2021-11-03
I sindacati trattano sulle pensioni. Ma da soli
Filtrano indiscrezioni sull'anticipo esteso a 62 anni con il ricalcolo contributivo dell'assegno. Tensioni anche su Opzione donna, giovani e precoci. Le sigle avanzano ulteriori proposte di flessibilità, però non si sa se Draghi avvierà un tavolo o no.Nessun incontro in vista tra sindacati e governo sul tema delle pensioni. Dopo l'approvazione di settimana scorsa, in Consiglio dei ministri, della legge di bilancio 2022 e l'apertura al dialogo con le parti sociali, vista la scelta di optare per quota 102 per l'anno prossimo, Mario Draghi non ha ancora messo in calendario un incontro con i sindacati sulle pensioni. «Non si è ancora aperto nessun tavolo di confronto», spiega Ezio Cigna, responsabile previdenza della Cgil, né ci sono ipotesi su cui si sta discutendo. L'idea di «Opzione tutti», descritta da Repubblica, non piace per niente ai sindacati, dato che non condividono la sua natura di ricalcolo contributivo. L'ipotesi vedrebbe dunque l'estensione di Opzione donna a tutti, dando la possibilità di andare in pensione a 61, massimo 62 anni d'età. La flessibilità verrebbe dunque garantita applicando un ricalcolo a tutti quei lavoratori che si trovano in una situazione pensionistica ibrida (una quota retributiva maturata fino al 1995 e poi il contributivo), mentre per gli altri non cambierebbe nulla, dato che sono già nel contributivo puro. L'Opzione renderebbe però le pensioni molto più leggere e questo non è accettabile secondo i sindacati: «Sarebbe una carneficina. Non può essere applicata, non puoi cambiare il passato», spiega Domenico Proietti, segretario confederale Uil e responsabile politiche fiscali e previdenziali. Un'idea che dunque non piace ma che il governo potrebbe mettere sul tavolo del confronto con le parti sociali quando lo convocherà. L'indiscrezione non sarebbe arrivata dal Mef, e quindi non si può escludere che giunga proprio da Palazzo Chigi.Nonostante non ci siano ancora ipotesi ufficiali in campo su ciò che accadrà dal 2023, i sindacati scalpitano per poter incontrare Draghi, dato che i temi di cui discutere non mancano. Critiche arrivano infatti sia sulle varie misure varate all'interno della legge di bilancio sia sul futuro del mondo pensionistico. Secondo Cigna quota 102 è stata un errore, dato che è «una misura che vale solo per un anno. E servirà a pochissime persone». Inoltre non dà nessuna indicazione sul futuro, e dunque su cosa accadrà dal 2023 in poi. Stesso identico ragionamento, secondo Cigna, lo si può applicare a Opzione donna. La misura è stata prorogata solo per un anno, senza dare una certezza per il dopo, «nonostante non rappresenti un costo aggiuntivo sulla spesa della previdenza». Le donne, continua Cigna, «hanno subito la Fornero e adesso si mettono in campo misure che poco aiutano la categoria». Su Opzione donna sarebbero in pressing anche i partiti della maggioranza che, secondo indiscrezioni, vorrebbero eliminare l'inasprimento dei requisiti d'accesso, lasciando quelli attuali (58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome con 35 di contributi). Desiderio che però con molta probabilità non si realizzerà.Ma non finisce qua perché per la Cgil c'è anche il problema legato all'Ape sociale. Questo strumento è stato «integrato con una serie di categorie sulla base del criterio della gravosità», aveva spiegato Andrea Orlando, il ministro del Lavoro, settimana scorsa durante la presentazione della legge di bilancio. In tutto questo ragionamento sono stati però esclusi i lavoratori precoci. Scelta che secondo il sindacato è totalmente distaccata dalla realtà, dato che negli ultimi quattro anni (2017- 2018-2019-2020) le pratiche di Ape sociale sono state solo 4.000, a fronte di circa 20.000 per quanto riguarda i lavoratori precoci. Secondo la Cgil il governo non è riuscito a garantire una flessibilità dall'uscita dal mondo del lavoro né tanto meno a mettere in campo misure di lungo respiro. Per i sindacati si dovrebbe quindi puntare in primo luogo a equiparare l'età di pensionamento in Italia con quello che accade negli altri Paesi. «In Germania, per esempio, l'età di uscita dal lavoro è di 64 anni», spiega Proietti. Si dovrebbe dunque poter garantire agli italiani di andare in pensione a 62 (massimo 63) anni di età o con 41 anni di contributi «e con le regole di calcolo che ci sono oggi», continua Cigna, «non ci deve essere nessun ricalcolo». Oltre al tema della flessibilità i sindacati hanno le idee chiare anche su altri aspetti, e uno di questi sono i giovani. Per loro si vorrebbe infatti studiare una sorta di contribuzione figurativa che vada a coprire i buchi contributivi dovuti all'assenza di un lavoro. Il piano di azione deve però essere messo in campo subito, spiegano i sindacati. Adesso si devono raccogliere i dati e le evidenze per poter poi mettere in azione un vero e proprio sistema per cercare di aiutare i giovani e le loro pensioni del futuro. Altro tassello sono le donne. E dunque, per ogni figlio, l'idea è quella di concedere l'anticipo sulla pensione. Questo per dare un riconoscimento «ai lavori di cura» di cui le donne molto spesso si fanno carico all'interno della famiglia. E infine il pilastro della previdenza complementare che a oggi «conta ancora pochi iscritti», spiega Proietti. Secondo la Uil bisognerebbe valorizzare gli strumenti a disposizione in modo da sensibilizzare maggiormente gli italiani. Sicuramente la previdenza complementare è un mezzo utile per crearsi una pensione integrativa, ma c'è da dire che non tutti (e specialmente i giovani) possono permettersi di mettere da parte una piccola somma per il futuro se con difficoltà arrivano a fine mese. Tra le varie idee e visioni sfumate del futuro l'unico punto fermo resta quindi quota 102, contenuta all'interno della legge di bilancio 2022, che permetterà di andare in pensione l'anno prossimo con 64 anni di età e 38 di contributi. E la proroga del contratto di espansione per un biennio. La misura era stata prevista in via sperimentare per il 2019 e il 2020 e poi successivamente riconfermata nel 2021. Visto il successo che ha registrato, il governo ha pensato di prorogarla per altri due anni ampliando anche la platea di beneficiari. Le altre caratteristiche rimangono invariate. E dunque il contratto di espansione potrà essere attivato anche dalle imprese che hanno almeno 50 dipendenti. Questa soglia, precisa la manovra, potrà essere raggiunta anche attraverso le varie formule di aggregazione stabile di impresa che hanno però una finalità comune di produzione o servizi.