2021-12-27
Passare per vittima è la nuova vera forza
Viviamo nell’epoca della beatificazione della debolezza e della condanna di tutto ciò che è coraggio, virilità, ardimento. Il maschio bianco eterosessuale è considerato responsabile di ogni male del mondo. E può essere deriso o sfregiato senza provocare scandalo.Il saggista francese Pascal Bruckner, già autore dell’imperdibile libro La mistica delle penitenza, aveva già a lungo esaminato il problema della beatificazione della debolezza o supposta tale, della santificazione del ruolo di vittima. Il valore della nostra epoca è essere vittime. Poter vantare persecuzioni garantisce prestigio e platee adoranti. Il tragico è che essere forti è considerato un crimine. Per il solo fatto di essere forte, è colpevole. Nel suo nuovo pamphlet Un colpevole quasi perfetto, la costruzione del capro espiatorio bianco, Bruckner riporta un episodio inquietante. In un saggio sottoposto alla rivista Sociology of race and ethnicity nel 2018, tre accademici americani hanno proposto alla redazione alcuni passi scelti dal Mein Kampf sostituendo «ebrei» con «bianchi». Alla fine l’articolo viene rifiutato, ma non prima di aver ricevuto il plauso di numerosi accademici che interpretano lo studio alla lettera: «Questo articolo ha le potenzialità per fornire un contributo forte e originale all’analisi dei meccanismi che rafforzano l’adesione a prospettive suprematiste bianche».Il fatto è gravissimo perché dimostra come degli accademici possono credere che gli appartenenti a un determinato gruppo etnico, tutti, siano malvagi a prescindere, siano pericolosi, debbano essere bloccati e ridotti all’impotenza anche quando non abbiano commesso nessun crimine. Il suprematismo bianco riguarda solo i maschi bianchi. Le donne sono innocenti. Non è un caso che i tre autori, Peter Boghossian, James Lindsay e Helen Pluckrose, si fossero già fatti notare per altre bufale, molte delle quali erano state accettate da riviste di alto livello: una riguardava «la cultura dello stupro fra i cani che frequentano i parchi canini di Portland (Oregon)»; un’altra del 2017 sosteneva che il pene è una costruzione sociale e che è responsabile, fra le altre cose, del surriscaldamento globale. È stato solo grazie a queste bufale precedenti di cui la memoria di Internet aveva conservato traccia che il saggio con i passi scelti dal Mein Kampf è stato rifiutato. Se fosse arrivato da una qualsiasi altra fonte, da un qualche altro ricercatore possibilmente appartenente a una qualsiasi minoranza con aspettative di vittima, sarebbe stato sicuramente osannato. Il solo fatto che abbia ottenuto notevole approvazione è già un tema sinistro. Esiste una categoria etnica, il maschio bianco eterosessuale, che è considerato responsabile di tutti i mali del mondo. Nel momento in cui è vittima di aggressioni tragiche, come essere ucciso, ricevere una secchiata di acido in faccia che distrugge i suoi occhi e i suoi lineamenti. È lecito pensare che gli appartenenti a questa categoria siano tutti malvagi, che la malvagità sia intrinseca, che la loro unica possibilità di redenzione passi attraverso il rinnegare le stesse caratteristiche virili. Il vittimismo femminista brilla e scintilla in quella sciagura cosmica che è la celebrazione dell’8 marzo, in un tripudio di mimose imbalsamate nel cellofan, nata sulla celebrazione di un falso storico, un rogo in cui morirono operaie fortunatamente mai avvenuto. Se fosse avvenuto, sarebbe peraltro da ascrivere alle numerose tragedie che avvengono sul lavoro, tragedie che riguardano quasi essenzialmente i maschi. Nella stragrande maggioranza dei casi gli incidenti sul lavoro sono dovuti a incuria, a sciatteria, a regole non rispettate, quindi sarebbero evitabili, non sono assolutamente considerati una forma di violenza di genere. Eppure dimostrano che della vita dei maschi non sembra interessare molto a nessuno. Anche quelli che durante la prima guerra mondiale dovevano uscire nelle trincee e correre verso i reticolati sotto il fuoco delle mitragliatrici non sono stati considerati come vittime di violenza di genere, eppure l’impressione è che la loro vita non importasse molto a nessuno. Più di una volta l’8 marzo mi è capitato di sentire frasi ripugnanti. Le donne sono più intelligenti degli uomini. Le donne sono il futuro e alle donne appartiene il futuro. Le donne sono più creative, più comprensive, più buone. L’uomo è un modello superato. Queste incredibili idiozie vengono ripetute anche a scuola; come ho già detto in altri articoli voglio le quote azzurre. Metà dei posti da insegnante deve essere ricoperto di maschi, perché gli studenti maschi hanno diritto a modelli maschili e soprattutto non devono essere immersi in un mondo sempre femminile, dato che il cervello maschile funziona in maniera diversa da quella femminile e dato che un numero non piccolo di professoresse cede al vittimismo femminista che è misandria. Nessuno a scuola deve poter essere sottoposto a disprezzo per quello che è. Nelle scuole gli studenti non devono essere sottoposti a misandria. È già sufficiente quella della televisione, dei cartoni animati, dell’orrido festival di Sanremo, delle serie televisive, e di film di squisita idiozia da Soldato Jane a Wonder Woman. Femminismo da non credere è il titolo del pamphlet di Bruno Etzi che riporta come i maschi possano essere serenamente calunniati, inventando milioni di stupri mai avvenuti, come il loro dolore possa essere deriso, come il loro assassinio possa essere considerato una forma di giustizia. Nella difficile scelta dell’episodio più idiota e nauseante, the winner is lo spettacolino di Angela Finocchiaro. Il 18 novembre 2018, in prima serata, l’attrice Angela Finocchiaro compare come fata in una puntata del remake La tv delle ragazze - Gli stati generali 1988-2018, un programma di satira femminista condotto da Serena Dandini. La scenetta si svolge così. «Ma davvero sei una fata?», chiedono le bimbe. «Sììì, sono la fata dei giardinetti in mezzo al traffico», risponde la Finocchiaro. «Che bello!», esclama una bimbetta. «Perché parli con noi, perché ti sentiamo, perché non ti vediamo?», dice un’altra. «Perché devo dirvi una cosa molto importante». «Come la Madonna ai pastorelli di Fatima?», chiede una morettina. Non sia mai che evitiamo il disprezzo alla religione cattolica, sarebbe imperdonabile. Il disprezzo per il cattolicesimo è un must come la misandria. Immaginiamo se la battuta fosse stato: come l’Arcangelo Gabriele quando parla a Maometto. Sorvolando sul rischio fisico, il coraggio chi non ce l’ha non se può dare, sarebbe stato considerato, e forse non ha tolto, un razzismo intollerabile. Bene, razzismo intollerabile anche quando deride Fatima. «Ehh.. tipo..», chiarisce la Finocchiaro. «Che cos’è la cosa così importante?», insiste un’altra bimba. «Bambine, ricordatevi sempre che gli uomini sono dei pezzi di merda!». «Anche il mio papà?», chiede una bimba. «Soprattutto il tuo papà», conclude perentoria la Finocchiaro.Ho la nausea anche solo nel riportarlo. Questa donnetta ha insultato mio padre, mio figlio, il mio amato marito, gli uomini che hanno ceduto il loro posto alle donne sul Titanic, gli uomini che sono morti in miniera o sulle baleniere perché le loro donne avessero qualcosa da mangiare, gli uomini che hanno combattuto e vinto a Lepanto, gli uomini che hanno combattuto e vinto a Vienna, perché le donne d’Europa potessero non essere più rapite e non finire schiave. Ha offeso, in quanto uomini, anche Gesù Cristo, San Giuseppe, Salvo D’Acquisto, Massimiliano Kolbe. Sostituite alla parola uomo la parola ebreo, ed avrete lo stesso concetto del Mein Kampf, qualcuno che nasce colpevole.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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