2021-05-06
Per Csm e Quirinale la linea non cambia: ignorare la bufera e fare finta di nulla
Il plenum se la cava con un accenno retorico ai giudici martiri. E il Colle arrocca: «Nessuna interferenza su indagini in corso».«In un momento difficile per la magistratura che ha voglia di un grande riscatto, come pure il Csm, Pietro Scaglione e Rosario Livatino sono le figure a cui fare riferimento». Il vicepresidente del Csm, David Ermini, liquida con una frase di circostanza la bufera che sta investendo la magistratura italiana, in apertura del plenum di ieri. Nulla di più di un riferimento alle figure di Scaglione e Livatino, giudici barbaramente trucidati dalla mafia, ricordati ieri dal Csm. Neanche un accenno a una vicenda, quella scaturita dalle rivelazioni contenute nei verbali degli interrogatori resi ai pm milanesi dall'avvocato Piero Amara, che al di là dell'attendibilità delle circostanze riferite, sta gettando un'ombra devastante sull'intera magistratura italiana, pochi mesi dopo l'esplosione del caso-Palamara. Palamara e Amara: così simili i due cognomi, così diverse le due vicende, legate dal filo rosso dello sconcerto suscitato nell'opinione pubblica: ci sarebbe bisogno, mai come oggi, di chiarezza, trasparenza, di una pubblica presa di posizione del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che è anche il capo del Csm. Altro che «provocare il Quirinale», altro che «tirare per la giacchetta il Capo dello Stato», come afferma qualche solone: mai come in questo momento una parola di chiarezza da parte di Mattarella sarebbe non solo opportuna ma necessaria, considerato che ogni mattina decine di migliaia di italiani si trovano a dover avere a che fare con una toga, e hanno il diritto sacrosanto di sentirsi garantiti. Niente da fare, in ogni caso: non solo Mattarella non parla, ma fa sapere pure che non intende parlare. Oggi il Presidente della Repubblica sarà al Csm per assistere alla proiezione del documentario su Rosario Livatino, che domenica prossima, 9 maggio, nella cattedrale di Agrigento, sarà proclamato beato. «Sarà una iniziativa a carattere storico-religioso», fanno sapere dal Quirinale, «e non è previsto che Mattarella prenda la parola. Quanto al merito della questione che sta agitando la magistratura il Colle, interpellato in proposito», prosegue la nota fatta trapelare dalla Presidenza della Repubblica, «ribadisce quanto sia essenziale, per tutti, il rispetto assoluto delle regole. Della vicenda si stanno infatti occupando ben quattro Procure. Ogni ulteriore intervento si configurerebbe come una indebita interferenza nelle indagini in corso». Dunque, niente da fare: nemmeno oggi Mattarella dirà nulla sul caso Amara. Qualcuno, però, al Csm inizia a muoversi: è il caso dei consiglieri togati di Magistratura Indipendente, Loredana Miccichè, Paola Braggion, Antonio D'Amato e Tiziana Balduini, che hanno presentato un documento al Comitato di presidenza per chiedere che il Consiglio superiore della magistratura si costituisca parte offesa nei procedimenti in corso davanti alle procure di Roma, Milano e Perugia. «Considerato quanto si è appreso», scrivono i quattro consiglieri, «dalle dichiarazioni rese dal consigliere Antonino Di Matteo in apertura della seduta plenaria del 28 aprile, nonché da molteplici notizie di stampa, riportate negli ultimi giorni, da tutti i quotidiani a diffusione nazionale, le quali adombravano l'avvenuta diffusione di notizie coperte dal segreto istruttorio e contenenti riferimenti anche a questo Consiglio; ritenuto», aggiungono, «pertanto che il Csm debba essere considerato oggetto di una inquietante e oscura attività di dossieraggio e delegittimazione, volta, da un lato, ad influenzare l'organo, indebitamente dall'esterno, nell'esercizio delle proprie prerogative costituzionali e, dall'altro, a screditare l'autorevolezza e il prestigio presso l'opinione pubblica e la cittadinanza», si chiede che «il Comitato di presidenza valuti l'intervento di questo Consiglio superiore, in qualità di persona offesa, nei procedimenti penali in corso presso l'autorità giudiziaria di Roma, Milano e Perugia, al fine di poter esercitare tutte le prerogative che il codice di rito riserva alla persona offesa fin dalla fase delle indagini preliminari, allo scopo di tutelare e salvaguardare l'istituzione consiliare da indebite interferenze esterne e difenderne e così», concludono Miccichè, Braggion, D'Amato e Balduini, «l'autonomia in ogni sede». Torna alla carica anche il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri: «Prendo atto», afferma Gasparri, «della giusta e precisa affermazione del Quirinale in merito al fatto che quattro Procure si stanno occupando degli ultimi scandali del Csm e della magistratura. Però vorrei capire da Davigo: quando dice che ha parlato “chi di dovere", con chi ha parlato? Ermini, vice presidente del Csm, con chi ha parlato? E le quattro Procure da quando stanno indagando? Da quando le vicende sono emerse in maniera molto irrituale», aggiunge Gasparri, «o soltanto adesso che la vicenda, nonostante il tentativo di censura di alcuni giornali, è finita in televisione e sulle pagine dei quotidiani? Servono trasparenza e credibilità. Troppi nella magistratura e il Csm non ne hanno più».