2018-04-15
Francesco preoccupato per la Siria. Ma stavolta i missili arrivano prima
Nel 2013 il Papa contribuì a sventare la guerra intervenendo con una lettera indirizzata all'allora presidente Usa, Barack Obama, per scongiurare l'attacco. Oggi però deve limitarsi a inseguire.«È difficile dire quale posizione prenderà ora la diplomazia vaticana, ma di certo in Siria non si troverà nessun cristiano disposto a dire che Bashar Al Assad sia un tiranno». Così spiegano alcune fonti vicine alla chiesa siriana contattate dalla Verità a proposito della situazione che si è venuta a creare con l'attacco missilistico di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna nell'area di Damasco. L'offensiva è stata lanciato nonostante gli ispettori dell'Opac non avessero ancora svolto la verifica sul presunto uso di armi chimiche nel massacro di Douma avvenuto una settimana fa. Il presidente americano Donald Trump si è preoccupato di specificare che «si tratta di un attacco limitato e mirato» e che il destino di Assad dipenderà «dalla sua gente», ma Vladimir Putin ha reagito duramente sostenendo tra l'altro che «ancora una volta, proprio come un anno fa quando gli Usa attaccarono la base siriana di Shayrat, un attacco chimico costruito contro i civili è stato usato come pretesto, questa volta a Douma, sobborgo di Damasco».Papa Francesco intervenne con una lettera nel 2013 per scongiurare l'attacco che Barak Obama stava per portare sul suolo siriano. La indirizzò proprio a Putin in qualità di presidente di turno del G20 e ottenne un grande risultato, perché l'attacco missilistico non ci fu. Da quella lettera in poi, Francesco e il presidente russo si sono sentiti e visti più volte, instaurando un rapporto che sulla questione mediorientale ha molti punti in comune: oltre alla difesa delle comunità cristiane oggetto di violenta persecuzione, c'è una strategia che consiste in un certo sostegno a Bashar Al Assad. Anche perché questa è la linea che da anni ripetono incessantemente le maggiori autorità cristiane locali.Ieri l'attuale vescovo caldeo di Aleppo e presidente della Caritas siriana, monsignor Antoine Audo, ha detto a Tv2000 che «sia fatta luce su tutto ed emerga la verità non come hanno fatto con l'Iraq in cui hanno distrutto il Paese dicendo che c'erano le armi chimiche. Così come hanno fatto con l'Iraq lo stanno facendo ora con la Siria. La gente lo ha capito, non è stupida». Poche, ma chiare parole che esprimono un giudizio su una situazione controversa in cui è difficile stabilire con sicurezza dove sono i «buoni» e dove i «cattivi». «Come è possibile che Assad», ha aggiunto Audo, «abbia usato armi chimiche per difendersi? Non è logico. Gli americani e i russi usano la Siria come pretesto per farsi la guerra e difendere i loro interessi internazionali».Peraltro, chi scrive ebbe modo di intervistare nell'agosto 2014 l'allora vescovo emerito di Aleppo, monsignor Giuseppe Nazzaro, oggi defunto, che ha passato una vita in Medio Oriente. «Dobbiamo riflettere molto», diceva Nazzaro, «su tutte le guerre che siamo andati a combattere dal 1990 in poi. Cosa abbiamo lasciato? Una situazione disastrosa. La democrazia non la si esporta facilmente, soprattutto non la si esporta prescindendo dalla situazione oggettiva dei territori in cui la si vorrebbe esportare. Con questa scusa noi più che altro abbiamo portato guerra e odio in una popolazione già profondamente divisa in etnie. Siamo sicuri che il re, il sultano, o il dittatore perfino, fossero una soluzione così terribile per quei popoli? Con quegli interventi di fatto non abbiamo fatto altro che fomentare odio, li abbiamo messi l'uno contro l'altro senza riuscire a risolvere alcunché».Il vicario apostolico di Aleppo dei latini, monsignor Georges Abou Khazen, ieri ha dichiarato al Sir, l'agenzia dei vescovi italiani, che «con questi missili hanno gettato la maschera. Prima era una guerra per procura. Ora a combattere sono gli attori principali. Sono sette anni, è iniziato l'ottavo, che si combatte sul suolo siriano e ora che gli attori minori sono stati sconfitti, in campo sono scesi i veri protagonisti del conflitto». Ecco perché la linea diplomatica vaticana, seppur felpata rispetto alle affermazioni dei leader cristiani locali, non è smaccatamente su posizioni atlantiste, in più lo stesso Francesco non può essere definito un simpatizzante della politica degli Stati Uniti. La nuova Ostpolitik vaticana nei confronti di Mosca cerca un dialogo aperto a partire dai rapporti ecumenici con gli ortodossi, arrivando a sacrificare perfino le comunità greco cattoliche ucraine che, invece, soffrono delle aperture vaticane al Cremlino. L'escalation del conflitto avviene mentre il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin è in Papua Nuova Guinea, e il cardinale Jean Louis Pierre Tauran, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, si trova in visita in Arabia Saudita.Qualcosa accadrà durante la preghiera del Regina coeli di oggi in piazza San Pietro, c'è da attendersi un forte monito alla pace da parte di papa Francesco, il quale probabilmente chiederà di far tacere le armi e inviterà tutti alla preghiera.
Jose Mourinho (Getty Images)