2020-11-17
Padre Livio Fanzaga, il nemico perfetto di chi ci vuole zombie
Il direttore di Radio Maria attaccato per le frasi sull'epidemia «progetto del demonio» da quelli per cui «è colpa dei cittadini».In effetti i nemici del popolo da esibire sul patibolo cominciavano a scarseggiare. Munta fino al disseccamento la minaccia «fascionegazionista», era urgente trovare sangue fresco da spargere sulla piazza a beneficio della folla bramosa. E chi poteva star meglio ai ceppi di padre Livio Fanzaga? Nessuno, ovviamente. Il direttore di Radio Maria è il nemico perfetto del giacobinismo scientifico: lo si può accusare di bigottismo, oscurantismo, tradizionalismo, clericofascismo… Il prete semplice dal linguaggio diretto e ruvido può venir presentato agilmente come l'alfiere della superstizione, il curato da romanzetto che si oppone alle radiose verità della Scienza (raccomandata la maiuscola). Ed ecco, infatti, che l'hanno sbattuto sui giornali e sui siti con l'immancabile titolo sulle «frasi choc». Ecco che gli puntano il dito contro, gli danno del fanatico, scodellano gli impressionanti dati d'ascolto della sua emittente per mostrare quanto male egli faccia alle menti deboli e ottenebrate dalla fede. La Stampa, tramite Flavia Perina, ieri l'ha addirittura collocato nella «bolgia dei negazionisti», alternando scherno a condanna. Il capo d'accusa? Vediamolo. Pochi giorni fa, Fanzaga ha pronunciato in diretta le parole a cui ora l'inchiodano. «Questa epidemia è un progetto che io ho sempre attribuito al demonio. E il demonio agisce attraverso gli uomini: delle menti criminali hanno realizzato questo progetto», ha detto. Poi ha aggiunto che il progetto diabolico sarebbe «volto a fiaccare l'umanità, a metterla in ginocchio e a creare una dittatura sanitaria e un mondo nuovo. Un mondo non più del Dio creatore ma il mondo di Satana». Padre Livio ha parlato anche di «una specie di colpo di Stato sanitario o massmediatico» il cui obiettivo sarebbe quello di «ridurci a zombie». Da qui il linciaggio a mezzo stampa. Per carità, non è la prima volta che accade. Eppure questa volta il crucifige rivolto al sacerdote dovrebbe destare qualche preoccupazione in più rispetto al solito, poiché dimostra con straordinaria chiarezza quale sia il livello di manipolazione del discorso pubblico attualmente in atto. Quale mostruosità ha mai pronunciato il sacerdote? Ha detto che l'epidemia, ai suoi occhi, è un «progetto del demonio». Dite: che c'è di sconvolgente? Nella tradizione ebraica prima e in quella cristiana poi, come scrive il filosofo Salvatore Natoli, «il dolore giunge agli uomini come salario del peccato». È in questo modo che il cristianesimo giustifica, non da oggi, la presenza della sofferenza nel mondo, ed è sempre in questo modo che tale sofferenza assume un senso. Impedire a qualcuno di pensare che il male venga dal demonio significa, sostanzialmente, proibirgli di essere cristiano. A padre Livio non viene contestato di aver sobillato gli italiani invitandoli a sfasciare le piazze; non gli viene rimproverato di aver teorizzato la consapevole violazione dei Dpcm. No: nel mirino c'è prima di tutto la sua fede (se avesse descritto il Covid come un flagello derivato dalle offese a «Madre Natura» non lo attaccherebbero così). In secondo luogo, il prete è attaccato per via del suo pensiero. Un pensiero che, per altro, è molto più laico e lucido di quello diffuso da tanti «venerati maestri» e dalla maggior parte dei politici. Sono mesi, infatti, che il governo imputa la diffusione del virus ai comportamenti sbagliati degli italiani. Ancora adesso ci viene detto: «Se vi comporterete bene, forse potrete festeggiare il Natale con una parvenza di normalità». Questo non è oscurantismo? Ministri, medici e infermieri hanno fatto tornare in auge l'idea della malattia come «colpa». Ci ripetono che l'alzarsi della curva è una punizione per i nostri «peccati» (le vacanze, la frequentazione delle discoteche, la «movida»...). Anzi, la parola «peccati» è scorretta, perché mal si adatta alla nuova religione liberista. Il termine più giusto è «prestazioni». Poiché le nostre «prestazioni» non sono state soddisfacenti i meccanismi del «mercato della vita» scattano in automatico e ci sanzionano: questo è il concetto che va per la maggiore. E poi il «bigotto medievale» sarebbe Fanzaga? Liberi di non apprezzare il modo di esprimersi di padre Livio, ma riconoscete che almeno lui non va in cerca di untori. Dà la colpa al demonio, non ai ragazzini imprudenti o agli adulti egoisti che fumano fuori dai bar. Di più: egli, con poche ma cristalline frasi (e specificando ogni volta che si tratta di sue ipotesi), ragiona su un «progetto» per «trasformarci in zombie». Vi sembrano toni da complottista? Può darsi che lo siano. Ma provate a dare uno sguardo al filmato prodotto dal governo tedesco per quella che qualche giornale definisce «geniale campagna contro il Covid 19». Si tratta di un finto documentario il cui protagonista è un signore anziano, intervistato come se fosse un reduce di guerra. Egli ricorda i gesti eroici compiuti nel 2020 dalla sua generazione per vincere il virus: «L'unica cosa giusta da fare», dice, «noi l'abbiamo fatta. Cioè assolutamente niente. Siamo stati pigri come procioni». Mentre l'uomo pronuncia queste parole, vediamo immagini che lo ritraggono giovane, con gli occhi a mezz'asta, impegnato a rimbambirsi di tv. A prima vista questo spot può anche sembrare simpatico, ma riflettendoci bene è spaventoso. L'«eroe» che ci propone è un ragazzetto che si rincoglionisce sul divano e s'ingozza di cibo consegnato dai rider: uno zombie, appunto. Sicuro, il «grande complotto» non esiste, non ci sono gli «incappucciati dell'alta finanza», ma l'idea che sia opportuno ridurci ad amebe recluse in salotto circola eccome, e di certo non dispiace a molte imprese digitali. Padre Livio, a modo suo, ha messo il dito là dove i nervi s'annodano. E ora l'insultano perché non sanno rispondergli.