2021-04-04
È Pasqua, usciamo dal sepolcro della malattia
Mai come quest'anno, immedesimarsi nel percorso della Resurrezione di Cristo può aiutarci a riacciuffare la vita. Il Redentore insegna uno stare nel mondo opposto a quello che vogliono i governanti: liberi di donarci agli altri, invece che rinchiusi e impauriti.Meno male che (prima o poi) Pasqua arriva sempre, e aiuta chi partecipa al percorso della Passione ad intravedere una possibilità di Resurrezione. Nella mia ormai lunga vita non ricordo un anno altrettanto mortifero di quello appena trascorso, così ricco di spinte regressive, di chiusure, confusioni e smarrimenti. Lo stesso accade alla maggior parte delle persone che incontro per lavoro, conoscenza o anche per caso. Dopo un anno di «chiusure», una dopo l'altra, presentate come indispensabili per togliere di mezzo un nemico, che però dopo poco si ripresentava pressoché uguale o ancora più cattivo, obbligandoci a ripeterle dopo pochi mesi sotto minacce di ancora più sicura morte, anche i più resistenti hanno attraversato momenti difficili.In queste circostanze, la dichiarazione pasquale degli angeli alle donne «lì dentro non c'è nessuno. Il sepolcro è vuoto» è quanto di più liberatorio si potesse sperare. Gesù non si è lasciato rinchiudere dalla morte, né da un pesante masso: è semplicemente uscito. Non bastava qualche soldato ben pagato dei corpi speciali dell'epoca a fermare il Redentore figlio di Davide, per acclamare il quale si erano mosse le folle della domenica delle Palme. Gesù se ne è silenziosamente andato da un sepolcro con cui non aveva più nulla a che fare. Quella tomba vuota adesso è diventata (dirà poi Carl Gustav Jung) la solida base su cui è fondato il cristianesimo. Un'antropologia che riconosce l'importanza e la sacralità della morte, ma ispira una visione del mondo e dell'esistenza che è il contrario dei lockdown à gogo, e propone invece una presenza di intervento attivo e audace nel mondo, dove il cristiano si muove portando il dono di sé nelle diverse situazioni di vita con cui entra in contatto. Con la consapevolezza che l'esistenza terrena è solo un aspetto della più complessa storia dell'anima personale. L'uscita di Gesù dal sepolcro diventa così il nutrimento di un modo di stare nel mondo che è esattamente l'opposto di quello impostoci dai tristi e spaventati governanti della nostra salute: un modo responsabile ma sereno, non intossicato da quell'asfissiante paura della morte, che come sanno tutti (tranne loro) è anche una delle cause principali della malattia.La pedagogia della Resurrezione invece, e di tutto il cristianesimo, è un insegnamento della virtù del coraggio, messo in luce in particolare nel vangelo di Marco: «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede» (4, 40); «Coraggio sono io; non abbiate paura! (6, 50)». Il coraggio è tanto più necessario quanto più il cristianesimo esprime una visione del mondo e della vita per nulla devota al mito moderno della sicurezza, ma dialettica e attenta più alla prontezza dei riflessi che allo splendore e al potere delle istituzioni. Il giorno del Signore non viene annunciato con le trombe dei presidenti ma (scrive San Paolo) arriva «come un ladro nella notte»: occorre udito fine per sentirlo. E precisa subito: «Quando diranno “pace e sicurezza", allora una rovina improvvisa verrà loro addosso; e non scamperanno». È la cronaca di questi mesi: ogni volta che ci hanno detto «siamo assolutamente tranquilli», dopo pochi giorni non si sapeva più dove mettere la bare. Tuttavia, quelli stessi, sono ancora lì. Il devoto alla Passione di Cristo però non si sorprende: quella cristiana non è una religione (e psicologia) burocratico-istituzionale. I burocrati sono quelli che mandano a morte Gesù, e i suoi fedeli. I quali però in quanto «figli della luce e del giorno (...) vegliano e sono sobri (...) al contrario dei figli della notte e della tenebre... che di notte dormono e si ubriacano».La partecipazione alla Resurrezione di Gesù insomma, rafforzata dall'assumerne in sé il corpo e il sangue con l'Eucarestia, aiuta a seguirne il riferimento a un altro «Regno», che non è di questo mondo, e quindi libera dai suoi legami, oggi molto spesso pericolosamente distruttivi, e dalla paura della morte, assurdamente alimentata dalla rozzezza culturale e scientifica della campagna sanitaria. Come ancora spiega Paolo (Galati 2, 19-20): «Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo ma ora Cristo vive in me». Questa esperienza produce una forma di vita profondamente diversa da quella corrente, perché rende «morti alla legge», come racconta Paolo ai Tessalonicesi, ma con Cristo e nella vita vera. I dpcm hanno completamente mancato di interventi pedagogico-educativi, e dunque creato ulteriori gravi problemi sia nei giovani che negli adulti. È noto e documentato da ricerche nazionali e internazionali che nel periodo sono fortemente aumentate, dando luogo a molte morti premature, le micidiali malattie non trasmissibili (che non si è neppure potuto curare dato che gran parte della sanità era impegnata nell'epidemia Covid). Così le cardiopatie e il diabete sono state aggravate dal forte aumento di cibo, zuccheri e bevande alcoliche assunte durante i lockdown; le tossicomanie e epatopatie per l'altrettanto massiccia impennata nell'assunzione di ogni tipo di droga; tutte poi, comprese le malattie degenerative degli anziani, sono state aggravate dall'assoluta - spesso imposta - mancanza di attività e movimento. Partecipando alla Resurrezione di Cristo, che dà la propria vita per riscattare l'umanità dalla schiavitù del peccato, l'uomo si avvicina alla sua capacità di donarsi all'altro, al povero, alla vittima e al bisognoso. In questo modo si aprono all'uomo enormi possibilità espressive e di sviluppo, con nuovi orizzonti per la personalità e diverse forme di organizzazione sociale. Un processo però ora interrotto dal tentativo, fortissimo negli ultimi 50 anni, di sostituire completamente al dono personale di sé, la rivendicazione dei «diritti individuali», garantiti da norme e interventi legislativi sempre più invadenti e ossessivamente prescritti, creando così conflitti sempre più irrisolvibili fra i diritti dell'uno e dell'altro. È anche questo uno degli aspetti della biopolitica, la politica fatta intervenendo sulle forme di vita personali denunciata già nei lavori di Michel Foucault negli anni Settanta, e ripresa anche recentemente dal filosofo Giorgio Agamben. Una sorta di statalizzazione del dono di sé nella relazione interpersonale del cristiano, con conseguente assorbimento nel sistema burocratico-legislativo del mondo affettivo, sessuale, creativo delle persone. Qui la vittima sacrificale non è più Gesù, maestro e iniziatore al dono di ogni altro suo compagno di morte e resurrezione, ma chiunque si presenti come vittima del «sistema», avanzando le proprie rivendicazioni. È la «società delle vittime», descritta ormai in molti saggi, che tuttavia (come Simone Weil vide fin dagli anni Cinquanta del Novecento) non diffonde gioia, ma moltiplica i conflitti e raggela i rapporti, minando la coesione sociale. La Lgbt è una delle grandi fabbriche dei «diritti», attuali.Per fortuna c'è Pasqua, e Gesù è il Signore. Risorto.