2021-06-09
«Pensateci bene». Il monito di Valentina ritornata femmina
Dopo il cambio di sesso, la ventisettenne si è accorta dell'errore A Fuori dal coro accusa: «Non mi diedero il tempo di capire».«Ero in prigione». Dice proprio così, guardandosi indietro, Valentina Beoni, 29 anni di cui otto vissuti col nome di Valentino, prima di decidere a tornare alla sua identità originale. Ma quella della prigionia in un corpo non suo è solo una delle toccanti ammissioni di questa giovane raccolte nel servizio della giornalista Simona Gallo, andato in onda ieri sera a Fuori dal coro, su Rete 4. Tutto ha inizio quando, ancora adolescente, la Beoni, che ha tre fratelli e risiede in provincia di Milano, sperimenta un'inclinazione omosessuale. «Ho sempre desiderato», ricorda, «essere più mascolina. Mi sono identificata con il sesso maschile da quando ero piccola, e poi perché sono sempre stata attratta dalle ragazze. Non accettavo la mia omosessualità, e quindi ho deciso di fare questo percorso». Così la giovane, che fino ai 18 anni di virile aveva solo i capelli corti, ha intrapreso l'iter che porta al «cambio di sesso». La fase iniziale è stata segnata da un certo entusiasmo. Valentino si piaceva. Poi però Valentina Beoni è entrata in una sorta di tunnel, indipendente dalla posizione della famiglia - giunta ad accettare la sua nuova identità -, dove la gioia, affievolitasi sullo sfondo, ha lasciato il posto alla delusione.«Il fatto che la cura ormonale non sarebbe più finita», spiega, «mi faceva sentire veramente a disagio, in prigione. Infatti c'è stato un periodo in cui non uscivo di casa, non avevo amici». Ecco che allora, un paio di anni fa, la ventisettenne ha detto basta: basta a Valentino, agli ormoni, basta a quei panni un tempo desiderati ma, in fondo, non suoi. La pandemia ha finora impedito alla giovane di sottoporsi ai trattamenti dei detransitioners, i trans pentiti; infatti, trovandosi in uno stadio intermedio, è ancora costretta alle abitudini della sua identità precedente, quella che le stava stretta. Come radersi la barba: «Ancora adesso non riesco a farla bene». Colpa del testosterone, che però non assume più. Infatti il suo fisico è già più tondeggiante di prima. Le sono pure tornate le mestruazioni. Non sarà semplice, e solo da poco Valentina - che si sta facendo di nuovo crescere i capelli lunghi come un tempo - ha compreso che quello sperimentato è qualcosa che lascerà in lei dei segni indelebili. «Dopo tutto ciò che ho fatto, mi sono cresciuti i peli sulle gambe, sulle braccia e la barba», racconta. «Oggi capisco che bisogna pensarci bene prima di fare questa cosa, perché è un percorso da cui difficilmente si torna indietro; soprattutto perché certe cose ti rimangono, per esempio nel mio caso la voce bassa».Anche la barba non se ne andrà via da sola. Le toccherà sottoporsi al laser, prospettiva che comprensibilmente non la entusiasma, anzi: «Ho paura perché è doloroso». Quando l'inviata di Fuori dal coro le pone la domanda più delicata e decisiva («Cos'è che ti fa più rabbia?»), Valentina non ha dubbi: «Il percorso troppo breve». Il riferimento è evidentemente a quello che, negli incontri psicanalitici, le era stato, ma soprattutto non le era stato detto: «Ho fatto poche sedute, e quindi non ho avuto neanche il tempo di capire». Un j'accuse pesante che, attenzione, non è affatto solo suo. In America Helena Kerschner, che ha 22 anni ma ne aveva 15 quando iniziò a «sentirsi maschio» - riuscendo poi a tornare all'identità femminile -, racconta che la disforia di genere vissuta nell'adolescenza porta in realtà con sé «molti problemi di salute mentale concomitanti» che meritano d'essere affrontati. Nel Regno Unito Keira Bell, 24 anni, che ora vive col rimpianto d'aver scelto di «passare» al genere maschile da adolescente, ha trascinato chi l'aveva agevolata nelle sue istanze gender davanti ai giudici, i quali hanno stabilito che, d'ora in poi, i ragazzi sotto i 16 anni con disforia di genere non potranno dare un consenso informato al trattamento con bloccanti della pubertà, ordinando ai medici di chiedere l'approvazione del tribunale prima di trattare con una terapia medica qualsiasi minorenne con disforia di genere. In Svezia prima di procedere con «il cambio di sesso» su pazienti anche tra i 16 e i 18 anni di età, dopo una recente svolta da parte del Karolinska Institutet, serve il placet del comitato etico nazionale. Insomma, la «prigione» di Valentina è purtroppo assai comune. Riguarda un gran numero di baby trans che, semplicemente, andavano seguiti e non assecondati. Tanto è vero che, da qualche anno, vanno moltiplicandosi i testi sull'argomento, come Inventing transgender children and young people (Cambridge Scholars, 2019) degli studiosi Heather Brunskell-Evans e Michele Moore. Proprio a riprova della rilevanza del tema, in Finlandia si è stabilito di rivedere linee guida per i minori affetti da disforia di genere, preferendo a quello farmacologico il trattamento psicologico. Lo stesso trattamento che avrebbe risparmiato anni difficilissimi a Valentina, la quale oggi, in un ritratto di donna dai capelli lunghi, vede un sogno: «Un giorno mi piacerebbe vedermi così, di nuovo femminile».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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