2022-11-16
Borghese confessò a Pansa: «Il fascismo non c’entra, con la X Mas vale l’onore»
Junio Valerio Borghese con l'uniforme della Decima Flottiglia Mas (Getty Images)
Il libro, recentemente ripubblicato, con l’intervista al principe nero, racconta un passato di tensione morale e di scelte non prive di coraggio. E di gravi errori.«Ricostituire il Pnf? Sarebbe una follia pura. Niente arditi, niente fez neri o saluti romani o labari: sono molto dannosi». Così il «principe nero» rispose nel dicembre 1970 a Giampaolo Pansa, allora giovane giornalista de La Stampa, che aveva chiesto un’intervista a Junio Valerio Borghese, medaglia d’oro al valor militare nel 1941 per le sue imprese da sommergibilista che nel 1943 aderì alla Repubblica sociale assumendo il comando della X Mas. Da quel colloquio è nato il libro Borghese mi ha detto, documento storico uscito nel 1971 e recentemente ripubblicato da Bur Rizzoli, di cui pubblichiamo uno stralcio.«Lasciamo andare se io, Valerio Borghese, sono, o fui, fascista o antifascista: nessuno sa, oggi, con sicurezza quale significato abbia la parola “fascista”».«Dai miei orientamenti generali, dal mio comportamento, dalla mia deferente ammirazione per Mussolini, mi si può definire fascista. Dalla mia indipendenza nei confronti del partito, dal mio rifuggire dalle sue manifestazioni esteriori (camicia nera, retorica ecc.), dall’essermi opposto a fare della Decima una formazione partitica anziché militare (lo dichiarai lealmente a Mussolini che, su pressione dei gerarchi, mi propose di tenere almeno un discorso politico alla radio) a molti fascista non parvi».«Ancor oggi, per i comunisti, di cui sono avversario, rappresento la quintessenza del fascismo, per i fascisti fanatici sono, nella migliore delle ipotesi, un “fascista tiepido”».«Io non do troppo peso alle definizioni. Poniamo, ad esempio, il quesito: “Fu fascista la Rsi?”. Per me, la Rsi rispose ad una esigenza morale e nazionale; avrebbe potuto formarsi anche senza Mussolini. Non va confusa con il fascismo tradizionale. Alla Rsi aderirono uomini che non erano mai stati fascisti e che si trovarono a fianco con fascisti del ventennio per un ideale più alto di quello di un partito...».Borghese parla così allo storico Ruggero Zangrandi che, per il suo libro sull’8 settembre, va ascoltando anche quelli della «barricata sbagliata». È l’inizio del 1964. La Rsi è morta da diciannove anni, il Fronte nazionale non è ancora nato, mancano sette anni al presunto complotto contro la Repubblica. Perché Borghese dice quelle cose chiare e confuse? Mescola le carte o ci crede? Perché ha combattuto con Salò? Perché ha fatto il Fronte? È stato fascista? È ancora fascista? La risposta viene dalla sua storia: una storia, per ora, in tre tempi. […]Quali erano, all’8 settembre, le idee del comandante della X Mas sull’armistizio, sulla politica, sulle forze in guerra e sul destino del mondo? Dopo una serie di colloqui con Borghese, Ruggero Zangrandi le riassume così: «1) La guerra si doveva vincere, oltreché per ovvie ragioni militari, anche per ragioni politiche; e queste erano, per Borghese, nel 1943, che la civiltà europea andava salvaguardata dal predominio sia americano che sovietico; 2) il passaggio del re e di Badoglio a quella parte costituiva, pertanto, un tradimento ai danni del popolo italiano e il sacrificio della sua civiltà «europea» al materialismo americano-sovietico; 3) con il loro vile comportamento, i capi responsabili avevano perso le loro prerogative e, quindi, ogni autorità per impartire ordini agli italiani; 4) era intollerabile che, volendo sottrarre l’Italia alla guerra e alla alleanza, lo si facesse in modo indegno e turpe. «Una guerra si può perdere - dice Borghese - ma con dignità e lealtà; e allora l’evento storico non incide che materialmente, sia pure per decenni. La resa e il tradimento hanno, invece, incidenze morali incalcolabili che possono gravare per secoli sul prestigio di un popolo, per il disprezzo sia degli alleati traditi che dei vincitori con cui, si cerca, vilmente, di accordarsi. Non mi sembra - conclude Borghese - che tali convincimenti e sentimenti abbiano un’impronta fascista: appartengono al patrimonio ideale e morale di chiunque»».Più tardi, durante l’istruttoria per il processo al comandante della Decima, il capitano di corvetta Carlo Zucchini ricorderà: «Borghese disse che l’armistizio era un tradimento che lui non riconosceva... Ebbe espressioni assai dure per definire il comportamento delle autorità della Spezia e mi disse che l’unica bandiera italiana che sventolava su tutta La Spezia era quella della X Mas. Alla mia obiezione sul giuramento al re, Borghese mi disse che non era questione perché certamente Sua Maestà era stato tradito dal maresciallo Badoglio e portato via con la forza! Gli dissi che la sua interpretazione era molto comoda per la sua coscienza e che, siccome essa non corrispondeva alla realtà, volevo sapere da lui come si sarebbe comportato alla proclamazione della repubblica. Rispose che di repubblica non si sarebbe mai parlato, ma che, se ciò fosse avvenuto, avrebbe sciolto la Flottiglia Mas e avrebbe agito indipendentemente... A La Spezia, nel corso di discussioni che diventavano sempre più aspre, per rispondere alle mie eterne obiezioni sul giuramento al re e sul marciume degli uomini al governo (della repubblica fascista di Salò, N.d.A), egli rispondeva che il fascismo esisteva solo sui giornali e che quel poco che c’era sarebbe presto scomparso, che non avrebbe mai prestato né fatto prestare un nuovo giuramento, che egli voleva solo ricostruire una forza militare italiana per riscattare l’onore militare dell’Italia, riconquistare la stima della Germania e ricondurre le due nazioni sul piano di alleanza».«A poco a poco, però - conclude il capitano Zucchini - poiché Borghese scivolava nella più completa adesione al governo della repubblica e si toglieva la corona e le stellette dal bavero, non impediva il giuramento alla Rsi (egli stesso giurò il 10 gennaio 1944) e tollerava che i suoi uomini capitanati dal Bardelli e dal tenente di vascello Paladini commettessero ogni sorta di soprusi facendosi odiare dalle popolazioni spezzine, ebbi l’impressione sempre più netta che Borghese si facesse guidare, più che da un esasperato sentimento dell’onore, da un’ambizione personale e da un orgoglio che gli impediva d’ammettere di essersi sbagliato».Ma in quei giorni di settembre è troppo presto per gli esami di coscienza. Con quelle idee sulla «civiltà europea» e sul tradimento dei capi militari, la strada per il capitano di fregata Valerio Borghese è già decisa. […]Comincia la nuova leggenda della X Flottiglia Mas che, scrive Bocca, «riproduce nella chiave aristocratica e snobistica del principe ufficiale di Marina il nazionalismo disponibile di Graziani». Borghese rastrella in tutta la Liguria mezzi navali, materiali, armi, divise. Poi apre uffici di reclutamento in tutto il territorio occupato, offrendo ai giovani non scelte politiche, ma «i semplici miti» del combattentismo, della Patria, dell’alleato tradito. Sui labari dei reparti sta scritto «Per l’onore», «Siamo quelli che siamo», «Audacia, cimento, vittoria». […]
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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