Nel nuovo bilancio europeo saranno drasticamente diminuiti i sussidi agli agricoltori: la Coldiretti inizia oggi la «protesta del grano». Pac falciata del 20% e ridotta a un fondo unico che avvantaggia i grandi latifondisti del Nord Europa. L’Italia guida la fila dei contrari.
Nel nuovo bilancio europeo saranno drasticamente diminuiti i sussidi agli agricoltori: la Coldiretti inizia oggi la «protesta del grano». Pac falciata del 20% e ridotta a un fondo unico che avvantaggia i grandi latifondisti del Nord Europa. L’Italia guida la fila dei contrari.Si comincia con la protesta del grano e si finirà con i trattori a Bruxelles. Da stamani Bari e Palermo, le due capitali italiane della cerealicoltura (altri presidi a Firenze, Cagliari e Rovigo), sono le trincee dei coltivatori italiani - in totale 1,2 milioni di ettari a grano con l’Italia che dipende dall’import per oltre 60% tra duro, indispensabile per la pasta di cui siamo leader mondiali, e tenero - che subiscono il dumping dei prodotti esteri.Li chiama in piazza la Coldiretti di Ettore Prandini per dare un segnale forte ai trasformatori, che impongono prezzi inaccettabili per i nostri agricoltori, ma soprattutto all’Europa che, come sostiene il segretario generale di Codiretti, Vincenzo Gesmundo, si è del tutto rimangiata le promesse che aveva fatto lo scorso anno. Il clima nei campi è caldissimo, ma non c’entrano gli allarmi di Greta Thunberg. C’entra la riforma della Pac(Politica agricola comune, ndr) che viene drasticamente ridotta nell’ammontare, stravolta nella prassi e, soprattutto, penalizza i piccoli agricoltori. Da che Pac è Pac si sa che i maggiori beneficiari sono i latifondisti del Nord-Europa. Ma con la riforma che fa scomparire i fondi per lo sviluppo rurale, questo divario diventa insostenibile.È stranoto che l’1% delle aziende agricole si è messo in tasca un terzo dei contributi; malcontati, sono 150 miliardi. Ursula von der Leyen, invece di correggere queste distorsioni, distrugge la Pac. La proposta della Commissione, già bocciata dall’Eurocamera e avversata dalla maggioranza dei governi, è di abolire i fondi dello sviluppo rurale e ridurre la Pac a un fondo unico (pagamenti diretti sulle produzioni) tagliando il 20% del budget comunitario (più o meno 70 miliardi); di trasferire i finanziamenti in un fondo unico per ogni singolo Paese; di fondere l’ex sviluppo rurale con i fondi di coesione (tagliati di 80 miliardi, sempre sull’arco di 6 anni). La coesione prima finanziava progetti regionali per i territori più svantaggiati; ora finisce in un fondo unico nazionale penalizzante per le regioni che meglio spendevano, azzerando il sostegno ai territori rurali. Questo in una logica che favorisce ancora il latifondo nordeuropeo perché l’agricoltura mediterranea è fatta di piccole aziende iperspecializzate che sono le custodi dell’ambiente e che proprio dai fondi rurali ricevevano il maggior sostegno. Il taglio di cui si discute va oltre i 150 miliardi. Viene un sospetto: siccome la Von der Leyen vuole fare entrare l’Ucraina nella Ue e Kiev punta tutto sulle produzioni agricole, i miliardi risparmiati dal bilancio comunitario servirebbero a sostenere l’Ucraina e a comprare i carriarmati. Il dumping che denunciano i nostri cerealicoltori (ma vivacissime proteste si sono già avute in Polonia, Ungheria, Romania, Slovacchia e Bulgaria) viene proprio da Kiev; l’Ue, come sostegno di guerra, ha consentito agli ucraini (23 milioni di tonnellate prodotte) di esportare in Europa circa 11 milioni di tonnellate di grano senza dazio.Stando così le cose, si va dritti verso una rottura insanabile tra mondo agricolo e Ue al punto che Raffaele Fitto vicepresidente della Commissione non avrebbe preso parte alle votazioni che definiscono i tagli e la riformulazione della Pac nello schema del nuovo bilancio comunitario. Nota Paolo De Castro, già ministro agricolo italiano per tre lustri a Strasburgo a presiedere la commissione Agricoltura: «È strano che Von der Leyen non tenga conto del no del Parlamento ai tagli: siamo al raddoppio delle risorse per l’Ue, quasi due trilioni di euro: a fronte di tutto ciò, la Pac è stata ridotta del 25%. Il peso della Pac sul bilancio comunitario passa dal 30 al 15%: è chiaro che nel mondo agricolo italiano ed europeo ci sia un malessere». Malessere di cui si è fatto interprete il nostro ministro per la Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida. Osserva: «Dobbiamo prendere atto che si stanno buttando a mare 60 anni di politica agricola comune. C’è il rischio di rendere impossibile una sovranità alimentare che non può, in Europa, che basarsi su una strategia condivisa. Non possiamo accettare che la Pac confluisca in un fondo unico, significherebbe rendere indeterminato l’investimento sulle produzioni».Per questo Lollobrigida, sostenuto anche da Giorgia Meloni e Fitto, ha intessuto una tela diplomatica che porta oggi la quasi totalità dei governi contro la proposta della Von der Leyen. Il nostro ministro, avviando una difficile trattativa, un primo risultato lo ha portato a casa: «Siamo riusciti a ottenere una riserva di fondi destinata alla Politica agricola comune all’interno del fondo unico. Questo, però, non è sufficiente. Se l’attuale proposta sul futuro bilancio Ue venisse approvata, potrebbe accadere che fondi destinati all’agricoltura siano dirottati ad altri settori mettendo a rischio il nostro modello produttivo». L’approccio della Commissione, sottolinea Lollobrigida, «significa lasciare agli Stati membri la politica agricola. Praticamente tutti i governi sono contrari. Chiederemo una revisione di questa posizione». Intanto, chi fa grano si porta avanti col lavoro e da stamani comincia la protesta.
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