2025-01-11
Pasticcio Inps, ma l’età da pensione non sale
Claudio Durigon (Imagoeconomica)
Il sottosegretario Durigon: «L’istituto ha tarato il simulatore degli anni rimanenti di lavoro sulle tabelle Istat che vedono un rialzo dell’aspettativa di vita di tre mesi. Però senza decreto del governo non cambia nulla. Lega pronta a bloccare altri scatti per legge».Che pasticcio. La notizia è che non è scattato nessun aumento dell’età pensionabile di tre mesi come denunciato dalla Cgil. Quindi si resta ancorati a quota 67 anni. I fatti però dicono anche che l’atto di accusa del sindacato non era peregrino. Nel senso che nelle scorse ore sarebbe bastato accreditarsi con lo Spid per smanettare sui simulatori dell’Inps e verificare effettivamente che a partire dal 2027 il limite di età per lasciare il lavoro sarebbe arrivato a 67 anni e 3 mesi. Cos’è successo? Per capirlo, La Verità ha chiesto lumi al sottosegretario al Lavoro «prima firma» di questo governo sui temi previdenziali, il leghista Claudio Durgon. L’ex sindacalista non nega che siano stati combinati un po’ di «pasticci», ma evidenzia anche che «fino a quando la Lega sarà al governo l’età pensionabile non potrà mai aumentare». Vediamo. Il meccanismo semplificando funziona così. L’Istat ogni anno pubblica delle tabelle che certificano lo stato delle aspettative di vita. L’aumento della speranza di vivere più anni può comportare come conseguenza l’innalzamento anche dell’età pensionabile. Ma senza un decreto del ministro dell’Economia di concerto con il dicastero del Lavoro, i dati messi in fila dell’istituto di statistica restano sulla carta. Non hanno effetti pratici. Cioè non comportano nessun incremento dell’età necessaria per non lavorare più. La domanda dunque è quasi banale: come mai per qualche ora si scatenato un balletto fatto di accuse e smentite sull’innalzamento dell’età necessaria per andare in pensione? Molto semplice, senza che vi fosse nessun decreto (l’ultimo è del luglio del 2023 e stabiliva che a decorrere da gennaio 2025 non ci sarebbe stato nessun «incremento» dei requisiti anagrafici), l’Inps ha inserito i nuovi criteri basati sui dati Istatnel suo simulatore («La mia pensione futura»). Morale della favola, chi l’ha usato, in primis i patronati dei sindacati, si è ritrovato a fare i conti con l’aumento di tre mesi di cui sopra ed ha gridato (troppo presto) allo scandalo. «È stata commessa una leggerezza, c’è stato un errore grossolano ma non grave dell’Inps», spiega Durigon che stando ai toni deve aver richiamato in modo abbastanza veemente i responsabili del pasticcio. «L’Inps», continua, «ha ripreso le tabelle sull’aumento dell’aspettative di vita senza che ci fosse un decreto. Ma il decreto non è una formalità, è un atto politico. Una decisione del governo. Parlo di errore non grave perché non ha avuto conseguenze pratiche, ma di sicuro non siamo contenti per l’eco che questa vicenda sta avendo». Anche perché ieri mattina i simulatori dell’Inps sono rimasti bloccati, evidentemente per ritarare i parametri, provocando una nuova levata di scudi di sindacati e opposizione. «Nel 2026», continua Durigon, «ci sarà il nuovo decreto e faremo i conti (bisognerà anche considerare l’abbassamento della speranza di vita durante il periodo del Covid e post Covid), ma a prescindere dai possibili incrementi delle aspettative di vita posso dirle già adesso che la Lega è pronta a intervenire, come del resto ha già fatto in passato con una norma ad hoc per scongiurare qualsiasi aumento. Del resto era già successo nel 2019 con una legge che ha evitato l’innalzamento di 5 mesi previsto per la vecchiaia». «Provo a essere ancora più diretto», scandisce, «fino a quando al governo ci sarà la Lega, l’età pensionabile non salirà». Le parole del sottosegretario però non placano le proteste dell’opposizione che pur di andare contro al governo ignora la realtà e finge di non conoscere le regole. «Mentre la presidente Meloni fa una conferenza di inizio anno in cui non parla della realtà e della quotidianità in cui vivono gli italiani, del progressivo impoverimento del ceto medio e dei pensionati, delle famiglie alle prese con un potere d’acquisto che cala mese dopo mese, nel silenzio più inquietante», cavalca il tema il deputato e membro della segreteria nazionale Pd, Marco Sarracino, «si allontana il traguardo della pensione per i lavoratori. Dal 2027 serviranno altri tre mesi in più di lavoro, e la magagna che pensavano di far passare sottobanco è stata scoperta e faremo di tutto per impedirla. Altro che quota 100, 101, 102, o abolizione della legge Fornero. Il grande inganno è servito». Come visto, non è così. Ma poco importa. La sinistra non vedeva l’ora di poter salire un tema popolare come quello previdenziale per attaccare la Meloni che dopo la liberazione di Cecilia Sala viaggia in tutti i sondaggi con il vento in poppa. Il pasticcio dell’Inps gli ha servito una «palla» facile facile da mettere in rete.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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