2024-01-31
Patto, ecco il documento riservato.Due versioni: una ok, l’altra da paura
Discussione a tappe forzate per chiudere prima del voto. Un documento riservato della Commissione mostra gli scenari. Col rientro di deficit e debito in quattro anni il Pil crollerà. Con l’estensione a sette, meno austerità.A Bruxelles l’atmosfera è quella degli ultimi giorni di Pompei. Bisogna fare tutto e pure in fretta, perché il 9 giugno potrebbe essere portatore di grandi cambiamenti. In prima fila in questa corsa c’è l’approvazione della riforma del Patto di stabilità e crescita. Sul tavolo ci sono la proposta del Consiglio dei ministri Ue - frutto del sofferto compromesso del 21 dicembre scorso - che si sta confrontando con la posizione negoziale del Parlamento europeo e con la proposta iniziale della Commissione. Il cosiddetto trilogo da cui dovrebbe uscire il testo definitivo che il Consiglio, nella veste di colegislatore, dovrebbe poi adottare.Ma da un recente documento riservato redatto dai servizi della Commissione per gli europarlamentari - che abbiamo integralmente visionato - che descrive le diverse posizioni negoziali, emergono scenari con impatti profondamente diversi sul percorso di rientro del deficit e debito del nostro Paese. Tutto lo spazio di agibilità della politica economica nei prossimi dieci anni è compreso in quelle tabelle in cui è riassunto buona parte del destino del nostro Paese.Durante il primo incontro interlocutorio che si è tenuto il 17 gennaio i sei relatori, tra cui l’italiano Antonio Maria Rinaldi della Lega, appartenenti alla commissione Affari economici dell’Europarlamento, sotto la presidenza di Irene Tinagli del Pd, si sono confrontati con il commissario all’Economia Paolo Gentiloni e il rappresentante del Consiglio, in questo caso l’ambasciatore del Belgio, Paese che detiene la presidenza di turno. E già per questo motivo non sono mancate le scintille, perché il relatore rappresentante dei Verdi avrebbe voluto che ci avesse messo la faccia direttamente il ministro dell’Economia belga, anche solo per rispetto del commissario Gentiloni.Questo episodio è altamente indicativo della china che sta prendendo la vicenda. Infatti, presso gli europarlamentari è diffusa la convinzione che, come molto spesso accade, sarà la posizione del Consiglio a vincere con un approccio «prendere o lasciare» che non dà spazio a mediazioni. Anche perché il tempo stringe e il calendario degli incontri del trilogo è serrato. Ieri in tarda sera si è tenuto un altro incontro e altri seguiranno a tappe forzate il 2, 6 e 9 febbraio quando, come ci è stato confermato, si intende chiudere il trilogo convergendo su un testo condiviso che, con elevata probabilità, sarà quello voluto dal Consiglio. Con buona pace dell’Europarlamento. Tuttavia il lavoro degli europarlamentari, ben illustrato nel documento della Commissione - in qualsiasi modo finisca la trattativa - ha il merito di aver portato alla luce un aspetto, al contempo banale ma decisivo e in grado di cambiare sostanzialmente la finanza pubblica degli Stati membri.Si tratta della lunghezza dell’arco temporale in cui bisogna ridurre deficit e debito in rapporto al Pil. Il Consiglio ha puntato su un periodo di quattro anni, estensibile, a certe condizioni a sette anni. L’Europarlamento ha proposto che per il periodo iniziale (da quattro a sette anni) ci sia solo una stabilizzazione del debito/Pil e il decremento sia richiesto solo entro dieci anni. Per quanto riguarda il deficit/Pil, si richiede l’eliminazione dell’obiettivo del saldo strutturale di bilancio all’1,5%. La cosiddetta ancora di salvaguardia voluta dalla Germania durante le ultime trattative.Il ragionare sulla lunghezza del periodo di aggiustamento e riduzione mette in piena luce non tanto la differenza tra sette e dieci anni, per l’Italia quasi inesistente, quanto quella tra quattro e sette anni, orizzonti temporali per i quali le proposte di Europarlamento e Consiglio praticamente coincidono e presentano numeri che fanno la differenza tra soffocamento e sopravvivenza (purtroppo nulla di più).Lo scenario a quattro anni, per l’Italia significa ridurre il saldo strutturale primario (cioè al lordo degli interessi) di bilancio di 1,2 punti percentuali per ciascun anno, anziché 0,7 punti annui per sette anni e quel mezzo punto di differenza significa circa altri 10 miliardi in più di tagli alle spese e aumenti di tasse. Ragionando in termini di deficit/Pil al netto degli interessi, per l’Italia significa dover scendere già dal 2025 al 3,8% e arrivare al 2,3% nel 2028. Con l’estensione a sette anni, il 2025 e 2026 dovremmo riuscire a cavarcela con un sostenibile 4,1% e 4,3% per poi scendere al 3,8% nel 2028. Uno scenario non esaltante ma certamente non catastrofico che consente, soprattutto per 2025 e 2026, dei livelli di deficit/Pil che con il vecchio Patto di stabilità sarebbero stati irraggiungibili. Oggi sono invece accettabili anche perché si tollera il maggior peso degli interessi sul debito.Chi invece appare costretto a sacrifici, non sappiamo quanto sostenibili - anche alla luce delle recenti proteste degli agricoltori - è la Francia. La proposta degli europarlamentari la costringerebbe a una riduzione del saldo primario strutturale di bilancio di 1,4 punti (da 0,8 nella proposta del Consiglio) all’anno per quattro anni oppure 0,7 punti (da 0,54 nella proposta del Consiglio) all’anno per sette anni. E chi deciderà se il piano di aggiustamento sarà su quattro o sette anni e a quali condizioni? La Commissione, al termine di un processo negoziale con lo Stato membro, al termine del quale l’ultima parola spetterà però a Palazzo Berlaymont. E ricadiamo quindi nella valutazione discrezionale di temi delicatissimi da parte della Commissione con tutti i potenziali rischi di regole applicate ai nemici e interpretate per gli amici, che l’Italia ha già sperimentato sulla propria pelle in passato.Discorso molto simile per quanto riguarda la riduzione del debito/Pil. Dopo il biennio 2025-2026 in cui non sono richieste significative riduzioni e i due scenari (quattro e sette anni) si equivalgono, con il piano a quattro anni dal 2027 cominciano i dolori. Con riduzioni annue che partendo da 0,9 punti oscilleranno intorno a 3 punti. Mentre con il percorso a sette anni il sentiero è decisamente meno ripido.Se uno dei motivi che aveva spinto alla riforma del Patto di stabilità era la prociclicità e l’astrusità dei calcoli, si può ben concludere che entrambi i difetti non sono affatto scomparsi. Resta centrale e aumenta di peso il ruolo della Commissione. Un motivo in più per sottolineare l’importanza delle prossime europee e della composizione della Commissione che scaturirà dalle successive trattative.
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