2021-09-25
Con i patti al ribasso non si salva il Paese
L'appello di Mario Draghi a sindacati e industriali ricorda la vecchia concertazione cara a Carlo Azeglio Ciampi: non a caso Enrico Letta ha subito messo il cappello sull'iniziativa. Se faremo riforme inefficaci per accontentare tutti, però, sarà impossibile rilanciare l'economia.Prepariamoci a un nuovo tormentone: per far ripartire l'Italia ci vuole un patto. Lo ha detto due giorni fa Mario Draghi all'assemblea di Confindustria invitando i sindacati e gli imprenditori a mettersi intorno a un tavolo (espressione da orticaria). Del patto potremmo dire «come l'araba fenice, che vi sia, ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa». Il fatto poi che il segretario del Pd, il professor Enrico Letta, abbia rivendicato la paternità di questa idea - essendo il medesimo specialista assoluto nell'individuazione di temi non fondamentali come cavalli di battaglia - dovrebbe far dubitare il saggio Draghi che, chiamandosi così, deve stare attento a tutti i San Giorgio che lo circondano e potrebbero trafiggerlo, San Giorgio e i Draghi. Allora, riepilogando, si tratta in sostanza della famosa concertazione, cavallo di battaglia all'inizio degli anni Novanta dell'allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi, anche lui, come Draghi, proveniente dalla Banca d'Italia. È la traduzione politica, che si chiami concertazione o patto non cambia, del motto generale «meglio prevenire che curare». Ora, in campo politico la concertazione significa evitare il dissenso degli imprenditori e soprattutto gli scioperi dei sindacati. Per fare questo naturalmente bisogna trovare un minimo comun denominatore che non si chiama minimo a caso, ma si chiama così perché nei momenti di crisi economica le scelte devono essere forti, di massimo impatto e molto decise. Cioè è la fase nella quale non c'è da trovare il minimo comun denominatore, ma, eventualmente, il massimo comun denominatore. La strada del patto è quella giusta? Ma poi, patto su cosa?Noi abbiamo nell'ordine: da fare una manovra finanziaria da 22 miliardi che sta diventando via via un insieme di mancette distribuite in modo inefficiente e inefficace, mentre dovrebbe essere concentrata in due o tre obiettivi, al massimo; abbiamo il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) che ci obbliga a raggiungere gli obiettivi in tempi strettissimi: per ora ne abbiamo centrati 13 su 51; abbiamo in relazione al Pnrr da fare niente di meno che una riforma fiscale (l'ultima seria risale al 1951). Su cosa c'è da farlo il patto? Su queste cose che sono già decise e la cui attuazione è per noi obbligatoria? Prima di pensare a un patto c'è da pensare a quello che è scritto nella Costituzione e che dice che il governo rappresenta l'esecutivo, cioè deve proporre le soluzioni, il Parlamento deve votare quello che propone il governo (informiamo i lettori che in Italia c'è ancora un Parlamento che legifera, cioè approva le leggi, perché con i governi Conte questo particolare potrebbe essere sfuggito e sostituito dai dpcm) e poi c'è una pubblica amministrazione che deve rendere operative le decisioni prese dal governo e votate dal Parlamento. Essendo che in Parlamento c'è una maggioranza bulgara, che vede all'opposizione solo Fratelli d'Italia, il problema governo-Parlamento non dovrebbe sussistere. Semmai c'è un altro problema: la nostra pubblica amministrazione sarà in grado di mettere in pratica quel che viene deciso dal governo e approvato dal Parlamento? Per la verità il presidente Draghi ha espresso spesso preoccupazioni, sia pure in modo velato, circa questo passaggio perché abbiamo una amministrazione un po' fuori tempo e soprattutto con dei tassi di efficienza territorialmente molto diversi e, spesso, là dove servirebbero interventi più radicali c'è un'amministrazione pubblica meno efficiente, poco tecnologicamente avanzata, non pronta a rapporti collaborativi con gli organismi internazionali. Questo è, è stato e sarà il maggior problema del Pnrr. Non entriamo nei contenuti che secondo noi sono molto discutibili e dei quali ci siamo occupati molte volte, ma il patto dei patti è far funzionare la pubblica amministrazione e in questo senso diamo atto al ministro Renato Brunetta di stare provando in tempi ristrettissimi a creare un contesto amministrativo capace di mettere in campo strumenti e personale atti a portare avanti le riforme. C'è poi un'ultima questione: si teme qualche sommossa sociale e quindi si vuole ricorrere al patto per evitarla? Quante volte il governo durante l'anno ha occasione di parlare con Confindustria, Confartigianato, Confagricoltura, Coldiretti, i sindacati e tutte le altre categorie? Quante migliaia di pagine di proposte riceve periodicamente da tutte queste categorie? Che fine hanno fatto tutti i documenti e i discorsi fatti durante gli Stati generali dell'unico caso di un Re che si chiamava Conte? Qui c'è da decidere, legiferare e attuare. Questo è il patto.
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Nel libro postumo Nobody’s Girl, Virginia Giuffre descrive la rete di abusi orchestrata da Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell e ripercorre gli incontri sessuali con il principe Andrea, confermando accuse già oggetto di cause e accordi extragiudiziali.