficile far conoscere i fatti se ti vogliono impedire l'accesso a una sala pubblica. Ed è difficile cominciare una discussione, davanti a una targa di un partigiano morto, con la figlia che ti dice che l'hai infangato, anche se tu non l'hai mai fatto. Vedi, caro direttore, ormai in Italia si sta prendendo questa brutta piega: tu in primis, e poi Massimo de' Manzoni, Martino Cervo, Francesco Borgonovo, Daniele Capezzone, io e tutti quelli che cercano di uscire dalla linea del conformismo politicamente corretto, veniamo bollati preventivamente come razzisti, assassini, seminatori d'odio, infangatori di memorie altrui, con un unico obiettivo, quello di impedirci di parlare. O, se proprio non ce la fanno, per obbligarci a parlare fin dall'inizio in posizione maledetta, costretti a giustificarsi, ancor prima che possiamo esprimere un'idea. Succede ormai sempre più spesso. Succede nei talk show, succede nei dibattiti pubblici, succede nelle piazze. Penso che sia proprio una strategia: siccome stiamo riuscendo a tirare fuori un sacco di verità nascoste, siccome stiamo rischiando per la prima volta di vincere la battaglia delle idee, ecco che le idee fanno terribilmente paura. Devono essere bandite. Silenziate. Tenute fuori dalle sale. O, almeno, devono essere preventivamente marchiate a fuoco con il timbro dell'infamia. È davvero una resistenza, ma con la minuscola. Resistenza al cambiamento. Resistenza al buon senso. Alla civiltà. Alla libertà. Al dibattito. È la strana resistenza di chi, in nome della democrazia, proibisce la manifestazione delle idee. O bella ciao. Lo so, caro direttore, che non bisogna spaventarsi né arrendersi e il successo di questo giornale ne è la dimostrazione evidente. Ma non darò ai fascisti rossi la soddisfazione di organizzarsi la passerella insultandomi. Non discuterò con la figlia di un partigiano che mi dice che ho infangato la memoria di suo padre, prima ancora di sapere che cosa ho da dire. La battaglia continua, ma non a Sesto. Lì non ci andrò. Avrò un po' di pubblicità in meno, ma avrò difeso la mia idea per cui i libri (tutti i libri) sono fatti per essere letti e discussi, non censurati. Lo vedi come sono pericoloso? Mi piace la democrazia. A Sesto ci tornerò volentieri non appena i fascisti rossi, compresa la figlia del partigiano, avranno capito di che si tratta.
Manfred Weber e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Ursula von der Leyen (Ansa)
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L’area tra Varese, Como e Canton Ticino punta a diventare un laboratorio europeo di eccellenza per innovazione, finanza, sviluppo sostenibile e legalità. Il progetto, promosso dall’associazione Concretamente con Fabio Lunghi e Roberto Andreoli, prevede un bond trans-frontaliero per finanziare infrastrutture e sostenere un ecosistema imprenditoriale innovativo. La Banca Europea per gli Investimenti potrebbe giocare un ruolo chiave, rendendo l’iniziativa un modello replicabile in altre regioni d’Europa.