2020-11-14
Così l’avvocato aggirava
fisco e regole del Pd per favorire l’ex premier
Nel 2012, l'editore Mandragora stampò 200.000 copie del libro dell'allora candidato alle primarie. A saldare fu la fondazione, che poi interpellò una società svizzera per aggirare i tetti di spesa dei dem e pagare meno tasse.Quando si sbaglia bisogna avere il coraggio di ammettere l'errore. Dunque, eccoci qui, con il capo cosparso di cenere. Ieri abbiamo messo a confronto l'attività di alcune riconosciute fondazioni politiche con quella che faceva riferimento a Matteo Renzi e per la cui raccolta fondi l'ex presidente del Consiglio ha ricevuto un avviso di garanzia. Nell'editoriale della Verità spiegavamo che, a differenza di Open, Italiani Europei e Astrid sono un esempio di enti patrocinati da politici che fanno attività culturale, cioè organizzano convegni ed editano riviste e libri, cosa che non ci risultava facesse l'organismo a cui aveva dato vita il fondatore di Italia viva. L'attività della sua fondazione, spiegavamo, in fondo si riduceva a raccogliere soldi per la politica, finanziando al massimo la kermesse renziana della Leopolda. Beh, ci sbagliavamo: non è vero che Open, oltre a pagare i conti del Giglio magico, metteva insieme solo lo spettacolino di potere che ogni anno andava in scena all'interno della stazione vicina a Porta al Prato. No, anche la fondazione di Matteo svolgeva un'attività culturale e per rendersene conto è sufficiente sfogliare gli atti dell'inchiesta della Procura di Firenze. Nei documenti, infatti, si rinviene un contratto piuttosto interessante, che risale al 26 ottobre del 2012, ossia oltre un anno prima della scalata a Palazzo Chigi da parte di Matteo Renzi, quando Open si chiamava ancora Big Bang. In esso, la società Mandragora, con sede in piazza del Duomo del capoluogo toscano, commissionava all'allora sindaco di Firenze la redazione di un'opera dal titolo: Adesso! Il viaggio per cambiare l'Italia. In base all'accordo, il volume doveva essere composto da circa 30 cartelle e illustrare fotograficamente la campagna itinerante di Matteo Renzi nelle province italiane. Inquadriamo l'epoca: eravamo nel periodo in cui il Rottamatore provava a impadronirsi del Pd ma, dopo aver girato in lungo e in largo l'Italia a bordo di un camper, avrebbe dovuto arrendersi di fronte al 61 a 39 che consegnò il Pd a Pier Luigi Bersani. Prima di prendere l'autobus che doveva portarlo al governo, Renzi stipulò però il patto per un libro che doveva celebrare il suo successo. E fin qui niente di male, la vanità è una debolezza che hanno molti uomini, i politici in particolare. L'aspetto interessante però è un altro, ovvero il numero di copie che la sconosciuta casa editrice si obbligava a stampare, cioè 200.000, ossia cifre da best seller degne di Frederick Forsyth. Vi domandate perché una società specializzata nella pubblicazione di cataloghi e libri d'arte editasse il volume di un tizio che su un camper voleva cambiare l'Italia? La risposta è agli atti, nel senso che tra i documenti che la Guardia di finanza ha sequestrato all'avvocato Alberto Bianchi, presidente della Fondazione Open, c'è la spiegazione, in quanto, come disse lo stesso Renzi, tutto è tracciato. E allora, tra le tracce rinvenute, ci sono le fatture della Mandragora alla Big Bang, progenitrice di Open: 150.000 euro da pagarsi in comode rate nel giro di cinque mesi. Ecco dunque l'attività «culturale» della fondazione: l'allora sindaco fece un tour in Italia e Big Bang pagò la stampa di un eccitante libro fotografico sul viaggio in Italia del sindaco, volume distribuito poi agli appassionati del genere. C'è però un passaggio che si colloca a metà tra la stampa dell'opuscolo e il pagamento da parte della fondazione della fattura di 150.000 euro, ed è una mail dell'avvocato Bianchi, il quale scrive a un certo Sebastiano Cossia Castiglioni, manager di una società di advisory strategy con base a Lugano. Nella lettera, il legale renziano sollecita l'interlocutore - che poi nel suo curriculum inserirà un'esperienza da consigliere della presidenza del Consiglio fra il 2014 e il 2016 - a mettere mano al portafogli. «La cosa più lineare è che i sostenitori che rappresenti facciano un accordo con la Fondazione BB (Big Bang, ndr) in forza del quale si accollano il debito che essa vanta con la casa editrice Mandragora». Perché Bianchi chiede a Cossia Castiglioni e ai sostenitori che rappresenta di pagare la stampa di un libro di Renzi? È lui stesso a spiegarlo: «Questo consentirebbe: 1 - a voi di avere un rapporto giuridico con la Fondazione, non con terzi, come chiedevi. 2 - alla Fondazione di non figurare come materiale pagatore della casa editrice: il pagamento diretto della Fondazione a quest'ultima le farebbe superare il “tetto" posto dal Pd alle spese delle primarie mettendo in difficoltà Matteo adesso e in futuro. 3 - a Matteo o alla Fondazione di non essere soggetti cedenti diritti per libri futuri, dato che la cessione genererebbe redditi assoggettati in Italia a consistenti oneri fiscali». Traduzione: bisogna aggirare le regole del Pd e pure quelle fiscali. Da ultimo, Bianchi consiglia di fare l'operazione con un soggetto avente sede in Italia, invece che esterovestito. Certo, non sta bene che a finanziare una fondazione politica sia una misteriosa società con sede a Lugano di cui non sono noti i sostenitori. L'operazione probabilmente non andò in porto, anche perché poi a saldare il conto fu direttamente la Fondazione, ma dimostra il modus operandi. Ciò detto, ci sia permessa una piccola annotazione a commento di quanto abbiamo scritto nei giorni scorsi: ma i militanti delle Feste dell'Unità, quelli che correvano plaudenti ad ascoltare i discorsi di Renzi, che ne pensano della spesa di 143.000 euro per un volo su un jet privato che ha consentito all'ex premier di parlare 143 secondi a una commemorazione in America? La vanità, dicevamo, è una debolezza degli uomini e dei politici in particolare. Ma una vanità che costa 134.900 euro, cioè quasi 1.000 euro al secondo, non è un po' cara? Soprattutto se a pagare non è il vanitoso?
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