2018-07-28
Le Brigate Rolex all'attacco del governo
Qualche anno fa mi capitò di intervistare Pier Luigi Bersani in una di quelle tribune elettorali che la Rai organizza in prossimità del voto. «Quante pagine occupa il vostro programma sul lavoro?», gli domandai a freddo. Il segretario del Pd, nonché candidato premier, farfugliò una delle sue frasi senza riuscire a rispondere. Al che replicai secco: «Glielo dico io: meno di mezza pagina, otto righe in tutto». Cioè nulla e per di più senza succo. La scenetta mi è ritornata alla mente leggendo il rapporto del Senato sulle attività dei diversi gruppi in Parlamento. Alla voce Pd si legge che su 692 disegni di legge quasi il 18 per cento ha riguardato temi che avevano come ambito il diritto e la giustizia, poi venivano la sanità, gli affari costituzionali e la cultura. E la previdenza? Solo al quinto posto. E il lavoro? Non pervenuto. Migranti e sicurezza? Nulla da segnalare. Insomma, la legislatura si era aperta con un Bersani balbettante sulle faccende che riguardano l'occupazione e la vita degli italiani e si è chiusa senza Bersani ma con lo sguardo dei rappresentanti del principale partito di sinistra rivolto ai diritti civili, le unioni gay, l'utero in affitto, la legge elettorale e così via. E quando si è parlato di lavoro le Camere si sono inchinate al Jobs act del governo, mentre le pensioni e gli aiuti alle famiglie sono stati relegati nella parte bassa della classifica delle iniziative dei senatori pd. C'è da stupirsi? Ovvio che no. È assolutamente normale. Soprattutto se il partito che dice di amare il popolo, poi di quel popolo ha un po' schifo e preferisce non frequentarlo. Giudicate la mia una provocazione? Non lo è. Se i dirigenti del Pd bazzicassero le persone che si sono incaricati di difendere, forse scoprirebbero che sui migranti e sulla sicurezza la pensano come Matteo Salvini e non come loro. E così pure sul lavoro. Ma gli onorevoli del grande partito della sinistra, invece di stare a sentire chi vive nei quartieri popolari, a contatto con le zone più degradate delle città e della provincia, preferiscono andare a braccetto con banchieri e finanzieri e quando questi non sono a portata di mano si butta sugli intellettuali e gli attori impegnati. Una prova? Eccola. Non so se sappiate che cosa sia l'Open society foundation. Si tratta di un'istituzione creata da Georges Soros, uno degli uomini più ricchi e più discussi del mondo. Nato in Ungheria ma naturalizzato in America, Soros ha fatto fortuna speculando senza troppi riguardi su ogni cosa su cui ci fosse da speculare, fallimenti compresi. Tanto per intenderci è un signore che con la crisi del nostro Paese ha fatto i soldi. Vi chiedete che cosa c'entri questo bel tipo con il Pd? Semplice: alcuni onorevoli sono segnalati dalla stessa Open society fondation come «amici», cioè vicini alle idee di Soros e della sua fondazione. E quali sarebbero queste idee? Sono le stesse delle Ong che in questi anni ci hanno riempito di migranti, traghettandoli dalle coste africane alle nostre. Open society si propone di aiutare e finanziare le Ong, al fine di agevolare il flusso di profughi che fugge dalla Libia e da altri Paesi confinanti per arrivare in Europa. Soros dice di essere di sinistra e progressista e infatti finanzia il Partito democratico. Tuttavia, con i suoi 25 miliardi di patrimonio, è tutt'altro che un filantropo e anzi scommette su crolli valutari e disastri economici, perché come è noto è con i crac che si fanno gli affari migliori. Ecco, 14 onorevoli del Pd sono nella lista dei migliori amici di Soros. Non amici degli operai e dei pensionati che nelle grandi città vivono nelle zone popolari e faticano ad arrivare a fine mese. No, amici di un imprenditore assai disinvolto che quando non gioca a Wall Street si rilassa nella sua villa fitzgeraldiana di Southhampton, a Long Island, con la moglie che ha la metà dei suoi anni. E poi ci si stupisce se il Pd perde le elezioni e giorno dopo giorno vede calare i consensi. A forza di dare retta a Soros e a scrittori da spiaggia - i quali ovviamente sputano le loro sentenze mentre si rilassano sul bagnasciuga di Capalbio, paese che i migranti li accoglie solo sotto forma di statua, perché quelli viventi li respinge - il partito si avvia verso l'autodissoluzione, tra un lamento del povero Maurizio Martina, il segretario che porta pena, e una sparata del Bullo, l'uomo entrato di diritto nella Storia per essere riuscito a comprare una casa da 1,3 milioni con soli 15.000 euro sul conto. Nell'opera ovviamente il Pd è aiutato da una serie di intellettuali di complemento, gente che sposa ogni buona causa purché sia persa. Fa molto radical chic essere dalla parte dei poveri, i quali però non devono essere autoctoni bensì d'importazione, perché in tal modo gli uomini di cultura possono dirsi favorevoli al multiculturalismo. Da Gad Lerner a Roberto Saviano sono i nuovi partigiani, uomini che combattono per l'integrazione chiusi nelle loro ville e nelle loro case. Giornalisti e scrittori uniti nella lotta, che alla classe operaia preferiscono la prima classe. Loro, le Brigate Rolex, sognano una nuova Liberazione. Finirà che presto ci libereranno del Pd e della sinistra. Due cari estinti per assenza di voti.