2022-10-17
Paolo Cirino Pomicino: «Draghi in ginocchio a Parigi simbolo del degrado italiano»
Paolo Cirino Pomicino (Ansa)
L’ex ministro: «È come se il riferimento del premier fosse Macron e non il Quirinale. La politica deve occuparsi dell’economia altrimenti si ottengono i risultati di oggi».Paolo Cirino Pomicino, le chiedo un’opinione. Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana, rispettivamente presidenti di Senato e Camera. Nomine simboliche o frutto di semplici casualità?«È il risultato di un’elezione che ha visto una vittoria importante del centrodestra. Anzi della destra-centro. Di nuovo disattesa una consuetudine che vedeva dal 1976 la presidenza della Camera assegnata all’opposizione. Detto questo, non è messo in discussione il diritto e la legittimità di questi nuovi presidenti».Magari durante la Prima repubblica era talmente scontato che vincessero sempre gli stessi che veniva naturale dare un «contentino» al Partito comunista. Il sistema era bloccato.«Nessun dubbio che il sistema fosse bloccato, ma ragionerei sui guasti determinati dallo sblocco. Avvenuto per via giudiziaria non politica».Ragioni pure…«Dal 1994 a oggi l’economia italiana è cresciuta in media dello 0,8% l’anno, la povertà è raddoppiata così come il tasso di disoccupazione e il Mezzogiorno dal 1992 al 2019 ha perso 500.000 posti di lavoro. La spesa in conto capitale è passata dal 4-5% l’anno al 2-3%. Due punti in meno per 28 anni sono quasi un miliardo di investimenti pubblici in meno, condizionando così anche gli investimenti privati e alimentando la caduta della produttività del lavoro. I salari si sono quindi compressi e oggi sono tra i più bassi dell’eurozona. Sul piano politico, negli ultimi cinque anni il Parlamento non è riuscito a indicare un parlamentare come presidente del Consiglio né a eleggere un nuovo presidente della Repubblica come sollecitato dallo stesso Mattarella. Un disastro completo».Questi numeri da incubo sono figli del disastro della politica?«Assolutamente sì. Crollato il comunismo internazionale si avvia un processo di azzeramento anche di tutte le altre culture politiche che pure avevano vinto la battaglia della storia trasformando l’Italia in uno dei paesi più industrializzati del mondo e che avevano sconfitto il terrorismo e l’inflazione a due cifre. Sterilizzata culturalmente l’intera politica, non c’è stata più una visione e fu costruito un sistema nuovo con il maggioritario. Partiti personalizzati e culturalmente anonimi. Un meccanismo che ha prodotto 16 governi e sette cambi di maggioranza in 28 anni. E le maggioranze parlamentari erano sempre minoranze del Paese, così come lo sarà il governo Meloni. Una crisi di sistema, insomma».Due i momenti chiave di questo degrado della politica. Mani pulite e l’arrivo dei 5 stelle. Sarà d’accordo con me, credo.«Chiariamoci. La prima è la causa e l’altra è l’effetto».E allora ragioniamo su Mani pulite. L’attivismo di qualche magistrato? O c’è qualcosa di più profondo dietro?«Ne ho parlato e ne ho scritto. La crisi del partito comunista e di quella cultura iniziata con il crollo del muro di Berlino ha spinto il salotto buono del capitalismo che aveva in mano il controllo dei giornali a portare avanti un disegno. La narrazione era che l’Italia fosse stata governata da mafiosi e camorristi. Andreotti e Mannino al Sud e la corruzione diffusa al Nord. Noti bene: io non parlo mai di complotto, ma di disegno politico. Illustratomi da Carlo De Benedetti nella primavera del 1991 - e che io avevo rifiutato - mentre il Pci con il congresso di Rimini cambiava nome e cancellava dal simbolo la parola comunista. Scompare l’opzione della politica a sinistra e compare la strategia di arrivare al potere per via giudiziaria. Il Pci di Occhetto e Violante non volle dare all’Italia un grande partito socialista come in tutta Europa e si dette nelle calde braccia del neoliberismo che stava trasformando la finanza in una industria a sé stante. Quando il potere non è figlio della politica, finisce per essere un usurpatore; limita la libertà o fa disastri in economia e nella società. E ragionerei proprio su questo».Prego…«Se tale cambio di sistema avesse avuto effetti positivi tanto di cappello, ma i numeri sono quelli che le ho dato prima. E soprattutto il degrado italiano è testimoniato dalla cena di gala e di congedo offerta a Mario Draghi all’Eliseo. Quasi che il suo punto di riferimento non fosse il Quirinale ma il presidente francese Macron. E lego tutto questo all’occupazione di spazi del capitalismo francese in Italia senza reciprocità. Ancora mi chiedo come sia potuto accadere di dare la Bnl ai francesi. Un disegno che ha portato alla svendita del nostro sistema manifatturiero all’estero senza nessuna reciprocità. Portato avanti dall’Ulivo. Una nuova famiglia. Un’aggregazione di potere senza una visione politica che nei primi sette anni del Mattarellum (1994-2001) dette vita, tra successi e insuccessi, a ben sei governi alla faccia del maggioritario». L’élite che ha portato avanti questo disegno è oggi l’ossatura del Partito democratico.«Un disegno portato avanti dal vecchio Pci “ringiovanito” e da una parte della sinistra di base della Dc. Non quella sociale rappresentata da Donat Cattin. Anzi, questa con Mannino fu una vittima di questo disegno così come De Mita che da D’Alema e Prodi nel 1996 non fu candidato nell’Ulivo».Prima di Berlusconi qualche altro capitano della finanza aveva quindi immaginato un suo partito.«Berlusconi non faceva infatti parte del cosiddetto capitalismo buono che si riuniva attorno a Mediobanca». Tornando all’attualità, vediamo che a Fratelli d’Italia è andato Palazzo Madama e, verosimilmente, andrà Palazzo Chigi. Alla Lega Montecitorio. A Forza Italia nulla. Le sembra corretto?«No, e potrebbe alterare un equilibrio fra le forze della coalizione vincente. La presidente in pectore ha mostrato fino a oggi molte doti. Intelligenza politica, rapidità di esecuzione, equilibrio e compostezza. Ma sta rischiando ora di farsi trascinare in comportamenti impropri. Mi passi il termine colorito: rischia di farla fuori dal vaso. Berlusconi dal canto suo deve evitare di dare l’immagine offerta in queste ultime ore. Se si alza una bandiera con il volto della Ronzulli non si fa un buon servizio né alla Ronzulli e men che meno alla politica e al proprio partito».Per convincerla a rilasciarmi l’intervista le avevo promesso di non spettegolare, ma le ho mentito. Chi nell’opposizione ha votato La Russa?«È fin troppo facile sospettare il terzo polo, ma possono anche essere stati altri. Capiremo qualcosa in più con l’elezione degli uffici di presidenza». Da ex ministro del Bilancio ci disegna il profilo ideale del ministro dell’Economia? Non le chiedo un nome. Tutti danno per certo Giancarlo Giorgetti. «Dal 1992 in poi abbiamo iniziato a credere che all’economia potessero sedere soltanto banchieri centrali, banchieri d’affari e professori universitari. Gli stessi Tremonti e Visco, pur se eletti, erano professori universitari. È tempo che la politica si riappropri dell’economia».I soliti 28 anni con i disastri economici di cui lei parlava.«Certo. E in questi 28 anni è accaduto che il debito è triplicato e noi ci siamo impoveriti. Noi abbiamo lasciato un debito di 839 miliardi di euro triplicati a 2.400 prima della pandemia. Ci accusavano di fare debito ma noi combattevamo il terrorismo rosso e l’inflazione a due cifre. In dieci anni siamo cresciuti in termini di Pil reale (al netto dell’inflazione) del 2,5% circa ogni anno. Il 27% in dieci anni. De Mita premier con Amato al Tesoro ci aveva lasciato il Paese con un disavanzo primario di circa 38.000 miliardi. Lo abbiamo riconsegnato quattro anni dopo ad Amato con un avanzo di 3.000 miliardi. Una correzione di 41.000 miliardi. Ma il Paese era comunque coeso e ricco. Il 94% del nostro debito era in mano agli italiani. Poi si è diffusa l’opinione che la politica non dovesse occuparsi dell’economia e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Un continuo degrado sotto ogni punto di vista. La Prima Repubblica ha visto sette premi Nobel. La seconda uno. Alla fisica, con Giorgio Parisi».Va bene, confesso. Ci mancate da morire. E mi cospargo il testone di cenere perché facevo il tifo per Mani pulite da ragazzo. Parliamo di politica estera. Ci siamo spiaggiati su posizioni ultra atlantiste. Giusto così?«La scelta atlantica nasce con la Repubblica italiana nel ’48 quando fu sconfitto il Fronte popolare, ma questa non deve impedire di avere politiche di frontiera. Pensi all’Italia nel Medioriente. Andreotti fece arrabbiare tantissimo l’intelligence americana quando da presidente dell’interparlamentare fece sì che Arafat fosse accolto in Parlamento. Ma dopo nove anni Rabin e Arafat si stringevano la mano di fronte a Clinton per attuare gli accordi di Oslo. L’Italia e l’Europa hanno gradualmente perso rilevanza. Andreotti e Mitterrand riuscirono a convincere Bush padre a non invadere l’Iraq durante la prima guerra del Golfo. Non accadde così con la seconda. Berlusconi, poi, era contrario a bombardare la Libia ma non riuscì a imporre soluzioni diverse. E oggi questa è nella sfera di influenza di Turchia e Russia. Diamo il sostegno anche militare all’Ucraina, ma attiviamoci per una conferenza internazionale per la difesa e la sicurezza dell’Europa, Russia compresa, e di là arriveremo a Kiev».Ha parlato di Andreotti e penso al film Il Divo. Sorrentino la dipinge come un viveur festaiolo pieno di belle donne che si gode la vita. «Una caricatura. Essendo napoletano, ironizzano sullo stereotipo pizza, mandolino e rumore. Ho dato solo una festa a Roma in 30 anni per il matrimonio di mia figlia. Abitavo all’Appia Antica. Non era una festa da ballo ma un ricevimento. Sorrentino e D’Avanzo - lo sceneggiatore che scriveva su Repubblica -vennero a trovarmi in ospedale a Pavia dove ero ricoverato. Capii subito che quel film sarebbe stato un flop al botteghino. La narrazione era sempre la stessa. Andreotti Belzebù. Un’occasione perduta per Sorrentino. Non ha dato il meglio di sé. Se volevi fare qualcosa di originale, gli dissi, raccontaci che Andreotti è fratello di latte di Madre Teresa di Calcutta».
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)