2018-06-16
Parnasi pagava la fondazione renziana
L'obiettivo dell'immobiliarista era tenersi buono il potere. Ovvero, prima del 4 marzo, il Pd, come mostrano i contributi a Eyu, creatura del tesoriere dem Francesco Bonifazi. Quando il vento è girato si è buttato su 5 stelle e Lega.La sindaca Virginia Raggi un'ora dai pm si sfila: «Io parte lesa. Luca Lanzalone? Me l'hanno portato». Matteo Renzi attacca Alfonso Bonafede: «Guardasigilli in Aula».Lo speciale contiene due articoli«Io pago tutti» diceva l'imprenditore Luca Parnasi, da uomo libero. L'inchiesta capitolina sullo stadio della Roma sta scoperchiando l'ennesimo caso di imprenditore laziale scambiato per un bancomat dalla politica, dopo gli esempi recenti di Daniele Pulcini, Salvatore Buzzi e Sergio Scarpellini. La politica costa e scatena appetiti, mentre gli inquirenti sottolineano la «capacità dell'associazione» che ruota intorno all'immobiliarista Parnasi, «di permeare le istituzioni». Il quadro che emerge è molto chiaro: Parnasi è un immobiliarista vicino a tutti i partiti, ma soprattutto a chi governa e, quindi, sino a tre mesi fa al Pd. Anzi, nel 2017, compulsato da Milano, non considerò Matteo Salvini neppure degno di un biglietto per la partita d'addio di Francesco Totti (al contrario del piddino Francesco Boccia, che poteva essere utile per il progetto stadio). Ma dopo il terremoto elettorale le gerarchie sono cambiate e ha iniziato a muoversi un po' scompostamente per avvicinare i nuovi potenti, sostenendoli alle scorse elezioni, nazionali e regionali. Il suo portavoce, Giulio Mengasi, ufficialmente lo applaude: «Quelli nostri… tuoi ...sono passati». Ma lo critica alle spalle perché considera le elargizioni alla politica del suo datore di lavoro troppo anni Ottanta. «Lui purtroppo è abituato solo a questo metodo», sospira. Poi parla del Pd che non apprezzerebbe il nuovo corso di Parnasi: «Ci sta qualcuno del Pd che si è incazzato anche se pure loro sono stati accontentati… hanno fatto ridere anzi forse pure di più…». Il 28 marzo 2018 un altro collaboratore dell'immobiliarista «ricorda a Luca che si deve cura' il Pd». Non si sa mai. L'altro pezzo grosso della presunta cricca, l'avvocato Luca Lanzalone, ex presidente di Acea in quota 5 stelle, filosofeggiava così sull'inchiesta del settimanale Espresso sui finanziamenti di Parnasi alla Lega: «Perché lo dici della Lega e non dici di quelli che prende l'associazione di Renzi o quello che prende Italia futura di D'Alema (in realtà la fondazione si chiama Italianieuropei ndr), no cioè! Lo fa con uno! E sembra che quello ricerca chissà cosa… (…) con Acea stessa… cioè noi, tra virgolette, sponsorizziamo tutto l'arco costituzionale!».In questo mondo il veicolo ideale per raccogliere soldi sono le fondazioni, come sottolinea Mengasi: «Non devono presentare bilancio e quindi comunque sono più gestibili da chi sta a capo della fondazione senza rendere conto a nessuno e quindi (…) non ne hai traccia (…) che chiaramente dandoli a lui e non dandoli al partito qualche nemico te lo fai… lato C, è che comunque stiamo sempre… dove c'è merda, noi ci siamo».In realtà i denari destinati alla Lega vengono versati a un'associazione, «Più voci». Il Pd, invece, li incassa per mezzo della fondazione Eyu.In questi giorni su molti cellulari sta arrivando il messaggino del tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, che recita: «Ciao volevo dirti che c'è una bella novità se non hai già scelto a chi donare il 5x1.000 puoi dare un mano alla Fondazione Eyu (…) Spero di vederti presto un abbraccio, Francesco». Di Eyu, fondazione poco nota ai lettori, parla lo stesso Parnasi in una conversazione con il suo commercialista: «Scusami, ma poi abbiamo, qua altri 22.000 euro della campagna elettorale, scusami tu qui non hai messo le cose, Lega ed Eyu». Il contabile obietta che ha tre rate da pagare entro il 31 marzo. Parnasi è risentito: «No, no, ma la Lega ed Eyu li paghiamo ad aprile, quindi, mi stai dicendo?». Il professionista domanda: «Non sei convinto?». «No, no, sono convinto, è solo di essere precisissimi! Che in questo momento io mi sono…». Sussurra a voce bassissima. Poi prorompe fiero: «Il governo lo sto a fare io, eh! Non so se ti è chiara questa situazione». È chiaro che Parnasi deve essersi montato la testa dopo la ormai celebre cena post elettorale consumata con l'avvocato Lanzalone e il leghista Giancarlo Giorgetti.Eppure in passato Parnasi ha avuto un intenso scambio di amorosi sensi pure con i dem. Come gli ricorda il faccendiere indagato Luigi Bisignani: «Tutti pensano che tu sei vicino a Bonifazi». Parnasi si risente, perché il passato è passato: «Tutti pensano vicino a Bonifazi col cazzo, invece io sono comunque uno che apre…». Preferisce che si dica che è vicino a chi sta a andando a comandare. Per questo non si dispiace per l'inchiesta dell'Espresso: «Siccome non ho fatto nessuna attività illecita (…) fa pure figo in questo momento che qualcuno dica da sinistra che Parnasi è vicino alla Lega perché è il mondo ormai che conta…». Per Bisignani è una cosa da «cavalcare». Comunque Parnasi non si è risparmiato neanche negli anni precedenti: «Io spenderò qualche soldo sulle elezioni» dice a inizio anno, ma poi aggiunge, «è un investimento che io devo fare… molto moderato rispetto a quanto facevo in passato quando ho speso cifre che manco te le racconto».Pure le elezioni 2018 devono essere state impegnative. In prossimità del voto il commercialista dice che avrebbe bisogno di altri 3 milioni: «Tu sai meglio di me stanno finendo i soldi dappertutto». Parnasi teme un «assalto alla baionetta» di politici postulanti.Per la «Lega c'abbiamo 100 e 100», dice l'imprenditore in un'intercettazione. «Ma pure ai 5 stelle gliel'ho dovuti dare eh», puntualizza in un'altra. Il 14 febbraio 2018, poco prima del voto, l'immobiliarista parla con il commercialista in modo criptico di soldi da distribuire: «Dieci tavoli da 50 l'uno». Chiede al collaboratore se abbia parlato con Forza Italia e con Fratelli d'Italia e poi avverte: «Il Pd lo incontro io domani». Fa riferimento anche all'immobiliare Pentapigna con cui è sbarcato a Milano nel 2015, l'anno dell'Expo: «Questa è un'associazione che ha valorizzato non solo la Lega, ma ha valorizzato Stefano Parisi, tutto il centrodestra diciamo… a Milano è stato anche un veicolo con cui io mi sono accreditato in maniera importante… ho organizzato cene su cene…». Ma i risultati sembra che siano arrivati: «La sostanza è la mia forza, è quella che alzo il telefono e Sala (il sindaco di Milano, ndr) che (…) dice: “Io sono gratissimo a Luca, perché senza Luca che all'epoca a Milano non esisteva, io non facevo corsa elettorale (…)" diventiamo noi quelli che fanno il Milan anche per questo». Ovviamente Sala ha smentito tutto.Sia come sia in campagna elettorale, il problema è accontentare tutti. Nelle carte c'è la lista della spesa di Parnasi: quattro consiglieri regionali del Pd (Michele Civita, Andrea Ferro, Emiliano Minnucci, Giulio Mancini), quattro di Forza Italia (Adriano Palozzi, Davide Bordoni, indagato, Francesco Giro e Renata Polverini), uno a testa per Liberi e uguali (Roberta Agostini), Noi con l'Italia (Luciano Ciocchetti) e Lista Pirozzi (Roberto Buonasorte). Si parla anche di una raccolta fondi (lecita) per il governatore Pd Nicola Zingaretti. Ci sarebbe stato un grosso impegno del gruppo di Parnasi anche per sostenere la candidatura della grillina Roberta Lombardi, attraverso due pezzi da 90 come il capogruppo capitolino Paolo Ferrara e il presidente dell'Assemblea Capitolina, Marcello De Vito (che non risulta indagato). Perché Parnasi, da uomo libero, diceva: «Io pago tutti». Giacomo Amadori<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/parnasi-era-il-bancomat-dei-partiti-in-primis-della-fondazione-renziana-2578395196.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-raggi-molla-lanzalone-me-lhanno-portato" data-post-id="2578395196" data-published-at="1757956468" data-use-pagination="False"> La Raggi molla Lanzalone: «Me l’hanno portato» Dress code nero. Scura anche in volto. La sindaca di Roma Virginia Raggi è arrivata alle 15.30 a piazzale Clodio, sede della Procura della Repubblica, con una convocazione da persona informata sui fatti. Lo stesso giorno degli interrogatori di garanzia degli arrestati nell'inchiesta sulla corruzione per lo stadio della Roma. L'ennesima coincidenza che creerà confusione sul suo ruolo nella vicenda. Roma capitale è parte offesa. E lei, infatti, uscendo dal Campidoglio per andare dai pm aveva messo le mani avanti con qualche cronista che le chiedeva se era indagata: «Andrò in Procura come testimone per fare chiarezza in una vicenda che mi vede parte lesa. Ricordo che i magistrati hanno già detto che non c'entro niente. Per favore non iniziamo con il solito fango». È rimasta con gli investigatori per poco più di un'ora, poi è uscita da una porta laterale, non prima di aver ribadito agli inquirenti che Luca Lanzalone era legato agli esponenti degli M5s Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede che glielo avrebbero presentato nel 2017. Al centro della convocazione della sindaca c'è il ruolo nella trattativa tra il Campidoglio e la società Eurnova presieduta da Luca Parnasi (detenuto in carcere a Milano) dell'avvocato Luca Lanzalone, ex presidente di Acea (ai domiciliari), per arrivare alla definizione del progetto dell'impianto sportivo giallorosso. E proprio il legale, accusato di corruzione per la promessa fattagli da Parnasi di una consulenza per il suo studio da 100.000 euro, interrogato per tre ore dal Gip, ha respinto ogni accusa: «Nella mia vita non ho mai compiuto nulla di illecito, respingo con forza ogni addebito». Dal canto suo il costruttore non ha risposto alle domande del gip Giulio Fanales e ha preferito anche evitare le spontanee dichiarazioni. Uno dei suoi difensori ha spiegato che l'indagato ha deciso di parlare con i pm. L'avvocato Giorgio Tamburrini, lo ha descritto come «tranquillo». Ma la difesa aspetta di poter leggere prima tutti gli atti prima di fare un passo in avanti. Una cosa è certa: Parnasi esclude i finanziamenti a pioggia considerati dai pm romani «un asset d'impresa» della holding del costruttore. E spiega: «È un problema di lettura dei fatti. Una scelta personale che verrà sciolta nell'interrogatorio con la Procura». Michele Civita, ex assessore regionale all'Urbanistica del Pd, agli arresti domiciliari, avrebbe spiegato, invece, le ragioni dei suoi comportamenti. Il suo difensore, l'avvocato Luca Petrucci, ha spiegato che «i due fatti che gli contesta la Procura, la richiesta per il figlio e la questione dello stadio, sono assolutamente slegati fra loro». Civita, ha detto l'avvocato, «ha riconosciuto di aver commesso un errore personale, quando però non era più assessore e non era ancora neanche consigliere regionale, censurabile sotto il profilo etico, ma non giudiziario». Dal gip anche il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio e consigliere di Forza Italia Adriano Palozzi. Ha lasciato il palazzo di giustizia in silenzio. Ora la palla passa al gip. In tanto sul piano politico, quella di ieri è stata la classica giornata di Paperino, che inizia in allegria e man mano evolve in un aggregato di sfighe, per Adriano Bonafede. Il novello ministro di Giustizia nei mesi scorsi è stato il reclutatore di avvocati e magistrati per conto del Movimento 5 stelle. Radio Grillo dice ormai da 48 ore che Luca Lanzalone da Genova l'ha portato lui, e non Beppe il fondatore, e così Bonafede (nomen omen) non può certo smentire. Al mattino, il Guardasigilli si dedica ai detenuti e non all'amico avvocato finito ai domiciliari per lo scandalo del nuovo stadio della Roma. Oppone il classico «no comment» a tutte le domande dei giornalisti e sciorina l'immortale ritornello ministeriale di quando un'indagine tocca gli amici: «Non parlo delle indagini in corso». Vabbè, lui non parla delle indagini in corso. Ma quando finisce la relazione annuale del Garante dei detenuti, non riesce a trattenersi: «Nessuna lotta al malaffare potrà dirsi credibile senza pene detentive adeguate anche per i colletti bianchi. Che oggi sono 370, pari allo 0,6% dei detenuti». A fine Ottocento, di fronte a numeri del genere, il deputato socialista Cesare Lombroso parlava di «giustizia censitaria» (ovvero secondo la ricchezza personale) e di «avvocatocrazia parlamentare», per la brutta abitudine che alcuni senatori del Regno avevano di legiferare in favore dei clienti. E qui, a leggere le carte di «Stadio capitale», non mancano né il censo né gli avvocati. La giornata da Paperino di Bonafede si conclude intorno alle 17 e 30, con Matteo Renzi in versione grillina, che gli lancia i suoi strali in diretta Facebook: «Chi ha portato Lanzalone a Roma al cospetto della Raggi? Il ministro Bonafede venga ad affrontare l'Aula e dica quali sono i suoi rapporti con questo avvocato». La prossima settimana, insomma, sarà piuttosto calda per Via Arenula. Ma Bonafede è anche colui che ha portato il premier Giuseppe Conte, un altro legale all'inizio circondato di scetticismo nel Movimento per i suoi rapporti con l'avvocata Maria Elena Boschi, e che invece al momento riscuote consensi. Del resto a leggere le carte dell'inchiesta della procura di Roma si trovano presunte mazzette a Pd e Forza Italia, ci sono sospetti sulla Lega di Matteo Salvini, ma non c'è al momento traccia di tangenti a esponenti di M5s. «Dobbiamo però fare più attenzione a non farci infiltrare, perché altrimenti facciamo la fine dell'Italia dei Valori», ammette uno dei grillini che conosce meglio Roma, i suoi palazzinari e i suoi faccendieri sempre pronti a dispensare consigli agli ultimi arrivati. Il problema è che, almeno mediaticamente, il Movimento e il governo si salvano se mollano al proprio destino Virginia Raggi. Ma lei non ha fatto niente, carte alla mano. Probabilmente, non ha neppure capito dove si giocava la vera partita. Fabio Amendolara e Francesco Bonazzi (ha collaborato Giuseppe China)
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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