2022-01-04
La pandemia ci porterà al transumanesimo
In un Occidente che pensa solo alla sopravvivenza fisica, l’emergenza sanitaria è l’arma con cui si combatte un conflitto mondiale. L’obiettivo è mandare in soffitta democrazia e natura, come mostra il boom dell’intelligenza artificiale, adottando il modello cinese.L’insistenza ossessiva sulla campagna vaccinale e la criminalizzazione del dissenso rispondono allo schema stracollaudato del «divide et impera». Soffiando sull’ostilità delle due fazioni il governo distoglie l’attenzione dalle incongruenze della versione ufficiale e la «dirotta» sull’imperativo immediato della sopravvivenza o comunque della salute individuale (bene supremo e quasi unico nell’Occidente secolarizzato). Ma ottiene due risultati ulteriori di gran pregio: distogliere l’attenzione dalle manovre di politica economica in atto nelle retrovie (la vendita-svendita degli asset più strategici del patrimonio pubblico) e distoglierla dal quadro complessivo della pandemia: cioè dalla sua genesi, dal momento storico in cui si colloca, dagli scenari geopolitici che le fanno da sfondo. La discussione ossessiva sui «vaccini», tenendo banco, relega tutto il resto in una zona d’ombra. È proprio nel «resto» che si prepara il peggio. In una recente intervista a un sociologo dell’università di Trento, si leggeva che le pandemie «saranno la regola e non l’eccezione, dovranno essere controllate senza la democrazia, che è un sistema pieno di debolezze… Per fare l’uomo nuovo si… dovrà mandare in soffitta la natura e il transumanesimo non potrà essere gestito col consenso delle masse». Difficile trovare una sintesi più efficace degli scenari che si aprono «a partire» dalla pandemia, e che l’ormai celebre volume di Klaus Schwab e Thierry Malleret, The Great Reset (2021), ha squadernato al grande pubblico, per ora soltanto anglofono. Gli spunti di riflessione sono dunque tre, e la sfida è di collegarli in una serie coerente: 1 le pandemie come regola e non come eccezione; 2 il superamento definitivo della forma democratica a favore di regimi autoritari (su modello cinese); 3 Il «transumanesimo» come punto d’approdo del processo, con la natura, intesa anzitutto come natura umana, «messa in soffitta». Un solo esempio riassuntivo: l’avanzata massiccia dell’intelligenza artificiale, dove non c’è funzione fisica o mentale che non possa essere sostituita e potenziata da dispositivi artificiali (ma anche, correlativo, il versante biologico della questione, che prevede una possibile manipolazione del materiale umano - il materiale genetico - al punto da essere - alla fine - producibile artificialmente). Perché - si dice - le pandemie saranno la regola? (È il mantra ampiamente diffuso dai massimi leader: da Ursula von der Leyen allo stesso Mario Draghi come «era delle pandemie»). Le epidemie non sono certo una novità, e non è escluso che possano diventare più frequenti. Ma è scandalosa la previsione contenuta nella formula: prevedere che le future pandemie (in sequenza!) condizioneranno la vita collettiva al punto da caratterizzare un’«era» non ha nulla di scientifico. A meno che le pandemie di cui si parla non siano esse stesse in qualche modo «costruite» cioè artificiali. Per sgombrare il campo dagli equivoci: «costruire» una pandemia può significare anche solo che una pandemia di origine naturale viene sfruttata al punto da diventare una costruzione politico-mediatica (con finalità appunto politiche e non sanitarie). Può anche significare - caso limite - che una pandemia può essere provocata, liberando agenti patogeni dai laboratori batteriologico-militari in cui sono immagazzinati. Che il secondo scenario venga evitato nei media come un puro e semplice tabù, è comprensibile (è il «nefas» delle culture classiche: ciò che non si può dire e nemmeno pensare). Ma è uno scenario più volte evocato anche dai protagonisti della new economy e della stessa campagna vaccinale («È probabile che la prossima pandemia partirà dallo schermo di un computer»). Non è un mistero che i laboratori batteriologico-militari esistono anche per questo; e non c’è, nella storia umana, una sola arma innovativa che prima o poi non sia stata usata. Entra in gioco a questo punto la dimensione bellica, militare, dell’evento pandemico. Dimensione evocata fin dall’inizio col parallelo insistito tra Covid-19 e il secondo conflitto mondiale e ribadita dalla gestione militare della crisi: dai bollettini di guerra quotidiani, con morti e feriti, alla cronaca delle avanzate e delle ritirate, al famoso «coprifuoco», al «confinamento» nelle case come rifugi antiaerei, alla nomina di un generale a capo del Cts, e così via.Questa dimensione, che è palese, dovrebbe facilitare un passaggio importante, anzi cruciale: che è cioè proprio la pandemia ad essere usata come arma. Non è il virus a essere un’arma impropria (l’utilizzo di un virus come arma batteriologica «mirata» è tuttora allo studio, ma si scontra con la difficoltà di controllare-circoscrivere gli effetti dell’onda epidemica): è invece la pandemia come tale a essere pensabile come arma, cioè come strumento aggressivo-distruttivo in vista di un fine strategico.Parlare di un’era delle pandemie significa che siamo entrati in un’era in cui le pandemie, a partire da quella attuale, verranno usate come armi, come strumenti in vista di uno scopo strategico.Che sullo sfondo di questo scenario ci sia la tensione crescente tra la Cina e l’impero americano è evidente, tanto più che autorevoli studi strategici prevedevano intorno al 2020 l’inizio della fase «calda» della crisi tra le due potenze. È però altrettanto evidente che la pandemia come arma non viene usata contro un nemico «classico» (come sarebbe la Cina per l’impero americano e viceversa): non avrebbe alcun senso interpretare la crisi pandemica come uno scontro diretto tra l’impero in declino e l’impero in ascesa. Qual è allora il «nemico» in questa guerra sui generis che è la pandemia 2020-2021?(1. Continua)
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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