
La sezione disciplinare del Csm non crede alla difesa del pm: «È irrimediabilmente compromessa la sua credibilità».La tesi difensiva basata sulla teoria della prassi, «ho fatto sempre così», non l'ha salvato dalla condanna dei sui colleghi del Consiglio superiore della magistratura. E siccome ha giocato al Risiko giudiziario per favorire e sfavorire colleghi, oltre a essersi beccato accuse di corruzione, «non è configurabile alcuna possibilità di prosecuzione nell'esercizio delle funzioni». E per Luca Palamara scatta la sospensioni dalle funzioni e dallo stipendio con concessione di un assegno alimentare. Ma niente toga. «Poiché», tuonano i magistrati che l'hanno giudicato stracciando la sua teoria difensiva, «la gravità dei fatti contestati, insieme alla notorietà della vicenda, ha irrimediabilmente compromesso, al momento (e salva ogni valutazione nel merito, non riservata a questa sede), la credibilità, il prestigio e l'immagine dell'incolpato, nonché la fiducia che i cittadini possono riporre nei suoi confronti». La sezione disciplinare del Csm spara col cannone su Palamara. È nella parte finale dell'ordinanza, 34 pagine fitte di accuse, che i giudici dispongono la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio del pm di Roma che un tempo guidò l'Associazione nazionale magistrati.Il collegio difensivo di Palamara, composto dagli avvocati Mariano e Benedetto Marzocchi Buratti e da Roberto Rampioni, ha annunciato che ricorrerà alle sezioni unite civili della Cassazione. Palamara, invece, si è limitato a commentare: «Continuerò a difendermi nel processo». Il 9 luglio, per la prima volta, Palamara aveva preso la parola davanti alla sezione disciplinare del Csm: «Non ho mai svenduto le mie funzioni di magistrato né ho gettato discredito sui colleghi». Qualche giorno prima aveva depositato una memoria che, al momento della lettura, deve essere andata di traverso a chi lo stava giudicando. E infatti, nella premessa delle motivazioni, i giudici sottolineano: «Dopo aver rivendicato nelle dichiarazioni personali, recate in premessa nella memoria difensiva, una asserita necessità metodologica (rilevando che, al fine di individuare il miglior profilo professionale idoneo a ricoprire il singolo incarico, erano necessari accordi tra i gruppi, favoriti da incontri preliminari che si sono svolti anche al di fuori della sede istituzionale e che chiaramente hanno coinvolto non solo gli esponenti più significativi dei gruppi associativi ma anche la componente laica), ha poi specificato di avere certamente partecipato a cene e incontri in occasione delle nomine e anche in occasione della imminente nomina del procuratore di Roma, pur assegnando a tali condotte, secondo la propria personale valutazione, la valenza di momenti di libera espressione di idee e opinioni». A quelle riunioni parteciparono Luca Lotti e Cosimo Ferri, esponenti parlamentari del Partito democratico. Il primo dei due era indagato nel processo Consip e aveva tutto l'interesse a fare il manovratore di toghe da mandare a Roma o da spostare da Roma. E anche questo dettaglio viene ribadito nell'ordinanza. E forse l'atteggiamento di Palamara sarà stato valutato come sprezzante anche quando ha aggiunto: «Dal 2007 faccio solo questo. Sono stato chiamato da chiunque e non solo certo da Luca Lotti, e non solo in occasione della scelta del procuratore di Roma, a fare questo tipo di incontri». Tutto alla luce del sole? Per i giudici della disciplinare «ricorre la ripetuta concertazione, con soggetti diversi, di azioni ritenute necessarie o utili per la collocazione di determinati magistrati a specifici uffici giudiziari, non indifferenti rispetto all'incolpato e agli altri interlocutori». Ma sono gli «interessi personali» a pesare. E i giudici li elencano: «Interesse alla propria collocazione come procuratore aggiunto a Roma, interessa alla individuazione di un procuratore di Roma ritenuto sensibile a vicende personali dell'interessato e di alcuni suoi interlocutori, interesse analogo quanto alla individuazione del procuratore di Perugia, interesse a determinare una ordinata sequenza di liberazione e occupazione di uffici giudiziari, come in una sorta di Risiko, con la prospettazione condivisa di un programmato effetto domino». Infine: «L'interesse a screditare taluni magistrati concorrenti a vantaggio di altri». Non secondari, poi, sono i rapporti di Palamara con l'imprenditore Fabrizio Centofanti, dal quale, stando all'inchiesta di Perugia, avrebbe ricevuto regali e viaggi e in cambio avrebbe messo le sue funzioni a disposizione dell'uomo di affari. Palamara, davanti alla sezione disciplinare, ha replicato rivendicando quell'amicizia e spiegando che anche altri colleghi magistrati hanno frequentato l'imprenditore. Ha escluso di aver voluto gettare fango sui colleghi, a cominciare dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, come invece gli contesta l'accusa, secondo la quale con Luca Lotti avrebbe discusso delle «possibili strategie di discredito» proprio nei confronti del pm titolare dell'inchiesta Consip, e avrebbe tenuto un «comportamento gravemente scorretto» nei confronti dei colleghi che si erano candidati per il posto di procuratore di Roma, sempre per aver discusso con l'esponente del Pd, oltre che con alcuni consiglieri del Csm, «della strategia da seguire ai fini della nomina». I giudici della Disciplinare non condividono alcuna delle argomentazioni difensive. E siccome ritengono che «ulteriore discredito deriverebbe dalla prosecuzione dell'esercizio delle funzioni», per Palamara, stabiliscono, il gioco con del Risiko con la toga finisce qui. Almeno per ora.
Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)
Il governatore forzista della Calabria, in corsa per la rielezione: «I sondaggi mi sottostimano. Tridico sul reddito di dignità si è accorto di aver sbagliato i conti».
Marco Minniti (Ansa)
L’ex ministro: «Teniamo d’occhio la Cina su Taiwan. Roma deve rinsaldare i rapporti Usa-Europa e dialogare col Sud del mondo».
Attilio Fontana e Maurizio Belpietro
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Lombardia avverte: «Non possiamo coprire 20 mila ettari di campi con pannelli solari. Dall’idroelettrico al geotermico fino ai piccoli reattori: la transizione va fatta con pragmatismo, non con imposizioni».
Nell’intervista con Maurizio Belpietro, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana affronta il tema dell’energia partendo dalle concessioni idroelettriche. «Abbiamo posto fin da subito una condizione: una quota di energia deve essere destinata ai territori. Chi ospita dighe e centrali subisce disturbi e vincoli, è giusto che in cambio riceva benefici. Per questo prevediamo che una parte della produzione venga consegnata agli enti pubblici, da utilizzare per case di riposo, scuole, edifici comunali. È un modo per restituire qualcosa alle comunità».
Investimenti e controlli sulle concessioni. Belpietro incalza: quali investimenti saranno richiesti ai gestori? Fontana risponde: «Non solo manutenzione ordinaria, ma anche efficientamento. Oggi è possibile aumentare la produzione del 10-15% con nuove tecnologie. Dobbiamo evitare che si ripeta quello che è successo con le autostrade: concessioni date senza controlli e manutenzioni non rispettate. Per l’idroelettrico serve invece una vigilanza serrata, con obblighi precisi e verifiche puntuali. La gestione è più territoriale e diretta, ed è più semplice accorgersi se qualcosa non funziona».
Microcentrali e ostacoli ambientali. Sulla possibilità di nuove centrali idroelettriche, anche di piccola scala, il governatore è scettico: «In Svizzera realizzano microcentrali grandi come un container, che garantiscono energia a interi paesi. In Italia, invece, ogni progetto incontra l’opposizione degli ambientalisti. Anche piccole opere, che non avrebbero impatto significativo, vengono bloccate con motivazioni paradossali. Mi è capitato di vedere un’azienda agricola che voleva sfruttare un torrente: le è stato negato il permesso perché avrebbe potuto alterare di pochi gradi la temperatura dell’acqua. Così diventa impossibile innovare».
Fotovoltaico: rischi per l’agricoltura. Il presidente spiega poi i limiti del fotovoltaico in Lombardia: «Noi dobbiamo produrre una quota di energia pulita, ma qui le ore di sole sono meno che al Sud. Per rispettare i target europei dovremmo coprire 20 mila ettari di territorio con pannelli solari: un rischio enorme per l’agricoltura. Già si diffonde la voce che convenga affittare i terreni per il fotovoltaico invece che coltivarli. Ma così perdiamo produzione agricola e mettiamo a rischio interi settori».
Fontana racconta anche un episodio recente: «In provincia di Varese è stata presentata una richiesta per coprire 150 ettari di terreno agricolo con pannelli. Eppure noi avevamo chiesto che fossero privilegiate aree marginali: a ridosso delle autostrade, terreni abbandonati, non le campagne. Un magistrato ha stabilito che tutte le aree sono idonee, e questo rischia di creare un problema ambientale e sociale enorme». Mix energetico e nuove soluzioni. Per Fontana, la chiave è il mix: «Abbiamo chiesto al Politecnico di Milano di studiare un modello che non si basi solo sul fotovoltaico. Bisogna integrare geotermico, biomasse, biocarburanti, cippato. Ci sono molte fonti alternative che possono contribuire alla produzione pulita. E dobbiamo avere il coraggio di investire anche in quello che in Italia è stato troppo a lungo trascurato: il geotermico».
Il governatore cita una testimonianza ricevuta da un docente universitario: «Negli Stati Uniti interi quartieri sono riscaldati col geotermico. In Italia, invece, non si sviluppa perché – mi è stato detto – ci sono altri interessi che lo frenano. Io credo che il geotermico sia una risorsa pulita e inesauribile. In Lombardia siamo pronti a promuoverne l’uso, se il governo nazionale ci darà spazio».
Il nodo nucleare. Fontana non nasconde la sua posizione favorevole: «Credo nel nuovo nucleare. Certo, servono anni e investimenti, ma la tecnologia è molto diversa da quella del passato. Le paure di Chernobyl e Fukushima non sono più attuali: i piccoli reattori modulari sono più sicuri e sostenibili. In Lombardia abbiamo già firmato con l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica un accordo per sviluppare Dal confronto con Belpietro emerge un filo conduttore: Attilio Fontana chiede di mettere da parte l’ideologia e di affrontare la transizione energetica con pragmatismo. «Idroelettrico, fotovoltaico, geotermico, nucleare: non c’è una sola strada, serve un mix. Ma soprattutto servono regole chiare, benefici per i territori e scelte che non mettano a rischio la nostra agricoltura e la nostra economia. Solo così la transizione sarà sostenibile».
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Il presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi Maurizio Dallocchio e il vicedirettore de la Verità Giuliano Zulin
Il panel dell’evento de La Verità, moderato dal vicedirettore Giuliano Zulin, ha affrontato il tema cruciale della finanza sostenibile con Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente di Corporate Finance alla Bocconi.
Dopo l’intervista di Maurizio Belpietro al ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, Zulin ha chiamato sul palco Dallocchio per discutere di quante risorse servono per la transizione energetica e di come la finanza possa effettivamente sostenerla.
Il tema centrale, secondo Dallocchio, è la relazione tra rendimento e impegno ambientale. «Se un green bond ha un rendimento leggermente inferiore a un titolo normale, con un differenziale di circa 5 punti base, è insensato - ha osservato - chi vuole investire nell’ambiente deve essere disposto a un sacrificio più elevato, ma serve chiarezza su dove vengono investiti i soldi». Attualmente i green bond rappresentano circa il 25% delle emissioni, un livello ritenuto ragionevole, ma è necessario collegare in modo trasparente raccolta e utilizzo dei fondi, con progetti misurabili e verificabili.
Dallocchio ha sottolineato anche il ruolo dei regolamenti europei. «L’Europa regolamenta duramente, ma finisce per ridurre la possibilità di azione. La rigidità rischia di scoraggiare le imprese dal quotarsi in borsa, con conseguenze negative sugli investimenti green. Oggi il 70% dei cda delle banche è dedicato alla compliance e questo non va bene». Un altro nodo evidenziato riguarda la concentrazione dei mercati: gli emittenti privati si riducono, mentre grandi attori privati dominano la borsa, rendendo difficile per le imprese italiane ed europee accedere al capitale. Secondo Dallocchio, le aziende dovranno abituarsi a un mercato dove le banche offrono meno credito diretto e più strumenti di trading, seguendo il modello americano.
Infine, il confronto tra politica monetaria europea e americana ha messo in luce contraddizioni: «La Fed dice di non occuparsi di clima, la Bce lo inserisce nei suoi valori, ma non abbiamo visto un reale miglioramento della finanza green in Europa. La sensibilità verso gli investimenti sostenibili resta più personale che istituzionale». Il panel ha così evidenziato come la finanza sostenibile possa sostenere la transizione energetica solo se accompagnata da chiarezza, regole coerenti e attenzione al ritorno degli investimenti, evitando mode o vincoli eccessivi che rischiano di paralizzare il mercato.
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