2024-03-14
Paolo Cassina: «Dopo anni i danneggiati sono ancora soli»
L’autore di «Invisibili» torna a documentare gli errori della pandemia con «Non è andato tutto bene»: «Il film tira le somme su quanto accaduto, dai lockdown fino agli effetti avversi. Impossibile vederlo sui media mainstream, troppi gli interessi economici in ballo».La prima proiezione sarà a Milano il 4 aprile. Poi il 6 aprile a Firenze, il 12 a Genova, il 13 a Verona, il 14 a Vicenza… Il nuovo docufilm di Paolo Cassina riparte da dove si era fermato il precedente, Invisibili, dedicato ai danneggiati da vaccino. Prodotto da Playmastermovie, ha un titolo più che eloquente e difficile da smentire: Non è andato tutto bene. È un lavoro corposo, denso, pieno di informazioni. Sarà difficile vederlo sulle televisioni commerciali e pure su quelle pubbliche, perché la gestione dell’emergenza sanitaria è un tema che ancora spaventa, quando esce dai binari del consentito. Ma poco importa: i lavori di Cassina si diffondono ugualmente, proiezione dopo proiezione, grazie al passaparola e alla mobilitazione popolare.«Questo film è un progetto molto ambizioso», racconta l’autore alla Verità. «Ci sto lavorando da un anno per poter tirare le somme di quanto accaduto durante il periodo del Covid, a partire dal lockdown, passando per quello che è successo negli ospedali, per arrivare poi al periodo del green pass e delle coercizioni vaccinali, fino a toccare il tema delle reazioni avverse al vaccino. Insomma, una panoramica di tutto il periodo, un lavoro corposo e molto ambizioso a cui tengo moltissimo. Per realizzarlo mi sono avvalso della collaborazione di tanti professionisti, in particolare di tre giornaliste: Tiziana Alterio, Marianna Canè e Angela Camuso, che sono le voci principali di questo documentario, che ha però tanti altri protagonisti. Tanti medici di grande esperienza, magistrati e tanta gente comune che lascia la sua testimonianza».Proviamo a elencarle queste verità nascoste.«Sono parecchie, e nel documentario ho provato a darne un quadro abbastanza esaustivo. Mi occupo del lockdown e ricordo come ci abbiano chiusi in casa per mesi e come questo non abbia portato assolutamente a nulla. In molti altri Paesi non è stato fatto assolutamente nulla di simile e il conteggio dei casi di Covid è rimasto sostanzialmente uguale a quello d’Italia, se non è stato migliore. Nel primo periodo della pandemia, l’aspetto più impattante è stato forse quello relativo ai protocolli errati. Tutti ricordiamo il famigerato “tachipirina e vigilie attesa”, che era totalmente sbagliato, e che ha lasciato tantissime persone in casa a peggiorare. Pure negli ospedali sono stati utilizzati protocolli sbagliati, nonostante si sapesse già da marzo 2020 che ci fossero dei farmaci, anche a basso costo, che potevano curare la maggior parte dei casi, ma che sono stati utilizzati pochissimo o non sono stati utilizzati affatto». Poi c’è il vaccino. «Certo, è il culmine. Tutto quello che è stato fatto, tutte queste cure domiciliari in qualche modo occultate, servivano chiaramente per spingere quella che era, secondo il mainstream e la politica, l’unica soluzione possibile, e cioè il cosiddetto vaccino anti Covid. Ma non lo dico io: lo dicono Magrini e Speranza nelle mail che sono uscite fuori qualche mese fa. Ricordate? Non si dovevano citare le reazioni avverse se no “uccidiamo il vaccino”». Il suo documentario precedente si intitolava Invisibili e dava voce per la prima volta ai danneggiati dal vaccino Covid. È rimasto in contatto ovviamente con i danneggiati? Che situazione vivono?«Da quando ho girato le prime immagini sono passati un paio d’anni, quindi un po' di tempo in cui nel frattempo il fenomeno purtroppo non è diminuito, anzi è peggiorato». L’attenzione però mediatica non è affatto salita, anzi. «No, l’attenzione è rimasta la stessa. Ancora oggi questi danneggiati per curarsi devono ricorrere a medici privati, che chiedono chiaramente somme ingenti. Non vengono presi in carico dal Sistema sanitario pubblico, se non in rarissime eccezioni. Io sono a conoscenza di persone, con cui mi sento abbastanza spesso, che se va bene riusciranno a ottenere una pensione di invalidità. A volte i danni sono veramente molto gravi, riducono le persone addirittura sulla sedia a rotelle. Poi ci sono i decessi, comprese le morti improvvise».Che vita ha avuto Invisibili?«Adesso di questi temi si può parlare un pochino di più - questa è la mia percezione - però quando è uscito Invisibili abbiamo avuto tante difficoltà, ci sono stati diversi tentativi di censura da parte di esponenti di partiti politici e da parte di alcuni medici, tra cui il professor Bassetti. È stata dura, però siamo riusciti a portare questo film in tutta Italia attraverso più di 500 proiezioni. È stato proiettato anche in Svizzera e in Spagna e credo che si possa considerare un grande esempio di organizzazione basso. Con PlaymasterMovie, che è la casa di produzione, abbiamo pensato di fare in modo che le proiezioni venissero appunto organizzate dal basso, da associazioni volonterose che ci hanno dato una grande mano. E così si è creato questo modello di proiezione orizzontale, che è una cosa piuttosto innovativa e che ci ha portato grande soddisfazione». C’è stata qualche emittente mainstream che si sia interessata, a cui voi lo abbiate proposto? Avete provato ad andare in Rai, ad esempio? «All’epoca ci sembrava veramente impossibile che questo prodotto arrivasse nella televisione mainstream, perché la narrazione era totalmente all’opposto. Non ci abbiamo nemmeno provato. Lo ha fatto per noi una persona piuttosto conosciuta a livello televisivo, però non ha ottenuto risposta. Oggi ancora la situazione non è cambiata. Il fatto è che ci sono degli interessi economici enormi intorno a questi farmaci. Big Pharma ha un potere enorme, che penso influenzi anche gli organi di informazione, che si sono appiattiti tutti su una precisa narrazione. Dopo tutto quello che è stato detto e fatto, penso che sia molto difficile tornare indietro e ammettere di aver sbagliato. Noto una presa di coscienza in tante persone, questo sì. Però la verità a livello istituzionale e mediatico ancora non è emersa». Anzi, c’è chi rivendica di aver fatto tutto bene, ad esempio Roberto Speranza che se ne va in giro a presentare il libro che si era autocensurato. Per altro senza incontrare le difficoltà che avete avuto voi a suo tempo con Invisibili. «Mi piacerebbe avere un confronto con Speranza: adesso penso di aver imparato abbastanza sull’argomento, tanto da essere un interlocutore abbastanza preparato. Mi ha colpito molto vedere a Fuori dal coro l’incontro fra Speranza e un ragazzo danneggiato dal vaccino in maniera molto pesante. Un ragazzo che per altro conosco personalmente. L’ex ministro non si è scusato in alcun modo, anzi ha accusato il ragazzo di provocare la morte di altre persone invitandole a non vaccinarsi. Speranza non ha espresso la minima vicinanza a questo ragazzo, un comportamento allucinante».Dopo un lungo travaglio dovrebbe finalmente partire la commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid. Pensa che ne uscirà qualcosa di buono? «Penso che ovviamente è meglio che ci sia, questa commissione. Quanto ai risultati, dipenderà dalla volontà di coloro che andranno a farne parte. È certamente una possibilità per scoprire delle verità che fino adesso sono state celate. Dal mio piccolo punto di vista spero che anche questo documentario possa portare un contributo. Chissà, magari potrebbe essere persino utile alla commissione».
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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